“Il pantano”, la pièce scritta da Domenico Pugliares, ben diretta da Renato Sarti e interpretata da Daniele Timpano e Gianfranco Berardi, si interroga su temi da far tremare i polsi – Maria Grazia Gregori
In scena sul palcoscenico del Piccolo Teatro Grassi di Milano, c’è una specie di parco giochi dove fra altalene, giostre, assi di equilibrio si svolge un processo molto speciale che deve arrivare, vagliati il pro e il contro, a un verdetto finale. Chi deve essere giudicata è una madre folle che è stata ricoverata in manicomio, sicuramente impasticcata, colpevole di aver assistito indifferente, abulica, al suicidio, peraltro annunciato, della figlia: il suo peccato in attesa di giudizio è quello di accidia.
A contendersi la sua anima sono due personaggi anch’essi fuori di chiave: Dio e il Diavolo, il Bene e il Male. Conflitto eterno che si combatte fra una Cattiva coscienza (una specie di pubblico ministero) e una Buona coscienza (l’avvocato difensore). Citando qua e là terzine della Divina Commedia queste due entità, questi due esseri, sono di fronte a quella porta che può dare la salvezza o la condanna. La donna è un’imputata quasi sempre muta, quasi assente; l’atmosfera dello spettacolo messo bravamente in scena da Renato Sarti (scene di Carlo Sala) si muove fra l’onirico e il surreale sotto il segno di quel senso di colpa (“cosa faremmo – dice Dio – io e il Diavolo senza il senso di colpa?”) che dovrebbe farsi largo nella coscienza di Maria, la madre. Ma intanto il problema si allarga a furia di quesiti e di dialettica all’ambito del libero arbitrio e anche su questo Dio sembra avere le idee chiare:”Se gli uomini usano male il libero arbitrio non è colpa mia, se lo usano bene è perché stanno seguendo i miei insegnamenti”.
Il testo di Domenico Pugliares che ha spunti interessanti di fronte a interrogativi che farebbero tremare i polsi a chiunque, coraggiosamente si inoltra in questo difficile cammino. Ma è logorroico, mette troppa carne al fuoco e si disperde in troppe direzioni. Lo spettacolo comunque regge grazia a Daniele Timpano e a Gianfranco Berardi, bravissimi, guidati con mano sicura da Renato Sarti. Una coppia inedita e formidabile: tanto è petulante, ossessivamente convinto di stare comunque dalla parte giusta (per forza, è Dio) Gianfranco Berardi, tanto Daniele Timpano si lascia andare a tirate, a inquietanti domande che gli accentuano i tic che lo divorano.
Con costumi che sembrano citare le carte da gioco (la matta, il cavaliere) oppure muovendosi per il palcoscenico infaticabili in tuta in prove di destrezza, arrampicandosi sull’altalena come fa Berardi o scendendo su e giù dal palco a confrontarsi con il pubblico nevroticamente derisorio come fa Timpano, i due prendono d’assedio la loro stralunata imputata (Cecilia Vecchio), che ci appare sempre più una vera e propria vittima, sballottata di qua e di là dalla fulminate dialettica dei due protagonisti.
Visto al Piccolo Teatro Grassi di Milano. Repliche fino al 12 gennaio 2014
Il pantano
testo Domenico Pugliares
regia e consulenza alla drammaturgia Renato Sarti
con Gianfranco Berardi, Daniele Timpano e Cecilia Vecchio
scene e costumi Carlo Sala
musiche Carlo Boccadoro
disegno luci Claudio De Pace
produzione Teatro della Cooperativa
con il sostegno di Regione Lombardia – progetto NEXT
Chi dice a Maria Grazia Gregori che le due maschere sono Laa-Laa e Po dei Teletubbies? E di nuovo: mi piace la capacità di trovare una bellezza dappertutto. A me Il pantano non è piaciuto e mi ha disturbato l’altalena tra il dio creatore e il dio redentore per poi far finire tutto nelle mani di un demiurgo: i soliti pasticci teologici e teleologici.