Nabucco

Nabucco chiude in bellezza il Festival Verdi di Parma

Dotato di una identità ben connotata, il festival verdiano ha fatto il tutto esaurito con il “Nabucco” diretto da Ricci/Forte, capaci di dare all’allestimento una linea interpretativa coerente e per lo più intrigante proiettata nel futuro. Eccellente la componente musicale, con l’emergente baritono Amartuvshin Enkhbat e Saioa Hernandez in evidenzaDavide Annachini


Il Festival Verdi di Parma è una realtà che negli ultimi anni ha consolidato una sua identità ben precisa, puntata a richiamare presenze sempre più interessanti a livello vocale e registico, sedi alternative allo storico Regio e al Verdi di Busseto (dopo lo splendido Teatro Farnese, quest’anno è stata la volta della Chiesa di San Francesco del Prato, riabilitata a spazio musicale) e soprattutto a coinvolgere il territorio con un calendario fittissimo di appuntamenti extra-teatrali che va sotto il nome di “Verdi off”. Ovviamente in primis è il repertorio ad avere la massima attenzione, soprattutto nel caso del Verdi meno noto, com’è stato per Le Trouvère dell’anno scorso e per il Macbeth, anch’esso nella versione francese, annunciato per il Festival 2020, che vedrà ancora in cartellone i Lombardi, Rigoletto ed Ernani.

Dei titoli di quest’anno – I due Foscari, Aida, Luisa Miller, Nabucco – è stato quest’ultimo a raccogliere i maggiori riscontri, soprattutto quanto a incassi, facendo praticamente il tutto esaurito ad ogni recita e raccogliendo d’altro lato gli esiti più contrastanti quanto a consensi.

Al di là dell’eccellente componente musicale, è stato lo spettacolo a risvegliare il famoso spirito caustico del pubblico parmigiano, che all’ultima recita non ha mancato di puntualizzare alcuni momenti – soprattutto durante gli interventi mimici inseriti dalla regia tra un atto e l’altro – con ironia pungente e scoppi di ilarità di tipica coloritura emiliana. Detto questo, lo spettacolo firmato dalla coppia Ricci/Forte (scene di Nicolas Bovey, costumi di Gianluca Sbicca, luci di Alessandro Carletti, coreografie di Marta Bevilacqua) mostrava comunque una linea interpretativa coerente e per lo più intrigante nel proiettare la vicenda in un futuro 2046, quando un’umanità sempre più alla deriva torna ad essere vittima, terrorizzata ed impotente, del dittatore di turno, che si chiami Nabucco o Abigaille poco cambia. La realtà si consuma con spietata indifferenza in un’ambientazione claustrofobica, non tanto per la dimensione degli spazi quanto per un’atmosfera da sommergibile in cui il potere confina il popolo sottomesso, schedato e umiliato come in un campo di prigionia, mentre al tempo stesso usa in modo compiacente e autoreferenziale i media, quale propaganda di regime. E tra le opere d’arte trafugate e ammassate nella stiva della nave, il popolo, ugualmente ammassato e spogliato della sua dignità, intona il “Va’ pensiero” con lo stesso rimpianto struggente dei biblici ebrei.

Lasciando solo ai mimi la possibilità di agire, i protagonisti, irrigiditi in una ieraticità che in Verdi poteva sembrare un controsenso, si sono espressi quasi esclusivamente sul piano vocale, mettendo pienamente in luce il meglio di questa edizione. Risulta difficile al momento trovare baritono verdiano più completo dell’emergente Amartuvshin Enkhbat, dalla vocalità tale da rievocare una scuola di canto d’altri tempi per rotondità, proiezione, facilità di emissione, insieme a un colore molto bello (di pasta più italiana che mongola, si direbbe) e tutto uguale nell’estensione, che nel canto a mezzavoce raggiunge quella dolcezza intima e toccante desiderata da Verdi, cultore come nessun altro del timbro baritonale. Se si pensa che in un teatro come la Scala per i grandi ruoli verdiani si deve ancora fare affidamento a baritoni gloriosi quanto vetusti, c’è da chiedersi cosa manchi a Enkhbat per diventare un numero uno a livello internazionale, se solo saprà adeguare la sua presenza scenica alla statura superba della sua vocalità. I difficili, ma smaliziatissimi, loggionisti del Regio l’hanno capito immediatamente e gli hanno tributato un trionfo che sapeva di consacrazione. E grandissimo successo ha riscosso anche Saioa Hernandez, che, scoperta proprio nei teatri emiliani, è in un anno diventata ospite fissa del teatro milanese, dove dall’Attila inaugurale dell’anno scorso ora tornerà per ben tre produzioni. Questa sua Abigaille era per molti aspetti diretta conseguenza della sua fortunata Odabella scaligera, nell’evidenziare una vocalità possente e impavida, capace di sbaragliare le insidie del primo Verdi con una franchezza sorprendente. D’altro lato, però, la tendenza a cantare a pieni polmoni lascia intravedere qualche tensione negli estremi acuti (i numerosi do erano meno smaglianti del solito), agilità non sempre definite e soprattutto una limitata varietà di colori che alla lunga potrebbero limitare le possibilità espressive di una cantante così dotata, sfruttata in un repertorio che non perdona. Di sicuro non ha potuto competere con l’impegnativo confronto di Michele Pertusi (interprete delle prime recite) lo Zaccaria di Rubén Amoretti, basso un po’ ruvido nell’emissione e impari, ma con dignità, in un ruolo come questo, mentre ottimi si sono rivelati Annalisa Stroppa, Fenena di bella e suggestiva vocalità, Ivan Magrì, Ismaele di luminosa espansione tenorile, Elisabetta Zizzo, validissima come Anna nel doppiare gli acuti delle altre cantanti durante i tumultuosi concertati, Gianluca Breda come Gran Sacerdote e Manuel Pierattelli come Abdallo.

