Fortunato testo di Edoardo Erba del 1992, tradotto in numerose lingue, torna in scena al Leonardo di Milano con la regia e l’interpretazione di Cristian Giammarini e Giorgio Lupano – Maria Grazia Gregori
Eccolo Ground Zero e New York dopo l’11 settembre che ha sconciato per sempre il landscape della città più liberal degli Stati Uniti. È l’immagine che si staglia sullo sfondo della scena nel buio della sala del teatro Leonardo di Milano. È l’immagine che guardano i due protagonisti di Maratona di New York, fortunato testo di Edoardo Erba scritto nel 1992, tradotto in 17 lingue e rappresentato in tutto il mondo,volgendo le spalle al pubblico che idealmente guarda insieme a loro, coinvolti dal canto che sembra uscire da quelle rovine, da quel silenzio. E continuamente nel corso della pièce quello sfondo suggerirà altre immagini, altri allarmi, altri inquietanti bagliori forse sedimentati nel buio della mente, chissà.
I due protagonisti sono Cristian Giammarini e Giorgio Lupano, attori noti ma qui alla loro prima esperienza come registi. Stanno in scena, per compagnia solo a intermittenza la luce e le loro parole. E intanto corrono, corrono rimanendo sul posto ma compiendo tutti i movimenti della corsa, gettando nel ritmo veloce e quasi infernale dello spettacolo un surplus di energia, di fatica, impegnati in una sfiancante e notevole prova interpretativa. Mario e Steve (alla fine Stefano) – questi i loro nomi –, si allenano nel silenzio della notte per vivere un mito, per raggiungere la preparazione atletica (“stare sotto i 30”!) che gli permetterà di correre la mitica Maratona di New York, la corsa forse più famosa al mondo. Due amici, il forte e il debole, che percorrono sempre lo stesso tratto per misurare i tempi a ogni punto di riferimento – il paracarro, il passaggio a livello – che però non ritrovano più non si sa se perché prigionieri del loro chiacchiericcio o perché di fatto non sono mai esistiti.
Intanto si parla: di quel nunzio che portò senza mai fermarsi, la notizia ad Atene della vittoria dei Greci a Maratona, della malattia di Mario che l’ha prostrato e che lo costringe a prendere lo sciroppo di codeina per calmare la tosse (e se fosse doping?) , del mal di milza di Steve, tenuto nascosto, del difficile rapporto fra Mario e il padre che gli ha per una volta concesso la sua macchina, del modo in cui vinceva la grande Inter di Moratti padre grazie al contropiede (il testo è stato scritto prima del fantastico triplete di Moratti Massimo e di Mourinho José) della lentezza a carburare di Mario (“come un Diesel” dice Steve), della ragazza di Steve che Mario ha fregato all’amico, dell’essere Mario un vigliacco, un opportunista, della partita in televisione che si è persa per allenarsi con la speranza se non di vincere, di “metterlo in culo alla vita”, di una specie di riscatto insomma, fino alla domanda delle domande “ma Dio esiste?”
Quest’edizione pregevole di Maratona di New York firmata a quattro mani dai due bravi interpreti si muove lungo un doppio binario mescolando realtà e proiezione fantastica, sudore vero e angoscia esistenziale, amicizia con la consapevolezza di qualcosa destinato finire del tutto simile alla vita dove ognuno la sua corsa la deve fare da solo ma c’è una fine per la corsa e per la vita stessa… Uno spettacolo che si mette e ci mette in gioco, da vedere.
Maratona di New York
di Edoardo Erba
interpretato e diretto da Cristian Giammarini e Giorgio Lupano
assistente Caterina Panti Liberovici
luci Mauro Marasà
video Massimo Federico
spettacolo nato in collaborazione con Teatro Stabile delle Marche,
AMAT e Comune di San Benedetto del Tronto – progetto Concordia
Visto al Teatro Leonardo di Milano