Si deve alla coraggiosa unione fra alcuni teatri minori di tradizione il gradevole recupero di “ Il furioso all’isola di San Domingo” di Donizetti, opera semiseria in voga nella prima metà dell’Ottocento – Davide Annachini
Se la situazione delle fondazioni liriche è a dir poco preoccupante, con una paralisi più o meno generalizzata non solo delle produzioni ma spesso delle idee, gli stimoli più vivaci arrivano spesso da chi in teoria dovrebbe stare peggio, cioè i teatri minori. In realtà i teatri di tradizione conservano una loro vitalità, nel mantenere un pubblico locale ancora fedele, nell’alternare al grande repertorio alcune curiosità dimenticate, nell’alleggerire le spese incentivando coproduzioni. È quanto hanno dimostrato i teatri di Bergamo, Rovigo, Savona, Modena, Piacenza e Ravenna, che hanno creato un circuito per mettere in scena un’opera rara di Donizetti, Il furioso all’isola di San Domingo.
Ispirata a un soggetto tratto dal Don Chisciotte di Cervantes, il Furioso è un’opera semiseria, un genere ancora in voga nella prima metà dell’Ottocento ma che a Donizetti non sempre era riuscito al meglio. Qui, grazie anche alla collaborazione di un librettista abilissimo come Jacopo Ferretti, il lavoro presenta una caratura particolarmente riuscita, senza eccedere nel comico come nel tragico, nonostante lo sviluppo un po’ caotico della vicenda. Una vicenda che tratta addirittura di una pazzia maschile, cosa rara nel melodramma – fatta eccezione per le numerose versioni dell’Orlando d’ispirazione ariostesca – ma che ad uno specialista di pazzie femminili come Donizetti (basti per tutte quella celeberrima di Lucia di Lammermoor) non manca all’appello nel suo fluviale catalogo, come sarà ad esempio in quello stesso 1833 anche nel caso del Torquato Tasso. In realtà quello di Cardenio è più che altro un delirio altalenante, provocato dalla scoperta dell’infedeltà della moglie Eleonora che lo porterà a fuggire nell’isola di San Domingo, dove sarà ritrovato dal fratello Fernando e dalla consorte, pentita, pronta a morire e di conseguenza assolta, con il prevedibile lieto fine che mette tutte le cose a posto.
L’idea di ripescare questa rarità è nata dal ritrovamento di un bozzetto del grande Lele Luzzati, realizzato a suo tempo per uno sfumato riallestimento del Furioso all’Opera Giocosa di Savona e poi dimenticato in soffitta. Da quell’idea di un’ambientazione tropicale ispirata allo stile naïf di Rousseau il Doganiere ha preso forma la pittoresca scenografia di Michele Olcese (già assistente del pittore), coloratissima, fiabesca e poeticamente infantile, in perfetto stile Luzzati e perfettamente intonata al sapore candido e irreale dell’opera. Grazie alla complicità della fedelissima costumista di Lele, Santuzza Calì, sempre incantevole nella sua cifra fantasiosa e ingenua, e di un regista sensibile e attento alla musica come Francesco Esposito, lo spettacolo è risultato godibilissimo, scorrevole e determinante nel sostenere anche quei momenti non particolarmente illuminati della partitura. In questo ha fortemente contribuito soprattutto la direzione di Giovanni Di Stefano, brillante, incalzante, vigorosa, che è risultata decisiva nel portare alla luce quanto di pregevole c’è in quest’opera donizettiana, di poco successiva ad un capolavoro come L’elisir d’amore (di cui echeggiano alcuni momenti) e qui proposta nella nuova edizione curata da Maria Chiara Bertieri per la Fondazione Donizetti. Da parte loro l’Orchestra e il Coro del Bergamo Musica Festival – quest’ultimo preparato da Fabio Tartari – hanno figurato ottimamente per compattezza e tenuta.
La compagnia di canto si è ugualmente fatta apprezzare per la buona rispondenza esecutiva e per la convinzione con cui si è calata nei rispettivi ruoli, a cominciare dal baritono Christian Senn, un Furioso di adeguata autorità vocale e scenica, ben affiancato dalla Eleonora di Paola Cigna, delicata e puntuale nelle sue arie di coloratura, che ne hanno fatto in definitiva la primadonna della situazione. Per la vocalità ben timbrata, anche se talvolta nasaleggiante, e la disinvoltura nello scalare le vette sovracute il tenore cinese Lu Yuan è stato un Fernando di spicco, mentre Federico Longhi un Kaidamà di comicità misurata ed efficace. All’altezza nei ruoli minori Marianna Vinci e Leonardo Galeazzi.
Ottimo successo di pubblico per lo spettacolo, che, già presentato al Donizetti di Bergamo e al Comunale di Modena, prossimamente approderà al Municipale di Piacenza il 2 e 4 febbraio.
Visto al Teatro Sociale di Rovigo 12 gennaio 2014
Il furioso all’isola di San Domingo
melodramma in due atti
libretto di Jacopo Ferretti
musica di Gaetano Donizetti
Cardenio Christian Senn
Eleonora Paola Cigna
Fernando Lu Yuan
Bartolomeo Leonardo Galeazzi
Marcella Marianna Vinci
Kaidamà Federico Longhi
direttore Giovanni Di Stefano
regia Francesco Esposito
scene Michele Olcese da un progetto inedito di Emanuele Luzzati
costumi Santuzza Calì
tempesta animata Luigi Berio
luci Bruno Ciulli
maestro del coro Fabio Tartari
Orchestra e Coro del Bergamo Musica Festival