Carullo-Minasi e il ritorno di “L’origine del mondo” di Lucia Calamaro; Pippo Delbono con “Orchidee”, il debutto di “Zoo di vetro” diretto da Cirillo e infine l’articolato progetto su Ödön von Horváth del Teatro Due – Renato Palazzi
Dopo la pausa natalizia, ricomincia a pieno ritmo la stagione teatrale: ci attende un mese di gennaio decisamente intenso, e ricco di appuntamenti importanti praticamente a getto continuo.
Da non perdere, in particolare, martedì 7 al Teatro Franco Parenti di Milano, il duo messinese formato da Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi, una delle realtà più interessanti della nuova scena italiana di questi anni, col poetico e stralunato Due passi sono, spettacolo-rivelazione del premio Scenario 2011: è una pièce lieve, sorprendente, scandita dai dialoghi incalzanti e amenamente surreali che caratterizzano lo stile dei due. Vi si rappresenta la strana vita di una coppia di adulti-bambini chiusi in una minuscola stanzetta, fra le mille paradossali precauzioni che dovrebbero proteggere lui da un’ignota malattia che l’ha colpito, fino a quando troveranno la forza di uscire e affrontare il mondo esterno.
Da segnalare, nello stesso giorno e nello stesso teatro, il ritorno del pluripremiato L’origine del mondo, lo spettacolo di Lucia Calamaro che proprio nella “multisala” milanese aveva ottenuto qualche mese fa un successo clamoroso, imponendosi tra gli eventi della stagione; a raccontare l’ironica lotta contro l’angoscia e la depressione di una donna di oggi, un’intellettuale nevrotica oppressa da una madre invadente e da una figlia che assume di continuo le sembianze del suo psicanalista, sono ancora le tre acclamate protagoniste dello scorso anno, le bravissime Daria Deflorian, Federica Santoro e Daniela Piperno.
Sempre martedì 7 al Teatro Argentina di Roma arriva Orchidee, la nuova creazione di Pippo Delbono con la sua compagnia di attori e danzatori fuori dai canoni. È uno spettacolo-confessione, uno spettacolo-riflessione sugli ambigui confini tra verità e finzione: nel suo consueto linguaggio informale, debordante, fra immagini della madre morente e grandi classici del teatro – Romeo e Giulietta, Amleto, Il giardino dei ciliegi – strappati al loro contesto e trasformati in urlo di rivolta contro l’orrore del mondo attuale, l’attore-regista, come sempre, trascina il pubblico in un dolore privatissimo che solo a tratti si fa metafora di una condizione umana più universale.
Giovedì 9, al Teatro Menotti di Milano, va invece in scena in “prima” nazionale Zoo di vetro di Tennessee Williams, con la regia di Arturo Cirillo. L’amaro affresco della famiglia Wingfield – la madre Amanda, prigioniera delle illusioni del passato, l’infelice, frustrata figlia Laura e il figlio Tom coi suoi sogni di fuga – viene trasposto da Cirillo sullo sfondo di un’imprecisata provincia italiana a noi vicina, in un ideale accostamento fra il mondo di Williams e quello dell’autore napoletano prediletto dal regista, Annibale Ruccello. Di notevole livello la compagnia, che è composta in questo caso da Milvia Marigliano, Monica Piseddu, Edoardo Ribatto e dallo stesso Cirillo.
È il momento della (tardiva) riscoperta di Ödön von Horváth: dopo Paolo Magelli, che ha allestito poco tempo fa un suo testo, Hotel Belvedere, al Teatro Metastasio di Prato, tocca ora a Walter Le Moli affrontare al Teatro Due di Parma addirittura un trittico di opere dell’autore austriaco, contemporaneo di Brecht e acuto osservatore della società tedesca in piena ascesa del nazismo: il progetto, dedicato al tema di una gioventù vuota e passiva, terreno di coltura di qualunque dittatura, prende le mosse giovedì 9 gennaio con Fiabe del bosco viennese e prosegue da sabato 11 gennaio a venerdì 28 febbraio con Gioventù senza dio e da venerdì 14 febbraio a domenica 2 marzo con Fede, speranza, carità.