Successo per il Nabucco risorgimentale dell’Arena

In un anfiteatro riarso dai bollori estivi è andato in scena il Nabucco di Verdi, opera inaugurale del 95° Opera Festival dell’Arena di Verona e unico nuovo allestimento della stagione 2017, che giustamente in epoca di commissariamento ripropone per le successive Aida, Rigoletto, Tosca e Butterfly messinscene già ampiamente collaudateDavide Annachini

Per i tempi correnti si è trattata di una produzione realizzata con tutti gli sforzi possibili, puntando ad una spettacolarità misurata ma pur sempre d’effetto (cosa che per la tradizione e gli spazi areniani è quasi un requisito imprescindibile) e ad un’esecuzione musicale dignitosa, che, dimenticate le grandi star che un tempo facevano tappa obbligata a Verona (ma ormai quali sono le star e quali i teatri italiani che se le possono permettere?), ha assicurato un livello apprezzabile a questa edizione.

Il regista francese Arnaud Bernard, ricordato a Verona per una Bohème e dei Capuleti e Montecchi particolarmente riusciti, ha scelto di trasportare Nabucco all’epoca della composizione, quindi in pieno clima risorgimentale, in una Milano quarantottesca dominata da una Scala ridotta a quartier generale degli austriaci e, in quanto Tempio della Lirica, sostitutiva del Tempio di Gerusalemme. Da qui anche la scelta di proporre parte della storia come teatro nel teatro, con la rappresentazione dello stesso Nabucco sulle tavole scaligere, l’esplosione patriottica del loggione contro gli invasori e Abigaille che da spettatrice assisteva alla sua morte in palcoscenico. Niente di nuovo sotto il sole, si dirà, tanto che le fin troppo esplicite citazioni a Senso di Visconti o al Nabucco risorgimentale di Ronconi, che quarant’anni fa fece gridare allo scandalo, sembravano acquisite come un dato di fatto. Che poi tutto sia filato sempre in maniera plausibile e chiara forse è cosa ardua da sostenere, soprattutto per un pubblico come quello areniano che di certo competente non è, al punto da applaudire spesso a sproposito, come sul pianissimo finale del “Va’ pensiero”, soffocato anche nell’inevitabile bis da urla addirittura mitteleuropee. E quindi, tra uno Zaccaria che da Gran Sacerdote si trasformava in un invasato Giuseppe Mazzini e Nabucco in una sorta di Francesco Giuseppe, lo spettacolo ha collezionato più suggestioni che letture rivelatrici, cercando la sua cifra in una recitazione sovreccitata – con gente che correva, si strattonava, si ammazzava senza tregua -, nelle sfilate di cavalli e carrozze e nell’effetto di colpi di cannoni e fucili, prudentemente preannunciati dallo speaker al fine di evitare il panico in un’Arena stracolma. Lo spettacolo come si è detto non è mancato – soprattutto quando la Scala bombardata è ruotata su se stessa, svelando il suo interno di ori e velluti rossi popolato di un pubblico tumultuoso – grazie innanzi tutto alla qualità impeccabile delle scene di Alessandro Camera, dei bellissimi costumi dello stesso Bernard, delle luci di Paolo Mazzon.

L’esecuzione era affidata a Daniel Oren, che di Nabucco è uno dei direttori più collaudati, specialmente in Arena. E la sua maestria nel condurre la narrazione, nel dare colori al fraseggio strumentale, nel respirare con il canto si è fatta ancora una volta apprezzare, ottenendo il meglio dall’orchestra e dal coro (preparato da Vito Lombardi) ma soprattutto da una compagnia di canto – prevalentemente dell’Est – tutta da verificare. E se da un lato il Nabucco di George Gagnidze, ha mostrato un canto vibrante e ben modulato anche nei piani, intonato a restituire l’autorità e l’intensità del primo grande ruolo baritonale di Verdi, dall’altro lo Zaccaria di Stanislav Trofimov ha prestato il fianco nel registro acuto, in una certa ruvidezza timbrica e in un’emissione non sempre a fuoco. La giunonica Abigaille di Tatiana Melnychenko ha messo in luce una vocalità ampia e duttile, vibrante sugli acuti (anche se sempre fissa al momento di affrontare i numerosissimi do di cui è costellata la parte) e talvolta portata a slittare nel parlato in zona grave, come nell’impervia cabaletta. Timbricamente interessante la Fenena di Carmen Topciu, affaticato invece l’Ismaele di Walter Fraccaro e molto valide le parti minori, affidate a Romano Dal Zovo (Gran Sacerdote di Belo), Paolo Antognetti (Abdallo), Madina Karbeli (Anna).

Successo vivissimo, augurale per una stagione ricca e lunga, che si spera possa contare su un’affluenza altrettanto numerosa per tutte le recite e per la riabilitazione economica della Fondazione.

Visto il 23 giugno all’Arena di Verona. In replica fino al 26 agosto 2017. ©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

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NABUCCO
Dramma lirico in quattro atti
Libretto di Temistocle Solera
Musica di Giuseppe Verdi

NABUCCO George Gagnidze (23, 29/6 – 7/7); Leonardo Lòpez Linares (12, 15, 18/7 – 4/8); Boris Statsenko (9, 12, 18/8); Sebastian Catana (23, 26/8)
ISMAELE Walter Fraccaro (23, 29/6 – 7/7); Mikheil Sheshaberidze (12, 15, 18/7 – 4, 9/8 ); Rubens Pelizzari (12, 18, 23, 26/8)
ZACCARIA Stanislav Trofimov (23, 29/6 – 7/7 – 23, 26/8); Rafał Siwek (12, 15, 18/7); In-Sung Sim (4, 9, 12, 18/8)
ABIGAILLE Tatiana Melnychenko (23, 29/6 – 7/7); Rebeka Lokar (12, 15, 18/7); Anna Pirozzi (4, 9, 12/8 ); Susanna Branchini (18, 23, 26/8)
FENENA Carmen Topciu (23, 29/6 – 7, 12/7 – 4/8); Anna Malavasi (15, 18/7); Nino Surguladze (9, 12, 18, 23, 26/8)
GRAN SACERDOTE DI BELO Romano Dal Zovo (23, 29/6 – 7, 12, 15, 18/7); Nicolò Ceriani (4, 9, 12, 18, 23, 26/8)
ABDALLO Paolo Antognetti (23, 29/6 – 7/7 – 18, 23, 26/8); Cristiano Olivieri (12, 15, 18/7 – 4, 9, 12/8)
ANNA Madina Karbeli (23, 29/6 – 7, 12, 15, 18/7 – 4/8); Elena Borin (9, 12, 18, 23, 26/8)

Direttore d’Orchestra Daniel Oren (23, 29/6 – 7/7 – 4, 12, 18, 23, 26/8); Jordi Bernàcer (12, 15, 18/7 – 9/8)
Regia e costumi Arnaud Bernard
Scene Alessandro Camera
Lighting Designer Paolo Mazzon
Maestro del Coro Vito Lombardi

Nuovo allestimento della Fondazione Arena di Verona
Orchestra, Coro e Tecnici dell’Arena di Verona