La misura del Mozart di Mario Martone

Non è così automatico che un regista di teatro o di cinema sappia calarsi nel melodramma cogliendone la particolarità del linguaggio e dell’espressione che per forza di cosa restano strettamente dipendenti dalla musica. L’intelligenza del regista è nel mettersi a servizio del compositore e nel creare uno spettacolo in armonia con i tempi, le intensità, i colori suggeriti dalla musica, dal canto e naturalmente dal librettoDavide Annachini

L’elemento di maggior interesse delle Nozze di Figaro andate in scena al Teatro Filarmonico di Verona era senz’altro lo spettacolo di Mario Martone, firmato nel 2006 per il San Carlo di Napoli ma tuttora esempio di messinscena mozartiana a cui guardare. Nell’arco di una ventina d’anni, iniziati proprio nel nome di Mozart con il Così fan tutte a fianco di Claudio Abbado, Martone ha avuto modo di misurarsi frequentemente con il teatro d’opera, cogliendo risultati spesso felicissimi, dalle sue regie rossiniane a Pesaro per arrivare sino al recente Chénier scaligero. Non è così automatico che un regista di teatro o di cinema sappia calarsi nel melodramma cogliendone la particolarità del linguaggio e dell’espressione che per forza di cosa restano strettamente dipendenti dalla musica; il più delle volte si può assistere alla prevaricazione di un’idea registica che relega la partitura a mo’ di sottofondo musicale completamente scollato da ciò che si vede in scena. L’intelligenza di Martone in questo caso sta nel mettersi a servizio del compositore e nel creare uno spettacolo in armonia con i tempi, le intensità, i colori suggeriti dalla musica, dal canto e naturalmente dal libretto. Per alcuni potrà sembrare una deminutio, per altri invece la consapevolezza – scelta senza dubbio più difficile – di quanto la figura del regista in un’opera abbia il compito di “tradurre” e non di sostituirsi all’autore, in una smania di egocentrismo che fa perdere di vista chi sia l’autentico protagonista della situazione.

Con queste Nozze (riprese da Raffaele Di Florio) Martone ha dimostrato di rispondere perfettamente alla commedia dapontiana quanto alle intenzioni di Mozart nel privilegiare un impianto scenico fisso (di Sergio Tramonti) ma allargato anche oltre la buca d’orchestra e con l’utilizzo della stessa sala, come già in altri suoi spettacoli. Questa asciuttezza scenografica, esaltata però dai bei costumi di Ursula Patzak, dalle luci di Pasquale Mari (riprese da Fiammetta Baldiserri) e dalle coreografie di Anna Redi, ha dato modo di porre in primo piano la recitazione e soprattutto i caratteri dei diversi personaggi, in un dialogo ravvicinato con il pubblico che ha funzionato benissimo ai fini teatrali, anche grazie a una cura attentissima quanto apparentemente spontanea della recitazione.

Ha risposto perfettamente a questa impostazione un cast di giovani ma bravissimi interpreti, in particolare da parte delle due coppie protagonistiche. Da un lato il Figaro ottimamente cantato, musicale e disinvolto di Gabriele Sagona insieme alla Susanna deliziosa ma mai manierata di Ekaterina Bakanova, di bella linea vocale e ottima dizione, dall’altro la Contessa di Francesca Sassu, dalla voce penetrante e dalla raffinata cifra stilistica oltre che dal portamento aristocratico, insieme al Conte di Christian Senn, attentamente bilanciato tra nobile distacco e smania libertina, con un pregevole controllo del canto. Molto disinvolto il Cherubino di Aya Wakizono – al punto da gettarsi, nelle sue innumerevoli fughe, invece che dalla finestra direttamente nella fossa orchestrale – anche se un po’ appannato nella dizione piuttosto impenetrabile e nell’emissione tendenzialmente ingolata. Molto convincente la Barbarina intrigante e pungente di Francesca Paola Geretto (che Martone ha voluto colorare nella sua pittoresca aria come in preda a un eccesso alcolico) insieme a due veterani della caratterizzazione quali Bruno Praticò (Bartolo) e Bruno Lazzaretti (Basilio). Paolo Antognetti (Don Curzio), Lara Lagni (Barbarina) e Dario Giorgelé (Antonio) completavano onorevolmente il cast sotto la direzione di Sesto Quatrini, brillante, dai tempi incalzanti e talvolta precipitosi, ma ben misurata sui ritmi della narrazione e in grado di ottenere il meglio dall’orchestra e dal coro areniani.

Successo molto caloroso da parte di un pubblico partecipe e divertito, presente numeroso nella sala del Bibiena.

Visto il 31 marzo al Teatro Filarmonico di Verona. Repliche fino all’8 aprile 2018. Foto Ennevi

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Le nozze di Figaro
Commedia per musica in quattro atti di Wolfgang Amadeus Mozart
Libretto di Lorenzo da ponte

CONTE DI ALMAVIVAv Christian Senn
CONTESSA DI ALMAVIVA Francesca Sassu
SUSANNAvEkaterina Bakanova (31/03, 5/04); Hasmik Torosyan (3, 8/04)
FIGARO Gabriele Sagona (31/03, 5/04); Riccardo Fassi (3, 8/04)
CHERUBINO Aya Wakizono (31/03, 5/04); Raffaella Lupinacci (3, 8/04)
MARCELLINA Francesca Paola Geretto
BARTOLO Bruno Praticò
BASILIO Bruno Lazzaretti
DON CURZIOvPaolo Antognetti
BARBARINA Lara Lagni
ANTONIO Dario Giorgelè

Direttore d’orchestra Sesto Quatrini
Regia Mario Martone ripresa da Raffaele Di Florio
Scene Sergio Tramonti
Costumi Ursula Patzak
Coreografia Anna Redi
Lighting Design Pasquale Mari ripreso da Fiammetta Baldiserri
Maestro del Coro Vito Lombardi
Orchestra, Coro, Ballo e Tecnici dell’Arena di Verona
Allestimento del Teatro San Carlo di Napoli