Per i 40 anni del Teatro Out Off di Milano il regista Lorenzo Loris ha allestito una scarna rappresentazione del testo di Balestrini sulla tragica morte di Giangiacomo Feltrinelli. Una scelta giusta, dal chiaro intento documentario, rivolto a chi nel 1972 non era ancora nato. Ma è difficile farlo in poco più di un’ora di spettacolo – Renato Palazzi
Mettendo temporaneamente da parte la ricerca linguistica sugli amati autori frequentati in questi ultimi anni, da Gadda a Testori a Pasolini, Lorenzo Loris punta stavolta a uno spettacolo di sole idee e di pura riflessione, esplicitamente nato per stimolare un confronto di opinioni su quello che è stato un passaggio cruciale nella storia recente della nostra società, ovvero il Sessantotto: partendo da un romanzo dell’89 di Nanni Balestrini, L’editore, il regista ha allestito una sorta di ricostruzione documentaria – scarna, senza fronzoli o abbellimenti – della tragica morte di Giangiacomo Feltrinelli, assumendola come cartina di tornasole e snodo fondamentale nel percorso di un movimento allora sospeso fra utopie libertarie e slittamenti verso la lotta armata.
Balestrini immagina un gruppo di amici che furono più o meno vicini a Feltrinelli e si riuniscono anni dopo per raccogliere ricordi e impressioni con l’intento di girare un film sull’accaduto. Nell’adattamento, firmato con l’autore, Loris sposta la prospettiva su un gruppo di giovani attori di oggi che stanno provando uno spettacolo su quella truce vicenda, ma la sostanza cambia poco: l’azione è praticamente ridotta a zero, i sei interpreti si limitano a rievocare i fatti attraverso i punti di vista dei personaggi – una coppia di intellettuali, una giornalista, un leaderino del movimento, un ex-partigiano, mentre a un altro tocca il ruolo del regista che interviene dall’esterno – mescolati a cronache dei giornali, a dichiarazioni dei magistrati, a referti anatomo-patologici.
Con distacco chirurgico lo spettacolo sottopone al giudizio della platea una serie di elementi che tratteggiano il clima confuso di quei giorni, il reperimento del corpo dilaniato di uno sconosciuto morto mentre piazzava delle cariche esplosive su un traliccio dell’energia elettrica alle porte di Milano, la scoperta che si trattava di Feltrinelli, le ipotesi, campate in aria, di un ipotetico complotto per simulare un atto terroristico, i militanti che dormivano fuori casa per sfuggire a eventuali retate. Il nocciolo di tanto smarrimento, come nel caso dei primi attentati delle Brigate Rosse – «le sedicenti Brigate Rosse», secondo una definizione allora diffusa – era la riluttanza ad accettare che un ideale politico collettivo potesse degenerare in scelte di violenza.
È questo discrimine che direttamente o indirettamente ha investito tante vite, è su questo crinale che si sono spesso giocate le speranze di un’intera generazione. Loris, che all’epoca dei fatti aveva una quindicina d’anni, compie a mio avviso un gesto di grande generosità artistica puntando a uno spettacolo – realizzato nel quarantennale del Teatro Out Off – che sembra rinunciare a tutte le suggestioni della scena per offrire al pubblico una mera occasione di conoscenza e ripensamento su qualcosa che appartiene al nostro patrimonio comune, anche se appare ormai lontanissimo da ciò che siamo. È giusta l’idea di utilizzare quell’oscuro episodio come chiave per cogliere le tensioni di un tempo sghembo, alterato, difficile da spiegare a chi non c’era.
Riesce a farlo, in poco più di un’ora di spettacolo? Sinceramente non saprei dire cosa ne ricava chi si accosta alla materia senza averne avuto un’esperienza in qualche modo più diretta. A me sembra – ma questa non è certo una responsabilità del regista – che il dibattito fra quelle figurette un po’ stereotipate sia a tratti velleitario, scombinato, il che fa parte del linguaggio allora in uso, puntualmente rispecchiato da Balestrini, ma non aiuta a inquadrare in pieno le loro posizioni.
Loris guida con un’attenzione palesemente affettuosa i suoi solerti ragazzi. Trovo invece meno convincente da parte sua l’aver rinunciato, alla fine, a quello statuto di oggettività che aveva imposto in precedenza alla rappresentazione, per inserirvi un monologo piuttosto ambiguo – ricavato dalle parole non si sa bene di chi – che non solo non aiuta a inquadrare meglio la sostanza del problema, ma getta una luce di incertezza su tutto quanto si è visto e sentito fino a quel momento.
Visto al Teatro Out Off di Milano. Repliche fino al 23 dicembre 2016
L’editore
dal romanzo di Nanni Balestrini
adattamento: Nanni Balestrini, Lorenzo Loris
regia: Lorenzo Loris
scena: Daniela Gardinazzi
costumi: Nicoletta Ceccolini
luci: Alessandro Tinelli
musiche: Simone Spreafico
con: Daniele Cavone Felicioni, Giovanni Longhin, Andrea Panigatti, Camilla Pistorello, Emilia Scarpati Fanetti, Matteo Vitanza