Carmen all’Arena: meno spettacolarità e più regia

Esordio della neosovrintendente Cecilia Gasdia baciato dal successo grazie all’allestimento ideato e diretto da Ugo de Hana, correttamente guidato dalla bacchetta di Francesco Ivan Ciampa e dal buon cast sonoro, con la Micaela di Mariangela Sicilia migliore in campoDavide Annachini


Per l’inaugurazione della novantaseiesima edizione del festival lirico l’Arena di Verona ha messo molta carne al fuoco: la neosovrintendente Cecilia Gasdia si è guadagnata per prima la scena – che la vide protagonista nel passato come soprano – per fare gli onori di casa, omaggiare il Presidente Mattarella con la lettura del suo messaggio augurale, unito all’esecuzione dell’Inno di Mameli, ricordare il mezzo secolo dalla scomparsa di Tullio Serafin, storico maestro a cui si deve l’avvio nel 1913 della tradizione operistica in Arena e la scoperta di talenti leggendari, Maria Callas in primis. A conclusione, la scelta di deporre su una poltrona vuota di platea un mazzo di trentadue rose, pari al numero di femminicidi sinora consumatisi nel 2018 e di vittime a cui era dedicata l’opera inaugurale Carmen, che per l’appunto di femminicidio parla. Un inedito e lungo cerimoniale, dalle encomiabili intenzioni simboliche, che ha posticipato di non poco un’esecuzione già seriamente minacciata da un tempo quanto mai volubile nelle brevi precipitazioni e nelle gelide folate di vento.

Alla fine l’opera di Bizet ha preso il via, nel nuovo allestimento di stagione, che vedeva il ritorno a Verona di un grande maestro della messinscena lirica come Hugo de Ana. Come sempre artefice in toto dello spettacolo, il regista argentino è noto per il gusto sfarzoso ed estetizzante ma anche per la capacità di non offrire mai una lettura scontata quanto invece originale e rispettosa della musica. Già una sua Carmen a Treviso e a Genova aveva colpito molto tempo fa per la posposizione di un secolo della vicenda, agli anni Trenta della guerra civile spagnola, con un’ambientazione cupa e tragica che riusciva ad evocare gli orrori dell’ultimo Goya quanto quelli del Picasso di Guernica. Una messinscena asciutta e cruda ma che tornava a meraviglia nel restituire la cifra di una Carmen cinica e lontana dal chiassoso folclore di tradizione.

Per l’Arena de Ana ha riproposto la stessa chiave di lettura, a suo avviso intonata a inquadrare un preciso momento storico della Spagna, in cui prima dell’affermarsi del regime di Franco le donne godevano di una certa indipendenza e libertà d’azione, misurandosi alla pari con gli uomini. Scelta interessante e alternativa alle Carmen di tradizione, tutte mantiglie, nacchere e ventagli e che trasportava l’azione tra camionette e jeep arrugginite, campi dai recinti metallici, sedie e cassette di legno da osteria. Scarsissimo uso del colore, quasi a restituire le tonalità sbiadite di una foto ingiallita, e prevalente uso di proiezioni (a cura di Sergio Metalli) che sfruttavano la cavea delle gradinate romane come schermo su cui dare immagine alle vere e proprie scenografie. Costumi dimessi ma attentamente stilizzati, coreografie misurate (di Leda Lojodice), luci fondamentali (di Paolo Mazzon) facevano da corredo ad un allestimento rigoroso quanto spoglio, che doveva fare solo i conti con lo spazio immenso e con l’attesa di una certa spettacolarità, comunque imprescindibili in un teatro imponente come l’Arena. Forse proprio nel misurarsi con le lontananze sconfinate l’impatto di questa regia è risultato in parte diluito e smorzato, faticando a trasformare la sobrietà in forza espressiva come certo minimalismo in teatralità travolgente.

