Ripensare Giselle fa tremare i polsi. Ma la lettura che ne fa Eugenio Scigliano per i giovanissimi dello Junior Balletto di Toscana si dimostra vincente e ci rende il senso universale di questa eterna leggenda di amore e morte, riuscendo a emozionare e commuovere.L’abbiamo visto al debutto assoluto – Silvia Poletti
Ripensare Giselle (1841) è una impresa da far tremare i polsi. Non solo e non tanto perché si tratta di un titolo amatissimo del repertorio, ma soprattutto perché si tratta dell’ “opera perfetta”, con una drammaturgia equilibratissima, che si trasforma in una coreografia ispirata ed evocativa (a firma Jules Perrot e Jean Coralli e la revisione di Marius Petipa) sostenuta – dato non trascurabile – da una partitura musicale suggestiva.
Dopo che poi Mats Ek, nel 1982, espunta ogni sua reverie romantica, ha riportato la vicenda del tradimento d’amore che può sconvolgere nella dimensione del reale e ha scritto la sua empatica parafrasi del classico con quell’umanità sommessa e profonda che contraddistingue le sue messe in danza (come si potrà vedere bene nelle rappresentazioni di Giselle del Lyon Opera Ballet in scena da giovedì 5 a sabato 7 dicembre al Regio di Torino) la strada di una rilettura che assuma una sua valenza assoluta senza sembrare presuntuosa o velleitaria si è fatta ancora più impervia.
Proprio per questo la nuova Giselle di Eugenio Scigliano, presentata in prima assoluta alTeatro Comunale di Vicenza dallo Junior Balletto di Toscana risulta essere nel suo “piccolo” un gioiello teatrale e coreografico che, oltre a confermare la sorprendente sensibilità interpretativa di una compagnia di danzatori italiani under 20, rivela molte cose del suo autore e ci fa intravedere felici promesse per il futuro.
In questa lettura del balletto, infatti, Scigliano decide di recuperare l’esprit melanconico e morbosamente erotico sottinteso nella drammaturgia immaginata per il balletto dal poeta Teophile Gautier, il quale, attratto dal mistero della morte e del sovrannaturale e intrigato dall’idea di un erotismo languido e mortifero, seducente fino all’annientamento, sicuramente ve ne trovò eco nel mito delle Wilis, le spose “non-morte” che danzano di notte e seducono mortalmente i viandanti.
Di questo mito intrigante, saggiamente il nuovo coreografo ha però scelto di mostrarci anche l’altra faccia: quella di una visione, verosimile, della condizione femminile dominata da rigide regole e necessità sociali imposte dall’allora nuova morale borghese, bisognosa di angeli al focolare, devoti e soffocati in ogni loro anelito di passione, per strutturare i nuovi imperi economici della rivoluzione industriale.
E dove allora, se non in collegio vittoriano, di quelli tramandatici da Charlotte Brönte, far iniziare la vicenda di questa fanciulla innocente, ben presto inconsapevole vittima del fascino del suo Precettore, che la seduce, condannandola così al disonore e alla morte ( nonché, forse, all’onirico riscatto, insieme alle altre demoniache umiliate e offese)? La scelta drammaturgica di Scigliano, per altro giusta visto l’età dei suoi giovanissimi interpreti, è di quelle che offrono una inesauribile fonte di rimandi tematici e quindi suggerimenti espressivi. E Scigliano li coglie tutti: dall’ambiguo rapporto sentimentale echeggiante misteriosi intrecci alla Henry James tra Precettore e Istitutrice (figura cardine della sua versione, che viene così a sintetizzare in una sola i quattro antagonisti di Giselle nella versione originale ), all’implacabile tormento di un amore oltre la morte, che fa pensare, per esempio, all’invocazione di Heathcliff sul cadavere di Catherine in Cime tempestose.
Ed è proprio questo mood insieme malinconico, inquieto e anche pieno di rimpianto ad ammantare tutto il lavoro e a impregnarlo di uno struggimento inesauribile, come inesauribile è la nostalgia, “l’amore che resta” quando qualcuno scompare, rendendolo intenso, emozionante e a tratti commovente. È attraverso la danza, i dettagli gestuali, la posizione nello spazio scenico, l’accuratezza dell’uso dello sguardo, che Scigliano ottiene questo effetto. La sua danza è nervosa, palpitante, guizzante di slanci, ma sa anche farsi ponderosa in gruppi che diventano delle invalicabili muraglie spettrali, o improvvisamente virare verso il minimalismo: si ferma su un abbraccio, su una mano che si protende all’infinito, su uno sguardo. Né si indulge sulla citazione stilistica all’originale, ma si cerca quanto più possibile, quasi crudamente, di restituire una verità gestuale di sapore espressionista ai personaggi: così le spose spettrali che riemergono dalle loro tombe strisciano a terra, non riescono ad elevarsi, a trovare l’antico peso e coordinazione; così la riprovazione del gruppo nei confronti della ragazza sedotta diventa un girotondo claustrofobico, che prima la respinge e poi soffoca; così Giselle nella scena della pazzia, sola , smarrita, angosciata, cerca di capire “fisicamente” il senso di annichilimento che la coglie, sdraiandosi a terra, a braccia aperte (in un gesto che sarà variamente ripetuto con evidente sottolineatura drammatica). Il naturalismo poetico, per così dire, di questa piéce, avvalorato anche dalla scelta di costumi realistici (grembiuli grigi e scarponcini nella prima parte, veri abiti da sposa vittoriani nella seconda, tutti a cura di Santi Rinciari) e dalle luci geometriche e taglienti di Carlo Cerri sembra insomma voler ribadire ogni distanza dall’effettismo, ma proprio per questo risultano ancor più amplificate emozionalmente certe intuizioni coreografiche davvero illuminate: la scena della seduzione, la scena della pazzia e – di tutta la seconda bellissima parte – lo struggente duetto tra Giselle e il suo amato, nel quale si intreccia per un ultimo momento il dialogo emozionale tra due mondi paralleli, tra due nostalgie che riescono a sfiorarsi per un attimo: quella eterna di Giselle , che pensa con struggimento all’amato e desidera ritornare a lui dall’altro mondo, e quella del precettore, che mantiene vivo il ricordo del suo sentimento.
Che questa Giselle sia per Scigliano l’avvio di un approfondimento del suo personale modo di creare un dancedrama? Vedremo. Intanto si avvia la tournée del titolo, applauditissimo alla prima vicentina, che consigliamo caldamente di non farsi scappare.
Giselle
Drammaturgia, regia e coreografia Eugenio Scigliano
musica Adophe Adam
luci Carlo Cerri in collaborazione con Andrea Narese
costumi Santi Rinciari
Balletto di Toscana Junior
Giselle Laura Massetti
L’Educatore Mirko De Campi
L’Istitutrice Giovanna Pagone
Visto a Vicenza, Teatro Comunale, 30 novembre 2013
Prossime date: Firenze, Teatro di Rifredi 6-8 dicembre; Carpi, Teatro Comunale 14 dicembre; Treviso, Teatro Comunale, 16 dicembre. Vedi anche Balletto di Toscana Junior