Dopo oltre un anno di attesa il TAR del Lazio ha accolto il ricorso contro il Decreto di riforma dello spettacolo dal vivo
Dopo tredici mesi di attesa, il verdetto è fatalmente arrivato: il TAR del Lazio ha accolto il ricorso contro il Decreto di riforma dello spettacolo dal vivo presentato da una serie di teatri capeggiati dal Teatro dell’Elfo e dal Teatro Due di Parma (leggi l’intervento di Elio De Capitani pubblicato su questo sito oltre un anno fa. NdT). La sentenza, in cui si evidenzia fra l’altro l’incongruenza di un meccanismo che pretende di tutelare la qualità dell’attività artistica in base a parametri prevalentemente quantitativi, precipita il teatro, la musica, la danza nel buco nero di un totale vuoto economico e normativo: crolla l’edificio faticosamente costruito, si vanifica la spericolata corsa a diventare Teatri Nazionali, TRIC, Centri di Produzione. Si annullano fusioni, accorpamenti, unificazioni contro natura. Si azzerano contributi in buona parte già versati. In questo caos, c’è da augurarsi due cose: che il Ministero, intenzionato a quanto pare a fare ricorso al Consiglio di Stato, non cerchi di difendere l’indifendibile, e colga l’occasione per rivedere un provvedimento che non stava in piedi dall’inizio. E che non si attribuisca ai promotori del ricorso la colpa delle gravi difficoltà in cui tutti piomberanno: il guaio l’ha combinato chi ha esteso il decreto, loro hanno solo contribuito a far chiarezza.