Erodiade: liturgia, memoria e omaggi

Nell’ambito del progetto RIC.CI per il recupero dei titoli emblematici della nuova danza italiana anni ’80/90  ha (ri)visto la luce Erodiade fame di vento firmato nel 1993 da  Julie Ann Anzilotti- Silvia Poletti

Il progetto RIC.CI ( Recostruction Italian Contemporary Choreography) ideato e curato dal critico Marinella Guatterini ormai otto anni fa continua e si allarga, sconfinando in altre forme espressive rispetto alla coreografia pura degli anni ’80 e ’90 che in questi anni ha riprodotto, restituendo a nuova vita i primi segni e i diversi estri della danza italiana d’autore.

Nonostante il già variegato ventaglio di titoli, ciascuno dei quali peculiare della poetica di danza dei vari autori fioriti in Italia nel vivace periodo ’80/’90 – da Sieni a Cosimi, da Monteverde a Di Stefano, e poi Abbondanza/Bertoni e Valeria Magli – la prossima produzione sarà infatti sensibilmente spostata sul fronte teatro perfomativo, o, rimanendo ad una definizione del suo creatore, a un ‘teatro multimediale’, fatto di immagini, video, scene, musica e una presenza fisica -di tre interpreti- inglobata in un ‘falso movimento’. Si tratta di Tango Glaciale, firmato da Mario Martone nel 1982, “immagini teatralizzate in movimento su una colonna sonora di notevole impatto visivo”, come ebbe a descriverlo il N.Y.Times alla sua prima americana nell’ off space di LaMaMa. Si attendono gli esiti di questo remake ( per inciso il primo progetto ‘sposato’ dal nuovo management della Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto ) che dopo le dodici date napoletane ( anteprima al Piccolo Bellini dal 16 al 28 gennaio) avrà la sua prima nazionale al Ravenna Festival 2018.

E’ invece fortemente, riconoscibilmente una piéce coreografica di danza/danza Erodiade Fame di Vento che rappresenta la tappa 2017 di RiC.Ci e anch’esso, alla ripresa dopo il debutto modenese a Vie dei Festival e alcune date sarà al Ravenna Festival. Una piéce a suo tempo importante per la sua stessa autrice, Julie Ann Anzilotti – a lungo l’anima più estrosa e teatrale di Parco Butterfly ( fondata insieme a Virgilio Sieni e Roberta Gelpi) proprio per la sua svolta squisitamente coreutica, affidata alla logica del movimento, strutturato tra tecnica ed espressione, in cui un rigore formale omogeneizzava influenze varie ( dalla modern storica al neoclassicismo strutturalista di Nijinska – nel magnetico solo iniziale dell’infuocato Spirito del Male)- non senza chiari echi di culture d’oriente.

Creato nel 1993 sulla scena del Teatro Ponchielli di Cremona Erodiade parte da un frammento poetico di Stephane Mallarmé ispirato alla vicenda di Salomé ( che qui prende il nome di sua madre Herodias, appunto), icona di una sensualità misteriosa e fatale eternata in epoca moderna dal capolavoro di Wilde. Erotismo, misticismo e sacrifizio i cardini su cui si erge il mito della Belle dame sans merci, ignara del suo potere e ingorda di sensi, che qui si incarnano in personaggi simbolici, forze che spingono e travagliano l’anima della giovane.

Ma fatto non trascurabile, il mito arriva all’Anzillotti, dalla coreografia firmata nel ’44 da Martha Graham su musiche originali di Paul Hindemith e set di Isamu Noguchi. E così ben facendo l’autrice toscana ricorda devotamente l’autorevole riferimento, specie nel vocabolario coreografico terrigno, vigoroso, aguzzo della nutrice, figura che vigila sul travaglio della fanciulla divisa tra attrazione del male e anelito alla salvezza, oltre che nell’utilizzo di oggetti simbolici che diventano strumenti drammatici per delineare gli snodi emozionali del lavoro ( come lo specchio in cui di tanto in tanto la protagonista si scruta).

Omaggi e reminiscenze che spiccano anche nell’importante allestimento grazie ai costumi essenziali e dai colori decisi di Loretta Mugnai, e soprattutto alle scene di Alighiero e Boetti, il celebrato artista visivo che regala allo spettacolo la sua cifra severa e essenziale, dai segni arcaici che in qualche modo cattura lo stesso spirito ‘primitistico’ di Noguchi. Il suo fondale chiaro a soffietto dominato da un cerchio rosso, la striscia sempre rossa che attraversa il palco rimandano al sangue e alla passione insensata che ottenebra la mente della protagonista, ossessionata dallo Spirito del Male.

Nessun elemento sovrasta comunque l’altro: c’è equilibrio tra apporto visivo, parola ( la voce di Gabriella Bartolomei distilla i versi di Mallarmé) e una coreografia razionalmente concepita tra riferimenti stilistici chiarissimi ( appunto la Graham o la Nijinska) e l’esigenza di narrare con quell’inconfondibile senso della liturgia teatrale – lenta, solenne, misteriosa nella gestualità nobile, chiaro riferimento all’arte, sia occidentale che orientale- tipica del nuovo teatro anni ’80. E proprio per questa specificità stilistica la pièce resiste al tempo, e resisterà se i suoi interpreti riusciranno quanto più possibile dare maggior consapevolezza ai loro gesti e alle loro presenze in scena.

Visto al Teatro Guglielmi di Massa il 25 novembre 2017

foto Marco Caselli Nimal