Ermanna Montanari

La camera da ricevere

Una straordinaria Ermanna Montanari ha inaugurato la nuova edizione di “Le Stanze”, festival di “teatro d’appartamento” ideato da Alberica Archinto e Rossella Tansini che questa volta conduce il pubblico di Milano alla scoperta di inedite fondazioni legate al mondo e al lavoro artisticoMaria Grazia Gregori


Con una vera e propria serata d’onore per attrice sola, hanno preso l’avvio
Le Stanze, manifestazione ormai consueta e molto attesa nel panorama teatrale non solo milanese,  sostenuta dal Comune di Milano, inventata da due tipe toste come Alberica Archinto e Rossella Tansini. Nata con il proposito di ampliare, scandagliare, provocare, sedurre un nuovo pubblico teatrale, Le Stanze si è però rivelata una mappatura intelligente e informata delle diverse vie di un discorso teatrale che sappia dialogare con le arti sorelle. Quest’anno poi il luogo della rappresentazione – la stanza di una casa ogni volta diversa-  è cambiato con la scelta di entrare in Fondazioni legate al mondo e al lavoro artistico. Una scoperta.

La prima tappa di questo viaggio dentro un mondo che anche molti milanesi non conoscono, è un bellissimo palazzo di corso Garibaldi  dove ha sede la Fondazione Adolfo Pini, nata per onorare la memoria e il lavoro di un pittore come Renzo Bongiovanni Radice legato alla sua città ma anche cittadino europeo, con frequenti viaggi a Parigi. Nel grande salone dell’appartamento dove ha sede la Fondazione,  Ermanna Montanari del Teatro delle Albe di Ravenna ha presentato con grande successo  La camera da ricevere, un viaggio dentro alcuni dei suoi personaggi più famosi: non solo, dunque, un viaggio a ritroso nella sua ormai lunga militanza teatrale vissuta con Marco Martinelli, ma anche un corpo a corpo fra l’attrice e diversi modi di fare teatro che hanno contrassegnato il magistero delle Albe di Ravenna, un po’ in italiano e un po’ in dialetto, che il pubblico può seguire da vicino con l’aiuto di un prezioso volumetto curato da lei stessa.

Una performance che è stata molto di più di un esercizio di bravura (Ermanna Montanari, ultimo premio Duse, non ne ha certo bisogno) né, tantomeno, di stile, quanto la possibilità offerta allo spettatore di entrare dentro quell’“officina” del tutto particolare che è il nascere del pensiero creativo, le sue motivazioni, la sua concreta realizzazione nel rapporto teatrale. Un po’ come se entrassimo in un negozio di colori e scoprissimo come l’amalgama di diverse tinte possa dare vita a un colore nuovo. In questo mondo sorprendente e affascinante l’attrice ci conduce quasi per mano spiegando il come e il perché siano nati personaggi come Fatima, l’asino parlante, Bêlda, Rosvita, Mêdar Ubu, Alcina, Daura, Arpagone protagonista dell’Avaro e Tonia Pantani, madre di Marco.

Tutta ha origine, ci dice Ermanna, da quella stanza del ricevere, nel dialetto del paese natale “la câmbra da rizévar”, luogo misterioso e affascinante per dei bambini, da riempire con la fantasia, ascoltandone le voci. Eccola con un semplice abituccio, degli stivaletti malandrini, muoversi per il salone sull’onda di una colonna musicale fra due luoghi “deputati”: alla sinistra degli spettatori c’è l’Ermanna che legge e tesse il filo del racconto; a destra, di fronte a una specchiera o seduta su di una sedia, l’attrice compie un rito molto antico trasformandosi, con l’aiuto di pochi semplici oggetti – due grandi orecchie d’asino di cartone, dei guanti candidi, una calla di stoffa, un microfono, uno scialle- mantello multicolore sotto i nostri occhi. E intanto fra luci e bui improvvisi, coltiva il suo personale bestiario facendo le voci, dando le profezie, crudelmente stolida, incapace di qualsiasi reazione quando, come Arpagone, comprende che gli è stata rubata la cassetta, madre che chiede ossessivamente giustizia, cambiando postura, gesto, voce, suono, mai troppo oltre e mai troppo vicina. Formidabile.

Www: festival “Le Stanze”