Anche la componente musicale si lasciava ammirare più per la correttezza che per il coinvolgimento, in particolare per la direzione di Francesco Ivan Ciampa, apprezzabile a livello esecutivo ma piuttosto adagiata nei tempi, che delineavano una Carmen più lirica che sanguigna, scelta legittima ma spinta forse un po’ troppo a senso unico. Buono nel complesso il cast: Anna Goryachova è stata una Carmen dalla bella figura, di notevole incisività scenica, di intensa vocalità mezzosopranile, solo un po’ soffocata nell’emissione, che talvolta faticava ad espandersi nella vastità areniana; Brian Jagde ha offerto a Don José prestanza e squillo, dimostrando comunque di saper modulare la sua bella voce di tenore con mezzevoci e falsettoni in perfetto stile francese; Alexander Vinogradov ha risolto la parte di Escamillo più professionalmente che con autorevolezza mentre Mariangela Sicilia è stata la migliore in campo, nel delineare una Micaela smaliziata e disinvolta – soprattutto nell’inforcare la bicicletta, secondo le indicazioni della regia, come una postina di guerra – quanto soprattutto risolta nel canto, delicatamente sfumato e sicurissimo. Brave la Frasquita e la Mercédès di Ruth Iniesta e Arina Alexeeva, ancor meglio il Dancairo e il Remendado di Davide Fersini ed Enrico Casari, validi lo Zuniga di Luca Dall’Amico e il Moralès di Biagio Pizzuti. Molto positive le prestazioni dell’orchestra, del coro, del ballo areniani, insieme alle Voci bianche A.LI.VE.

Arena affollatissima e festosa, che, salvo qualche defezione, ha fatto le ore piccole per applaudire tutti i protagonisti di questo fortunato varo di stagione.

Visto all’Arena di Verona il 22 giugno 2018. Repliche fino all’11 luglio 2018. ©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona.

CARMEN
Opéra-comique in quattro atti
Libretto di Ludovic Halévy – Henri Meilhac
Musica di Georges Bizet

Carmen Anna Goryachova (22, 29/6 – 11, 17, 21/7 – 3, 9/8); Carmen Topciu (6/7, 22, 25, 28, 31/8); Ksenia Dudnikova (12/8)
Micaela Mariangela Sicilia (22, 29/6 – 6, 11/7); Ruth Iniesta (17/7); Serena Gamberoni (21/7 – 3, 9, 12/8); Eleonora Buratto (22, 25, 28, 31/8)
Frasquita Ruth Iniesta (22, 29/6 – 6, 11, 21/7 – 3, 9/8); Barbara Massaro (17/7 – 12, 22, 25, 28, 31/8)
Mercédès Arina Alexeeva (22, 29/6 – 6, 11, 17, 21/7 – 3, 9/8); Clarissa Leonardi (12, 22, 25, 28, 31/8)
Don José Brian Jagde (22, 29/6 – 25, 28, 31/8); Marcelo Puente (6, 11, 17/7); Francesco Meli (21/7 – 3, 9, 12/8); Luciano Ganci (22/8)
Escamillo Alexander Vinogradov (22, 29/6 – 6, 11, 17, 21/7 – 3/8); Erwin Schrott (9, 12, 22, 25/8); Alberto Gazale (28, 31/8)
Dancairo Davide Fersini (22, 29/6 – 6, 11, 17, 21/7 – 3, 9, 12, 22/8); Biagio Pizzuti (25, 28, 31/8)
Remendado Enrico Casari (22, 29/6 – 6, 11, 17, 21/7); Roberto Covatta (3, 9, 12, 22, 25, 28, 31/8)
Zuniga Luca Dall’Amico (22, 29/6 – 9, 12, 22, 25, 28, 31/8); Gianluca Breda (6, 11, 17, 21/7 – 3/8)
Moralès Biagio Pizzuti (22/6 – 21/7 – 3, 9, 12, 22/8); Gocha Abuladze (29/6 – 6, 11, 17/7 – 25, 28, 31/8)

Direttore d’Orchestra Francesco Ivan Ciampa
Regia, Scene e Costumi Hugo de Ana
Coreografia Leda Lojodice
Lighting design Paolo Mazzon
Projection design Sergio Metalli
Maestro del Coro Vito Lombardi

Orchestra, Coro, Ballo e Tecnici dell’Arena di Verona
Coro di Voci bianche A.LI.VE. diretto da Paolo Facincani
Nuovo allestimento della Fondazione Arena di Verona