Polvere di S. La Ruina

I Post di Renato Palazzi

Inauguriamo una nuova rubrica tenuta da Renato Palazzi. All’inizio della settimana pubblicheremo alcune brevi note (da cui il nome “Post”) di attualità, costume, cronaca teatrale su cui riflettere o farsi due risate. Buona lettura

Lo scorso 12 maggio Elio De Capitani ha pubblicato in questo sito il suo articolato intervento sul decreto di riforma del teatro promosso dal Ministero dei Beni Culturali: uno scritto  lucido, intenso, appassionato che difendeva tra l’altro con veemenza il punto di vista di chi il teatro lo fa nascere ogni giorno, e non lasciava alibi a chi quella riforma l’ha voluta e realizzata. Il 12 giugno, esattamente un mese dopo, con una coincidenza un po’ sospetta il Teatro Elfo Puccini, di cui Elio è co-direttore artistico ha subito un taglio di alcune decine di migliaia di euro, nonostante da tempo venga universalmente riconosciuto come un modello produttivo e gestionale da studiare e analizzare, un caso unico – col Franco Parenti – nel panorama della scena italiana. Sarà anche un caso, una fatalità, una brutta beffa della sorte. Ma l’impressione che si sia trattato di una ritorsione è difficile rimuoverla.

I misteri del teatro, per quanto ci si abitui, restano sempre impenetrabili. Dopo avere debuttato, nel suo nuovo spettacolo Polveresulla sopraffazione maschile all’interno della coppia –  a fianco di una brava, giovane attrice, Jo Lattari, Saverio La Ruina (con lui nella foto) lo ha ripreso al festival Primavera dei Teatri con un’altra interprete femminile, Cecilia Foti, che è anche la sua vera compagna nella vita. Ebbene, senza che il testo in alcun modo cambiasse, per un’alchimia imperscrutabile questo legame personale ha sottilmente mutato gli equilibri dello spettacolo: lui è parso più fragile, meno sadico e cattivo, lei, che in partenza era apparentemente più indifesa, alla fine sembrava meno sottomessa, e lasciava intuire una maggiore possibilità di ribellarsi.

Spero che adesso Mino Bertoldo non mi scateni ancora contro i suoi seguaci: ma sere fa al Teatro Out Off di Milano, per una delle ultime repliche de Il bosco di David Mamet, amorevolmente messo in scena e interpretato da Elena Arvigo con Antonio Zavatteri, oltre a me c’erano in platea nove spettatori. Non è per accanirmi contro questa sala milanese, ma simili “forni” – ormai abituali  in quella sala – sono un’autentica vergogna. Non lo dico per il teatro, il cui destino è nelle mani di chi lo guida, ma per gli artisti ospiti, che sono a Milano a proprie spese e hanno fatto sacrifici per realizzare la loro produzione. Se non ci sono le condizioni per presentare gli spettacoli in condizioni dignitose, tanto vale non programmarli, e chiudere prima la stagione.

Si è spenta, dopo una lunga malattia, Antonia Spaliviero, moglie e collaboratrice del regista Gabriele Vacis, autrice o traduttrice dei testi di diversi suoi spettacoli (l’ultimo suo impegno era stato il progetto La bellezza salvata dai ragazzini), co-fondatrice con lui e con i suoi attori “storici” del Laboratorio Teatro Settimo, uno dei gruppi di punta del teatro di ricerca italiano degli anni Ottanta. Ci sono casi in cui si vede bene che certe intese, certi sodalizi più o meno dichiarati di idee, di sogni, di passioni vanno oltre il legame matrimoniale e i rapporti di coppia: penso che tra loro andasse proprio così, che lei – al di là dei diretti contributi a questa o quella esperienza – fosse presente in tutto e per tutto nella vita e nella creatività di Gabriele, che in ogni cosa che lui faceva ci fosse, grande o piccola, l’impronta di Antonia.