L’esecuzione musicale era nelle mani di un direttore giovane ed esperto quale Francesco Ivan Ciampa, capace di imporre un ritmo vitalissimo e appassionato alla narrazione, con una consapevolezza del fraseggio verdiano ammirevole, tanto sul fronte dello slancio risorgimentale quanto sul versante patetico, dove la sua interpretazione sommessa e commossa del “Va’ pensiero” – con la Filarmonica Arturo Toscanini e il Coro del Teatro Regio (preparato da Martino Faggiani) in stato di grazia – è stata bissata non solo per la popolarità della musica quanto perché è stata una delle più emozionanti ascoltate negli ultimi anni.

Successo entusiastico, a suggello di un festival ancora una volta vincente.

Visto il 20 ottobre 2019 al Teatro Regio di Parma

Questo slideshow richiede JavaScript.

Nabucco
Dramma lirico in quattro parti su libretto di Temistocle Solera, dal dramma “Nabuchodonosor” di Auguste Anicet-Bourgeois e Francis Cornu e dal ballo “Nabuccodonosor” di Antonio Cortesi
Musica GIUSEPPE VERDI
Edizione critica a cura di Roger Parker
The University of Chicago Press, Chicago e Casa Ricordi, Milano

Nabucco – AMARTUVSHIN ENKHBAT
Ismaele – IVAN MAGRÌ
Zaccaria – MICHELE PERTUSI (29, 13) – RUBÉN AMORETTI (3, 20)
Abigaille – SAIOA HERNÁNDEZ
Fenena – ANNALISA STROPPA
Il Gran Sacerdote di Belo – GIANLUCA BREDA
Abdallo – MANUEL PIERATTELLI
Anna – ELISABETTA ZIZZO
Maestro concertatore e direttore – FRANCESCO IVAN CIAMPA

Progetto creativo RICCI/FORTE
Regia STEFANO RICCI
Scene NICOLAS BOVEY
Costumi GIANLUCA SBICCA
Luci ALESSANDRO CARLETTI
Coreografie MARTA BEVILACQUA

FILARMONICA ARTURO TOSCANINI
ORCHESTRA GIOVANILE DELLA VIA EMILIA
CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA

Maestro del coro MARTINO FAGGIANI

Assistente alla regia Liliana Laera; Assistente alle scene Eleonora De Leo; Assistente ai costumi Rossana Gea Cavallo; Direttore musicale di palcoscenico e altro maestro del coro Gianfranco Stortoni; Direttore di scena Tecla Gucci; Maestri di sala e di palcoscenico Claudio Cirelli, Dario Tondelli; Maestri di palcoscenico Anna Bosacchi Dang Anh Nga, Alberto Zanardi; Maestro alle luci Melissa Mastrolorenzi; Maestro ai sopratitoli Mirko Rizzi; Costumi Compagnia italiana della moda e del costume (Milano), Laboratorio di sartoria del Teatro Regio di Parma; Calzature C.T.C. (Milano); Attrezzeria Rancati (Cornaredo MI) Laboratorio di attrezzeria del Teatro Regio di Parma; Parrucche Audello Teatro (Torino); Trucco e parrucche a cura di Cinzia Costantino; Sopratitoli Teatro Regio di Parma; Responsabile di produzione Ilaria Pucci; Responsabile dei Servizi tecnici Andrea Borelli; Direttore di palcoscenico Giacomo Benamati; Scenografo realizzatore e consulente agli allestimenti scenici Franco Venturi; Responsabile macchinisti Giuseppe Caradente; Responsabile elettricisti Giorgio Valerio; Responsabile attrezzeria Monica Bocchi; Responsabile sartoria Giuseppe Panarello; Fonica Alessandro Marsico; Ispettore di palcoscenico Ettore Moni; Personale tecnico e di palcoscenico del Teatro Regio di Parma

Nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma
In coproduzione con Teatro nazionale croato di Zagabria
Spettacolo con sopratitoli in italiano e inglese