Il matrimonio di Maria Braun

Il matrimonio di Maria Braun

Di una generazione successiva a quella di Fassbinder a cui la pièce è ispirata, Thomas Ostermeier, pur rimanendo fedele alla sceneggiatura, ne prende giustamente le distanzeMaria Grazia Gregori


Quando Rainer Werner Fassbinder girò nel 1979 Il matrimonio di Maria Braun, protagonista la sua musa Hanna Schygulla, Thomas Ostermeier aveva undici anni. RWF, dunque, per il direttore delle Schaubühne  di Berlino è un riferimento, un frammento di storia della cultura tedesca da osservare “politicamente”, non un artista nel quale riconoscersi emozionalmente ma attraverso il quale è possibile guardare nello specchio scuro della passata storia del proprio paese. Da questo punto di vista è sintomatico il recupero  del geniale regista operato da alcuni degli artisti più interessanti della generazione dei quarantenni: recentemente  si è visto da noi uno spettacolo di Antonio Latella (un regista, guarda caso, molto attivo e stimato in Germania) dedicato a Veronika Voss e oggi la Biennale Teatro di Venezia mostra questo lavoro di Ostermeier dedicato a Maria Braun, l’una e l’altra  due figure del terzetto femminile  (l’altra era Lola) che chiudono – a causa della sua morte – il lavoro cinematografico di Fassbinder, mettendo anche la parola fine a quella rilettura della storia patria che stava alla base di questo trittico.

Pur rimanendo fedele alla sceneggiatura fassbinderiana, Ostermeir ne prende giustamente le distanze: quanto nel film era dannatamente e magicamente melodrammatico (alla Douglas Sirk per intenderci, maestro riconosciuto di RWF) tanto qui è raffigurato in modo  esplicitamente dimostrativo attraverso un magnifico lavoro sugli attori carico di senso e di drammaticità. Oserei dire che quello di Ostermeir è uno spettacolo brechtiano, ma anche quello di Fassbinder lo era. È l’occhio generazionale a essere diverso: Fassbinder aveva, se non proprio vissuto il nazismo, certamente conosciuto sulla propria pelle, il difficile travaglio della Germania  post nazista; Ostermeier  guarda a tutto questo con un giudizio più defilato, ma non per questo meno inquietante o meno critico.

Tutto è già in divenire quando entriamo nella sala del Goldoni di Venezia. Gli attori sono già lì, in attesa, nella scena di Nina Wetzel che si sviluppa in profondità e che permette l’andare e il venire dei personaggi, ed è divisa in più piani per facilitar l’immediato passaggio da una scena all’altra. Qui si racconta la storia emblematica di Maria Braun che inizia il 22 luglio del 1940, quando la Germania, che sembrava in grado di conquistare tutto, sta iniziando a vedere i segni della sua disfatta. È in quel momento che Maria e il soldato tedesco Hermann si sposano mentre  dal fondo della scena i video di Sébastien Dupouey ci rimandano scene di bombardamenti e di rovine:è uno dei tanti matrimoni di guerra destinati a fallire o a finire tragicamente.

Ostermeier si chiede: come è potuto avvenire questo stordimento collettivo, questo colpevole “innamoramento “ del popolo tedesco verso Hitler? È una domanda che sta in sottofondo alla parte iniziale di questo (per me) bellissimo spettacolo e che il regista rende esplicito con due attori al leggio a leggerci alcune delle lettere di donne tedesche piene di emozione e di idolatrico amore per il führer. Intanto la vita arranca e Maria Braun si trova a vivere tutte le incongruenze e la tragicità della sua epoca e ci mostra e ci racconta brechtianamente “come Maria Braun raggiunge il potere”. Donna che si mescola ai soldati americani per sopravvivere  (da uno di questo, nero, ha anche un figlio che muore), con una madre rimasta sola che non accetta la propria solitudine, Maria sale a poco a poco  grazie alla sua bellezza la scala sociale fino a diventare non solo l’amante ma anche la mente di un industriale non più giovane che la ama.

Interpretata da una bravissima Ursina Lardi pettinata come Hanna Shygulla che sa restituirci con sorprendente verità  i tentennamenti, gli slanci del suo inquieto personaggio, Maria Braun  prende via via coscienza di tutte le contraddizioni che il suo comportamento porta con sé: in fin dei conti lei ama sempre Hermann e lo aspetta e quando lui torna e finisce in galera continua ad amarlo. E la Germania, poi, non le pare avere un felice futuro  tanto che, bella e ingioiellata al ristorante durante un pranzo di lavoro, sentendo la voce del cancelliere Adenauer che magnifica le sorti future del paese, non riesce più a mangiare (in  Fassbinder  – ricordate ? – Schygulla sentiva una nausea incontrollabile e vomitava in bagno). Niente lieto fine. Eccoli i due sposi  nella loro casa: lui con i suoi egoismi e le sue bugie e lei che ha capito il gioco, eredi entrambi della fortuna del vecchio potente morto al quale il marito ha “permesso di amare la propria moglie” ricevendone beneficio. Ancora una volta Maria comprende di essere stata usata, non ha più illusioni  ma quella è la sua vita  e i due fumano una sigaretta. E poiché Maria ha l’abitudine di accenderla con la fiamma del gas – che si è spento, ma è rimasto aperto -, ecco che una volta acceso fa saltare per aria la casa insieme ai due. Ostermeier mostra tutto questo, giustamente, in modo più rarefatto: i due accendono la sigaretta e vengono investiti da una rossa fiammata ma alle loro spalle anche la Germania, a cui il regista guarda criticamente, dell’appena ieri e forse di oggi, chissà, brucia.

Interpretato solo da cinque attori di cui quattro (Thomas Bading, Robert Beyer, Moritz Gottwald, Sebastian  Schwarz, ottimi) recitano in più di un ruolo maschile o femminile mentre la sola Ursini Lardi interpreta un unico personaggio, Il matrimonio di Maria Braun è la storia tragica di una donna nel mondo degli uomini con le sue colpe e le sue generosità, infinitamente superiore a tutti loro, malgrado sembri sempre trionfare le legge del più forte. Per Fassbinder un manifesto, per Ostermeier uno sguardo disincantato e non indulgente su una storia neanche troppo lontana.

Die Ehe der Maria Braun (Il matrimonio di Maria Braun)
dal film di Rainer Werner Fassbinder
sceneggiatura Peter Märthesheimer e Pea Fröhlich
regia Thomas Ostermeier
scene Nina Wetzel
costumi Ulrike Gutbrod, Nina Wetzel
video Sébastien Dupouey
musiche Nils Ostendorf
drammaturgia Julia Lochte, Florian Borchmeyer
con Thomas Bading, Robert Beyer, Moritz Gottwald, Ursina Lardi, Sebastian Schwarz
produzione Schaubühne (riedizione della produzione del Münchner Kammerspiele)

Un commento su “Il matrimonio di Maria Braun

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