La Dame aux Camélias di John Neumeier è tornata dopo dieci anni al Teatro alla Scala aprendo felicemente la nuova stagione del Balletto milanese e rivelando una bella generazione di nuovi interpreti.- Silvia Poletti
Al Teatro alla Scala la stagione di balletto è stata inaugurata dal ritorno di La Dame aux Camélias di John Neumeier, dopo il debutto italiano nel 2007 – ultimo grande ruolo scaligero di Alessandra Ferri – e una fugace ripresa la stagione successiva, funestata ohimè da alcuni scioperi.
Poco c’è da aggiungere sull’importanza di questo titolo, ormai diventato un classico del repertorio di danza drammatico del secondo Novecento. Un lavoro che rifulge perfetto in tutte le sue componenti drammaturgiche, coreografiche, musicali: i tre aspetti, fusi insieme, risuonano l’uno nell’altro con una corrispondenza espressiva ed emozionale del tutto necessaria e insieme naturale, così da restare sbalorditi, ogni volta, di come ogni soluzione teatrale e di danza sembri assolutamente, inevitabilmente, unicamente quella possibile, in totale sintonia con il momento narrato, l’intenzione del racconto, il taglio descrittivo.
Dietro c’è una profonda analisi dell’entourage e del rituale sociale dell’ambiente in cui si dipana la storia di Marguerite Gautier, la vicenda vera di Maria Duplessis ( e non quella successivamente edulcorata di Violetta Valery) evocato creativamente in momenti coreografici illuminanti: si pensi alla scena dei tre balli che cadenzano lo scorrere del tempo e della vita salottiera di Marguerite tra cotillon di maschere e corteggiamenti che in un calibratissimo gioco di uscite e entrate coreografiche si anima sull’Allegro vivace del Concerto n. 2 di Chopin dove le tintinnanti scale del pianoforte avvolgendosi su se stesse danno impulso proprio al rutilare delle danze, al volteggiare spensierato e futile delle coppie.
Ma anche l’ intuizione che attraverso il metateatro è possibile sfaccettare il carattere e la psicologia dei personaggi rivelandoci di fatto anche i loro più sommessi pensieri: Manon Lescaut e Des Grieux – la cortigiana e il suo perduto innamorato eroi della letteratura pruriginosa dei salotti in cui praticava la signora delle camelie – diventano qui implacabili memento dei due protagonisti, emblemi di un destino ineluttabile, con l’atroce differenza che la pur spudorata Manon avrà la consolazione di morire accudita dall’amato, mentre Marguerite ( come ricorda il romanzo di Dumas) si spegne sola, lontana da quell’uomo che ha amato con tenerezza inaudita.
Quello che comunque trascende il quadro storico è l’empatia con cui Neumeier tratteggia l’evoluzione delle emozioni e dei sentimenti dei suoi personaggi, anche i più piccoli palpiti e le più segrete incertezze: speranze e illusioni, estasi e sofferenze che -tolte crinoline e falpalà- abbiamo provato nella vita più o meno tutti. E per questo veniamo catturati e entriamo nel racconto della danza: i gesti delle mani, così dettagliati e fondamentali diventano allora leggibilissimi nei loro significati pregnanti di emozioni, i perigliosi lift dei celebri pas de deux vengono ‘letti’ come esplicite traduzioni fisiche di uno stato d’animo estatico in cui i due amanti si perdono per un attimo, l’accurato continuo passaggio di ‘registro’ nella danza dei due -durante il primo pas de deux- ci fa comprendere perfettamente un dialogo che diventa sempre più profondo.
E’ chiaro che più gli artisti entrano in sintonia con la visione del coreografo, più ne colgono le sfumature, le intenzioni e allo stesso tempo in sé stessi riescono a mantenere una coerente simbiosi con il proprio personaggio, più lo spettacolo rifulge di piena bellezza. Nelle varie ‘distribuzioni’ scaligere – molto interessanti per le diverse prese di ruolo – in generale ha prevalso l’idea di freschezza, spontaneità, accuratezza nell’intero corpo di ballo.
Blockbuster della serie di cast Roberto Bolle e Svetlana Zakharova: entrambi baciati da una diversa consapevolezza nell’affrontare i loro personaggi,rispetto ai loro tradizionali standard interpretativi. In Bolle è emersa una toccante vulnerabilità, in Zakharova una adesionenon manierata al pathos della sua eroina . A tratti entrambi si lasciano sfuggire alcune asprezze fisiche nelle dinamiche più esigenti e esplosive della coreografia ( l’assolo di Armand dopo l’abbandono di Marguerite, quello di Marguerite a colloquio con Duval padre), tuttavia in generale la sintonia con cui tracciano la loro storia d’amore è convincente.
Grandi soddisfazioni arrivano dagli altri due Armand degli spettacoli milanesi: il bruno Claudio Coviello vibra di impulsività e passione, deliziosa ingenuità e ottima danza di fronte alla più adulta, affascinante – ma ohimé infine più sola e fragile- Marguerite di Emanuela Montanari. Il biondo Timofej Adriiashenko ammanta il suo Armand di struggimento e febbrile malinconia, quasi che un presentimento offuschi da subito la sua passione per la Marguerite di Nicoletta Manni. La giovane prima ballerina della Scala, fresca, vivace, tecnicamente salda, cerca una sua via per Marguerite ma è ancora acerba e enfatizza invece di sottrarre. Cosa che non fa quando invece interpreta in maniera eccellente l’alter ego Manon, spudorato, sfrontato e crudele e a suo modo egoista anche nella morte accanto ai suoi due Des Grieux, Nicola del Freo e Marco Agostino.
Nei ruoli di supporto dei vari cast Mick Zeni Duval padre ha fronteggiato con rigore, severità e nitore di gesti la Zakharova, significativamente riuscendo a sovrastarne la figura; un ‘verdiano‘Riccardo Massimi ha puntato sulla sussiegosa, borghese arroganza verso la giovanile irruenza della Manni. Sfrontate piccanti e tecnicamente solide le due Prudence di Virna Toppi e poi Martina Arduino; svettante e fascinoso l’elegante Gaston di Gioacchino Starace; mentre nel goffo e spaesato Conte N. si sono ben distinti Antonino Sutera e un tenero Christian Fagetti. Spettacolo visivamente fulgido e musicalmente eseguito in maniera impeccabile dall’orchestra diretta da Theodor Guschlbauer con il raffinato pianoforte di Roberto Cominati, La Dame aux Camèlias è stato molto amato. Peccato però che il caro biglietti anche al matinée o senza la coppia di star abbia tenuto lontano altro pubblico, potenzialmente numeroso. Ci si chiede allora che strana politica sia questa: rischiare significativi vuoti in platea piuttosto che calibrare i costi a seconda delle occasioni di calendario e di distribuzione.
In apertura Roberto Bolle e Svetlana Zakharova, foto Brescia e Amisano Teatro alla Scala