La Nona di Zappalà: inno all’umanità che danza

Il coreografo Roberto Zappalà festeggia il giubileo d’argento della sua compagnia con un riconoscimento ministeriale e l’approdo sulle scene del Teatro Massimo della sua città, Catania, complice Ludwig Van Beethoven e un inno alla vita – Silvia Poletti

In venticinque anni ha davvero corso, corso tanto Roberto Zappalà, come cita lo slogan “25 years running” con cui la sua compagnia festeggia quest’anno il giubileo d’argento. Con tenacia, lucidità, visione e continua voglia di andare avanti, di trovare una sua cifra linguistica, di perfezionare la sua poetica, di dare una casa alle sue idee di danza, naturalmente umanista e filosofica – proprio come sono naturalmente umanisti e filosofi certi siciliani raffinati in pensiero e gusto, ancora pregni delle memorie ataviche delle poderose civiltà che si sono fuse in quel triangolo di terra mediterranea.

Mai come in questo caso ci si deve rallegrare per i risultati conseguiti: il recente riconoscimento ministeriale del suo Scenario Pubblico a Centro Nazionale di Produzione per la Danza – uno dei tre, insieme a Compagnia Virgilio Sieni Cango e Fondazione Nazionale Danza Aterballetto (de nomine et facto anche se non si sa a quanto ammonterà il contributo per la realizzazione dei progetti richiesti dal decreto); e poi, significativamente, l’approdo della Compagnia Zappalà sul palcoscenico e nella stagione del Teatro Bellini di Catania. Poche decine di metri separano il nobile teatro lirico da Scenario Pubblico, vivacissimo polo culturale di Zappalà nel cuore della città: ben altre distanze, evidentemente, distinguevano i due poli artistici della città.

Eppure con La Nona, che ha debuttato in prima assoluta tra gli stucchi del Bellini, la distanza si è dissolta con gli applausi conclusivi e l’attenzione tesa e partecipe alla proposta di Zappalà. Il quale, in fondo, ha concesso ben poco ad una certarassicurante  visione di spettacolo: forse solo la scelta musicale ‘riconoscibile’ – la Nona Sinfonia di Beethoven – che però qui nella trascrizione per due pianoforti di Liszt si spoglia di quella solennità e delle iridescenze sonore che l’orchestra sinfonica conferisce, per diventare un’asciutta, pulsante, essenziale partitura emozionale per il tema da esplorare scelto da Zappalà e dal drammaturgo Nello Calabrò. Ci sono del resto, sottili e pertinenti affinità tra musica e scelta tematica: anche agli autori dello spettacolo, come al sommo Ludwig, interessa una riflessione ‘laica’ sul senso dell’Umanità intesa come stato di natura ma anche come inesauribile potenziale spirituale ed emotivo che l’essere umano può alimentare al di là, o al di fuori di ogni credo/regime religioso.

Non a caso il lavoro, terzo step di un progetto che si chiama Transiti Humanitatis, parte da una omelia laica di una danzatrice che riprende le parole dell’Atto Penitenziale della liturgia della Messa cattolica prima di lasciare lo spazio del palcoscenico, in cui si riconoscono accatastati simboli delle diverse religioni, alla danza e alla musica. Alla danza, fin da quella silente e forte del primo solo della carismatica Maud de la Purification: una sequenza dove la tensione tersa del movimento, i piegamenti, i piccoli colpi sul petto suggeriscono un senso di smarrimento e dolore, amplificato dal grappolo di danzatori che via via per accumulazione ripetono quella frase coreografica, lucida nella costruzione e nel senso. E alla musica – interpretata dai pianisti Luca Ballerini e Stefania Cafaro ai quali, nella parte finale, si unisce il controtenore Riccardo Angelo Strano – che guida i dodici bravi danzatori, interloquisce con loro, talvolta li sovrasta- e allora, come fa Zappalà, è meglio fermarsi e lasciare che a parlarci sia Beethoven.

Dal caos in cui l’umanità ha mosso i primi passi fino all’armonia universale di un Amore celebrato senza generi e limiti, attraverso un processo a ritroso intervallato da parole come didascalie dei vari step della progressione, dette prima da un imbonitore/maestro di cerimonie e poi da uno stesso danzatore in tutte le lingue del mondo( arabo e ebraico compreso), Zappalà ci suggerisce e che al di là di tutto, solo per il fatto che esistiamo in quanto ‘corpi’ e spirito, si realizza il senso della vita e la necessità di una fratellanza che accomuna tutti. I gesti dei riti si trasfigurano intelligentemente in coreografia pura, dove le linee rette nello spazio, unisoni, duetti, cerchi ricompongono in armonia visiva (pronta a riesplodere) l’ansia vitale che domina gli interpreti.

Luci crepuscolari, scena immensa, danzatori in costumi che dal sacro arancio della spiritualità si trasformano in abiti quotidiani: un’atmosfera quasi più nordica (alla fiamminga direi) che rigogliosamente mediterranea ammanta il lavoro, che qua e là infatti rimanda a certi spettacoli di Platel, seppure qui a dominare sia proprio la logica compositiva di un coreografo che sa bene cosa significa creare sequenze organiche, in cui contenuto e forma possono coabitare limpidamente. Per questo ci risultano pleonastiche certe sottolineature drammaturgiche – come le maschere dei maggiori Capi spirituali di oggi (da Papa Francesco al Dalai Lama) – che i danzatori indossano prima di lanciarsi in ecumenici abbracci di fratellanza ma che forse, visto il contesto molto tradizionale del pubblico del Bellini potevano servire a viatico di maggiore comprensione. Ma molto spesso certi scrupoli, se ci sono,  si rivelano superflui. Quando c’è qualità il pubblico, anche se ‘over’ e tradizionale, la riconosce e applaude calorosamente. Come in questo caso.

Visto al  Teatro Bellini di Catania. Ultima replica 28 maggio 2015. Poi in tournée. La foto è di Serena Nicoletti

La NONA
Dal Caos al Corpo
Un progetto di Nello Calabrò e Roberto Zappalà
Musiche di Ludwig Van Beethoven nella trascrizione per due pianoforti di Franz Liszt
Pianisti Luca Ballerini e Stefania Cafaro
Controtenore Riccardo Angelo Strano
Coreografie e regia Roberto Zappalà
Testi Nello Calabrò
Interpretazione e collaborazione i danzatori della Compagnia Zappalà Danza: Maud de la Purification, Filippo Domini, Alain El Sakhawi,  Sonia Mingo, Gaetano Montacasino, Gioia Maria Morisco Castelli, Marco Mantovani,  Adriano Popolo Rubbio, Fernando Roldan Ferrer, Claudia Rossi Valli,  Ariane Roustan, Valeria Zampardi