Andrée Ruth Shammah, mettendo in scena di nuovo, dopo decenni, “I promessi sposi alla prova” di Giovanni Testori, credo abbia voluto fare i conti con se stessa, con i traguardi raggiunti ma anche con quelli che, come capita a tutti, ci sono sfuggiti di mano per un soffio – Maria Grazia Gregori
Ho l’impressione che Andrée Ruth Shammah, mettendo in scena di nuovo, dopo decenni, I promessi sposi alla prova di Giovanni Testori, nel momento della sua vita in cui – come dice Shakespeare – “la maturità è tutto”, abbia voluto fare i conti con se stessa, con i traguardi raggiunti ma anche con quelli che, come capita a tutti, ci sono sfuggiti di mano per un soffio. Sì, mi piace pensare a questo spettacolo come a un bilancio dove ci si voglia fermare, confrontare per capire quale sarà la nuova strada da percorrere. Del resto, nella vita della regista questo testo la pone, di nuovo, di fronte alle persone che più hanno contato, non solo teatralmente, per lei: Giovani Testori e Franco Parenti che, insieme a lei, con un coraggio pari alla sfida, decisero di camminare insieme per un lungo periodo fondando il Pierlombardo, da anni ormai per Milano “il” Franco Parenti.
Certo tutto da allora è cambiato a cominciare dalle scelte di Andrée anche se sempre si sono mosse nel solco di un teatro che ha a che fare con la parola e, spesso, con la poesia e, del resto, non c’è regista che non si sia confrontato, in momenti diversi, con uno stesso spettacolo e uno stesso autore. Dunque eccoci oggi, nell’ambito di un progetto a lui dedicato, a risentire le parole di Testori, il suo linguaggio talvolta spericolato nello spazio di Gianmaurizio Fercioni quasi una fuga di quinte bianche che dilata il palcoscenico verso l’alto, con aperture ai lati e che possono trasformarsi in una sacrestia, nel salone di un palazzo perché quello che poi in definitiva rappresenta è un palcoscenico che non ha filtri nella sua semplicità. Qui si rappresentano dunque “I promessi sposi”, quelli del Manzoni, ma rivisti da Testori che intitolerà il testo I promessi sposi alla prova con l’intento di portarlo giù dall’empireo delle scuole e dei grandi letterati e con linguaggi e comportamenti nuovi, renderlo più vicino alla gente comune. Un linguaggio, insomma, che doveva assai più del suo modello rispecchiare la piccola, modesta gente prevaricata dai nobili e dalla loro violenza.
Si gioca anche un po’ su questo testo fin dall’inizio quando il maestro che poi sarebbe il regista si sforza di fare capire ai suoi attori come vada detto uno dei più famosi incipit della nostra letteratura “quel ramo del lago di Como” e come, letteralmente, essi si “arrampichino” nelle difficoltà per soddisfarlo, e “portare a casa” una piccola lode. Ovviamente il testo testoriano non si rifà passo per passo al romanzo, ma ne estrapola alcuni momenti significativi nel mostrare le ingiustizie dei potenti nei confronti dei poveracci, nella scelta della violenza per la violenza, nell’impossibile capacità di afferrare il proprio destino e di tenerselo stretto. Pur trattandosi di una rilettura molto personale, ma non traditrice dello spirito del Manzoni dunque I promessi sposi alla prova non dimenticano ovviamente Renzo e Lucia ma anche la madre di lei Agnese, la borbottante perpetua, Don Abbondio, don Rodrigo, quel meraviglioso personaggio che è l’Innominato, e, ovviamente lei, la monaca di Monza. Gertrude, costretta al convento da violente leggi famigliari, lei che come un essere diabolico appare dal basso quasi sfondando il piano del palcoscenico, fantasma vestito di nero, per raccontarci la sua tragica e criminale storia d’amore con il “Giampegidio”.
A dare vita a tutto questo c’è la verità del teatro, la sua capacità di farsi domande, anche con severità. C’è il passato (la voce di Franco Parenti – ci si commuove riascoltandola –) e c’è il presente, questi nuovi attori, e in mezzo, a fare da trait-d’union, c’è lei, la regista, che non ha avuto timore, ma coraggio e riconoscenza nel confrontarsi con un passato che le appartiene come a molti degli spettatori fra cui anche chi scrive. Ecco Carlina Torta che fa Agnese e Laura Pasetti una gustosa Perpetua. Più fragili i giovani attori da Filippo Lai (Renzo) a Nina Pons (Lucia) e Sebastiano Spada, un truce Don Rodrigo. Ecco, soprattutto, Luca Lazzareschi (nella foto, in scena con Laura Marinoni) che, in un vero e proprio tour de force, tiene bravamente le fila dello spettacolo, con barba e cappello come omaggio a Parenti e Laura Marinoni personaggio quasi pirandelliano che con dolore, ribellione e forte intensità ci racconta la storia della sua vita per poi risparire giù, nel fondo. Applausi per tutti anche a scena aperta.
Visto al Teatro Franco Parenti di Milano. Repliche fino al 7 aprile 2019. Foto di Noemi Ardesi
I Promessi sposi alla prova
di Giovanni Testori
adattamento e regia Andrée Ruth Shammah
con Luca Lazzareschi, Laura Marinoni e con Filippo Lai, Laura Pasetti, Nina Pons, Sebastiano Spada e la partecipazione di Carlina Torta.
scena Gianmaurizio Fercioni
costumi Andrée Ruth Shammah
luci Camilla Piccioni
musiche Michele Tadini e Paolo Ciarchi
aiuto regista Benedetta Frigerio
assistente alla regia Lorenzo Ponte
assistente allo spettacolo Diletta Ferruzzi
direttore dell’allestimento Alberto Accalai
pittore scenografo Santino Croci
assistente scenografa Olivia Fercioni
macchinista Marco Pirola
elettricista Domenico Ferrari
fonico Matteo Simonetta
sarta Caterina Airoldi
costumi scelti dal materiale di sartoria del Teatro curata da Simona Dondoni
scene costruite presso il laboratorio del Teatro Franco Parenti
foto di scena Noemi Ardesi
produzione Teatro Franco Parenti/Fondazione Teatro della Toscana
con il sostegno dell’Associazione Giovanni Testori