La tempesta (im)perfetta di Meg Stuart a Fabbrica Europa

Dopo tre anni di assenza, Meg Stuart torna in Italia e presenta Violet, un’esperienza coreografica radicale, tra danza, musica e creazione condivisa – Andrea Falcone

Cinque corpi stravolti, in piedi o a terra, piegati da una forza irresistibile, che ne scuote gli arti e ne deforma i tratti, un urlo che s’impone sul basso sottofondo elettronico, percussioni che esplodono a ritmo forsennato, luci che oscillano d’intensità, vibrazioni che fanno tremare la gradinata del teatro: il pubblico non sa se reggersi alle sedie o correre a cercare riparo, per non esser travolto da quel che succede sul palco.

Quest’esplosione di energia non è il frutto di un incidente o di una catastrofe naturale, ma l’apice di Violet, un’operazione di composizione coreografica radicale che l’artista (americana di nascita e ora divisa tra Bruxelles e Berlino per lavoro) Meg Stuart ha realizzato con la sua compagnia Damaged Goods nel 2011, in prima nazionale a  Fabbrica Europa,a Firenze.

 Il culmine energetico, raggiunto dallo spettacolo a mezz’ora dal suo inizio, è il frutto del crescendo prodotto dai cinque danzatori nella ripetizione e nell’ampliamento di alcune semplici tracce gestuali, svolte singolarmente fin dal loro ingresso sul palco. A questi spunti iniziali (caratterizzati dall’uso espressivo degli arti superiori, del volto e delle mani) si aggiungono progressivamente gli spostamenti, le traiettorie, le cadute, le rotazioni e i salti che permettono alle diverse partiture di complicarsi, crescere in ampiezza e ritmo, intrecciarsi l’un l’altra.

 Il compositore Brendan Dougherty accompagna (e in un certo modo guida) l’intero processo, elaborando dal vivo una colonna sonora che trasforma le interferenze e i suoni sintetici, prodotti da una batteria e una chitarra elettrica, in un continuo e poderoso rumore di fondo, che rimanda al mare, al mormorio insistente delle onde, ai boati della tempesta e del tornado. Creata in un momento di sconvolgimenti di dimensione globale, la pièce prende spunto dalle più irrefrenabili forze della natura per interiorizzarne la pressione, l’andamento, la cieca vitalità, e comporre di fronte allo spettatore un paesaggio naturale fatto solo di corpi, movimento, musica.

 Con quest’idea, rafforzata dalla visione dell’opera dell’artista visivo belga Francis Alÿs “Tornado”, Meg Stuart ha lavorato insieme ai suoi danzatori per avvicinare materiali performativi diversi, nati da pratiche personali, e legarli in un disegno comune. In questa prospettiva, il gesto coreografico è stato semplificato, uniformato e trasmesso da corpo a corpo, reso più grande nella ripetizione, come fosse un esercizio. La drammaturgia disegna un arco temporale lungo, in cui la distensione segue il crescendo. In questo lento acquietarsi che finisce nel silenzio, l’urgenza espressiva dell’inizio viene meno, si precisano le relazioni tra i danzatori e aumenta la loro interazione, finché le forme coreografiche e le singole partiture si sciolgono in un lungo momento di “Contact”, prima di ridursi e sparire.

 Violet, la tempesta che Meg Stuart ha scatenato sui suoi giovani danzatori e sui loro spettatori, non è la tempesta perfetta. Ci sono dei limiti, imposti dall’utilizzo di un alfabeto coreografico ristretto, dalla scelta di non formalizzarlo, dall’immaginazione di uno svolgimento drammaturgico univoco e lungo, organico all’azione dei danzatori, ma non all’attenzione del pubblico. Ma queste scelte difficili generano elementi d’interesse, incisivi come lampi, nella libertà dei danzatori di realizzare con le proprie partiture discordanti momenti di armonia abbagliante, nella responsabilità che mantengono rispetto a un lavoro che si nutre del loro completo coinvolgimento.

 In un precario equilibrio tra scrittura e interpretazione, dopo vent’anni di progetti aperti e particolari, tra momenti di creazione condivisa, improvvisazione e collaborazione, Meg Stuart si conferma come una figura di riferimento per chi vuole fare danza oggi e per chi è interessato a vederla. Sarà per questo che, a tre anni dal suo debutto, Violet è stato incluso da Fabbrica Europa in una programmazione che guarda anche al passato, per isolare i segnali di un ricerca in grado di condizionare il futuro. Per chi vuole approfondire la conoscenza di Meg Stuart e Damaged Goods con un lavoro più recente, c’è anche la possibilità di vedere in scena direttamente l’autrice al Festival Internazionale di Danza Contemporanea della Biennale Danza di Venezia, il prossimo 28 giugno, col debutto italiano di Hunter.

Visto alla Stazione Leopolda di Firenze il 14 maggio 2014, nel contesto di Fabbrica Europa Festival

Violet
coreografia: Meg Stuart
creato con: Alexander Baczynski-Jenkins, Varinia Canto Vila,
Adam Linder, Kotomi Nishiwaki, Roger Sala Reyner
interpretato da  Marcio Kerber Canabarro, Varinia Canto Vila,
Renan Martins de Oliveira, Kotomi Nishiwaki, Roger Sala Reyner
musica live  Brendan Dougherty
drammaturgia  Myriam Van Imschoot
scenografia  Janina Audick
disegno luci  Jan Maertens
costumi  Nina Kroschinske