A Santarcangelo esplode come una bomba il nuovo lavoro dell’artista svedese, tra passi di storia della danza, karaoke, coreografie pop e pittura murale – Andrea Falcone
A volte, l’arte riesce a produrre un ritratto di ciò che è perduto. Accende una luce su frammenti di realtà che sono stati messi da parte, perché considerati inutili, o inattuali, dai singoli o da società intere. Induce a riflettere su quegli aspetti della vita che normalmente scivolano via, nella costante corsa di tutti al futuro, alla ricerca di ordine, costrutto, senso. Di fronte a opere del genere c’è poco da fare: puoi scegliere se entrarci o scappare via. Alcune volte questa scelta neanche si pone, tanto magnetiche sono le opere in questione. Questo è il caso di The Nature di Mårten Spångberg.
La Natura è, per l’artista svedese, l’aspetto delle forme del reale (che siano gesti, situazioni, oppure oggetti) senza badare al codice, alla funzione, che esse hanno nella comunicazione. Adattando questo pensiero a situazioni diverse, sviluppandone tutte le implicazioni insieme ai suoi performer, Spångberg ha realizzato più lavori, da Epic (2012), performance di otto ore, a Epic Redux (2014), entrambi co-prodotti dalla piattaforma svedese per la danza contemporanea MDT, passando per La Substance, presentato al MoMa di New York. Rispetto a questa traiettoria, il Festival di Santarcangelo si è saputo posizionare, per raccogliere il risultato più aggiornato di un grande sforzo pratico e teorico.
Dopo vent’anni d’insegnamento, direzione artistica di festival, creazione, Spångberg ha una visione radicale della danza e degli spazi che ne sono il contenitore. La scena, in The Nature, è una stanza dove la luce diurna entra liberamente e così le persone. Chi vuole si porta da bere o da mangiare. Si può scattare foto; i performer, del resto, posano volentieri. Questo disordine iniziale non segue l’idea popolare del reality, dove tutto è concesso e nulla accade. Al contrario.
Qual è allora la natura che prepotentemente rivive in scena, catturando lo spettatore? È quella del tempo perso, non finalizzato, della vacanza e della festa in casa (“pizza party” si legge su un cartone), il tempo dell’adolescenza in generale, intesa non come età biologica, ma come momento biografico dove le possibilità convivono, e i ruoli, i rapporti, sono come i pezzi cheap di un guardaroba, sovrapponibili e intercambiabili a piacere. È proprio un armadio del genere che sembra essere esploso sulla scena, in mezzo a palloni colorati, petardi, soft drink e vitamine. Gli oggetti, distribuiti con deliberata attenzione, concorrono a creare una scena di disordine “aumentato”, “ipernaturale”.
Altrettanto eclatante è la bravura dei cinque performer, che si muovono sulla superficie friabile delle cose, tra richiami a Cunningham e Balanchine, componendo lentamente quadri pop e neoclassici, nell’assoluta commistione di pose e atteggiamenti. Ogni volta che il cantante Yoann Durant, seduto in mezzo al pubblico, tra tazze di tè e un bollitore, tavolette di cioccolato e patatine, lancia una nuova canzone dal computer, i cinque tagliano lo spazio in soli e duetti, oppure si concentrano in languide composizioni di “contact” simili a mandala orientali.
Nessuna linea narrativa si distende in due ore e mezzo di azione, ma la danza, intesa come capacità espressiva, memoria formale spogliata di ogni enfasi, riaffiora continuamente, confermandosi sempre come “contemporanea”, viva nel momento, strumento effettivo di relazione e contatto tra corpi. Il suo alfabeto è frutto della semplice annotazione dei materiali coreografici più comuni in internet, dai passi di Rihanna e Christina Aguilera, a quelli di maestri del passato, senza fare distinguo, abbinamenti strumentali, imitazioni. Per questo l’esperienza è inenarrabile: della magnetica precisione di Sandra Lolax e Linda Blomqvist, dell’espressività di Ludvig Daae, dei meravigliosi duetti di Rebecka Stillman con quest’ultimo o con lo stesso Mårten Spångberg, o dell’incredibile volto di Hanna Strandberg, non rimane che una percezione acuta di straniamento, esaltazione, fascino sensuale. Lo spettacolo finisce come era iniziato, senza bisogno di giustificazioni. In un attimo un mondo scompare. D’altronde, è così che funziona The Nature, la natura.
Visto a Santarcangelo di Romagna, Hangar Bornaccino, nel contesto della 14.ma edizione del Festival Internazionale del Teatro di piazza
The Nature
Di e con Linda Blomqvist, Ludvig Daae, Yoann Durant, Sandra Lolax, Mårten Spångberg, Rebecka Stillman, Hanna Strandberg
Realizzato con il supporto di The Swedish Art Council, The Swedish Arts Grants Committee, Swedish Institute, Stockholm City Cultural Council
Reso possibile dalla collaborazione con MDT Stockholm e PAF
Co-prodotto da Santarcangelo •12 •13 •14 Festival Internazionale del Teatro in Piazza