La compagnia di danza italiana affianca due coreografi di valore internazionale come il grande William Forsythe e il più giovane svedese Johan Inger in una produzione che tornerà in scena nel gennaio 2014 – Silvia Poletti
Primo dittico completamente “internazionale” nel repertorio di Aterballetto, dopo anni, Workwithinwork e Rain Dogs affianca un maestro assoluto della composizione coreografica come William Forsythe a un coreografo della generazione seguente, il quarantacinquenne svedese Johan Inger, cresciuto sotto la ala, scusate se è poco, di personalità come Jiri Kylian e Mats Ek e oggi coreografo associato al NDT. Scelta che ha una doppia valenza. Ribadisce infatti la nuova linea della compagnia guidata da Cristina Bozzolini, tesa a riaprire una essenziale finestra su ciò che avviene nel teatro di danza oltre i nostri confini, ma a offrire anche agli strepitosi danzatori l’opportunità di cimentarsi con diversi stili, poetiche, visioni che mettano in luce la loro versatilità. È tale e tanto il gusto, infatti, con cui i diciotto interpreti si fanno veicolo delle invenzioni dei due autori, che lo spettacolo avrebbe ragion d’essere solo per il fatto che a ballarlo sono loro.
D’altra parte riuscire ad entrare e fare propria la partitura coreografica concepita da Forsythe nell’intenso workwithinwork sui Duetti per violino di Luciano Berio, è un lavoro fisico, intellettuale ed emozionale che deve stimolare chi lo affronta tanto quanto colpisce chi lo osserva. Dentro questa struttura fluida, come è fluido il suono dei violini – ora aspro, ora struggente, ora lirico – i brani coreografici assumono tonalità, coloriture e andamenti che rivelano un’attenzione maniacale al rapporto con la musica e anche una coerenza con l’idea linguistica esplorata dall’autore. Dentro al canone classico di riferimento (esemplificato dalla presenza delle punte, da pose balanchiniane con cui si chiudono le sequenze, da seminali passi accademici), qui Forsythe opera la rivoluzione: scompone l’assetto fisico, affida nuove dinamiche alle braccia, ora rutilanti, ora saettanti, ora avvolgenti e usa il busto dei suoi danzatori come una curva guizzante e sempre pronta a improvvise rigidità o flessioni. Ma così facendo ammanta tutta la struttura di uno struggimento ieratico e lunare, che porta lo sguardo ben oltre l’aspetto puramente formale dei movimenti e scivola sugli sguardi, i volti, le espressioni ora malinconiche, ora sfrontate, ora distanti degli interpreti.
In Rain Dogs (in prima nazionale) John Inger ci porta invece in un mondo più vicino a noi: uomini e donne in abiti comuni, come comune è il senso di smarrimento che può coglierci mentre, come il povero cane cantato da Tom Waits in una delle belle ballate che fanno da colonna sonora al brano, perdiamo l’orientamento e rischiamo di restare soli e perduti tra la pioggia. Tra nuvole che vagano, nebbia che avvolge, gocce che scendono i nove “cani sciolti” si inseguono, combattono, seducono, scherzano: il tutto attraverso una coreografia di passi essenziale, asciutta, lineare e chiarissima che non ricorre ad effettismi, ma si affida alla bellezza del movimento puro per andare al nocciolo delle situazioni, delineate da Inger con grazia sapiente e quel tocco di nordico humour dal sapore surreale, che però si adatta benissimo anche a queste latitudini.
Workwithinwork e Rain Dogs
coreografie: W. Forsythe -J. Inger
musica: L. Berio – T. Waits
interpreti Aterballetto/Fondazione Nazionale della Danza
Le foto di questo contenuto sono ©A. Anceschi. Per gentile concessione
Visto a Reggio Emilia, Teatro Municipale Romolo Valli– Festival Aperto, 12 ottobre 2013
Prossimamente in scena: 18-19 gennaio 2014, Ravenna Teatro Alighieri; 31 gennaio Ferrara, Teatro Comunale; 27/28 maggio Roma, Teatro Olimpico