I Post di Renato Palazzi

In cui si riflette di tormentate vicende d’amore, di “mentalisti” e altri fenomeni da terzo millennio e si stila un elenco, parziale, di ciò che non si dovrebbe mai fare a teatro. Elenco che potete contribuire ad ampliare


«Non mi avete mai amato, vi siete divertiti a essere innamorati di me», dice del padre e del marito la Nora egocentrica e capricciosa della Shammah, all’apice del chiarimento conclusivo di Casa di bambola (foto). «Mi divertivo quando tu ti mettevi a giocare con me – ribadisce in tono di accigliato rimprovero – come i bambini si divertivano quando io mi mettevo a giocare con loro». Per Ibsen, severo fustigatore della morale borghese, questa mancanza di profondità era allora intollerabile. Forse, in effetti, Thorvald Helmer non sarà un campione del pensiero progressista, ma nel censurare questi aspetti ludici della vita a due, come in tante altre cose, è lei a sbagliare: un uomo e una donna che, dopo otto anni di matrimonio, dopo aver fatto tre figli, riescono ancora a divertirsi nell’essere innamorati, a giocare insieme, in senso più o meno erotico, sembrano aver trovato il segreto della perfetta convivenza, la formula che ogni coppia vorrebbe oggi possedere!

Leggo che c’è un signore, Francesco Tesei, di professione  mentalista, che dal 9 febbraio coinvolgerà la platea del Teatro Brancaccio di Roma in pubbliche dimostrazioni sulla forza della mente. Tempo fa erano arrivati due stravaganti australiani che facevano, in scena, degli origami coi genitali, dimostrando la forza di qualche altra parte anatomica. Sono proposte – specialmente la prima – che rimandano ad altri tempi, ai manifesti ottocenteschi in cui si pubblicizzavano letture del pensiero e piramidi umane. Ma trovo ammirevole questa estemporaneità: in un’epoca in cui il teatro – nelle carceri, nei supermercati, nelle stazioni della metropolitana – tende a contaminarsi sempre più con la realtà quotidiana, mi pare importante che ci siano ancora degli artisti per i quali lo spettacolo è l’occasione di esibire talenti inusitati, la capacità di fare qualcosa comunque fuori dal comune.

Come confermano esperienze recenti, ci sono cose che, a teatro, non si dovrebbero fare, che andrebbero proibite per legge, pena la sospensione dei finanziamenti. Vorrei dunque iniziare un breve catalogo di espedienti da evitare, con l’impegno di aggiornarlo a mano a mano che il mutare dei gusti e delle mode lo renderà necessario. Se ci sono amici e colleghi che hanno da suggerire eventuali aggiunte, sono invitati a partecipare scrivendo a redazione@delteatro.it o sulla nostra pagina facebook. Ecco un mio primo elenco personale:
1) Palloncini colorati.
2) Bolle di sapone.
3) Fiocchi di neve che cadono sull’attore, a meno che non si reciti la scena finale del Minetti di Bernhard.
4) Piogge sul palco, acquazzoni, ombrelli e in generale ogni sorta di effetti meteorologici, a meno che non si rappresenti la tempesta del Re Lear, che li impone.
5) Luci stroboscopiche.
6) Luci riflesse in palle di specchi girevoli da night club o da discoteca.
7) Luci sparate in faccia agli spettatori.
8) Tute arancioni da prigionieri di Guantanamo.
9) Attori che si tolgono le tute, restando in mutande.