Fine dell’Europa

Rafael Spregelburd presenta a Genova lo spettacolo che conclude il percorso cominciato da “Furia avicola”. A Milano da vedere “Five easy pieces” di Milo Rau ed “Emilia” di Claudio Tolcachir, con Giulia Lazzarini. Nella Capitale, per Romaeuropa Festival, il nuovo spettacolo di Ascanio Celestini, “Pueblo”. Al via a Modena, Carpi, Vignola, la tredicesima edizione di Vie Festival. Con, tra gli altri, gli irlandesi Dead Center, Theodoros Terzopoulos, Danio Manfredini, Teatro Sotterraneo, Collettivo CineticoRenato Palazzi


Partendo da un suo corso tenuto nel 2012 a Udine per l’École des Maîtres, e dai tre bizzarri testi che ne erano nati, raccolti sotto il titolo comune Furia avicola, Rafael Spregelburd ha scritto e diretto Fine dell’Europa, lo spettacolo in scena fino a venerdì 20 al Teatro Duse di Genova, ad apertura della stagione dello Stabile. In questa coproduzione internazionale presentata in due serate (il 13 e il 14 si replica la prima parte, il 15 e il 19 lo spettacolo integrale, il 17, il 18, il 20 la sola seconda parte) l’autore argentino propone otto episodi per riflettere sulla fine dei confini, dell’arte, della nobiltà, della storia, e poi della sanità, della realtà, della famiglia e, appunto, dell’Europa.

Sabato 15 e domenica 16 al Teatro dell’Arte, ospite della Triennale e dell’associazione Zona K., arriva per la prima volta a Milano Milo Rau, il regista e giornalista svizzero che spinge all’estremo i tentativi – tipici del teatro di questi anni – di catturare direttamente la realtà in palcoscenico, scavalcando in vario modo la mediazione interpretativa. Five easy pieces, uno dei suoi spettacoli più emblematici, evoca un drammatico caso di cronaca nera – la storia del pedofilo e assassino belga Marc Detroux – affidando il compito di raccontare una vicenda rigorosamente destinata a un pubblico adulto a un gruppo di bambini di età compresa tra i 9 e i 13 anni.

Da sabato 14 a domenica 22, a Modena, Bologna, Carpi e Vignola, si svolge la tredicesima edizione di “Vie Festival”, l’importante rassegna internazionale ideata e organizzata da Emilia Romagna Teatro. Ad aprire il programma è Chekhov’s first play della compagnia irlandese Dead Center, che arriva per la prima volta in Italia: si tratta di una provocatoria rilettura metateatrale del Platonov di Cechov che il pubblico segue in cuffia ascoltando, oltre alle varie scene del testo, anche i commenti dei registi (il 14 e 15 al Teatro Comunale Pavarotti di Modena).
Sono poi da vedere Encore di Theodoros Terzopoulos (il 14 e 15 al Teatro delle Passioni di Modena), Luciano di Danio Manfredini (il 21 all’Arena del Sole di Bologna), Overload, il nuovo spettacolo del Teatro Sotterraneo (il 21 e 22 al Teatro delle Passioni di Modena) e tre creazioni della compagnia Cuocolo/Bosetti in vari luoghi di Bologna, dal 15 al 22. Sul fronte della danza, da segnalare almeno il riallestimento di Erodiade – fame di vento di Julie Ann Anzilotti (il 14 al Teatro Storchi di Modena) e Benvenuto Umano del Collettivo Cinetico, un connubio tra danza e arti circensi coreografato e diretto da Francesca Pennini (il 15 al Teatro Ermanno Fabbri di Vignola).

Emilia è un bel testo di Claudio Tolcachir in cui l’autore-regista argentino rappresenta, come è suo solito, un microcosmo famigliare sghembo, in cui tocca a una vecchia tata venuta in visita dopo anni di lontananza salvare il protagonista accusandosi di un crimine da lui commesso. Lo stesso Tolcachir, che lo aveva proposto anni fa con la sua compagnia di Buenos Aires, ne ha curato una versione italiana per il Teatro di Roma, che ha per protagonista d’eccezione Giulia Lazzarini, affiancata fra gli altri da Sergio Romano, Pia Lanciotti, Josafat Vagni, Paolo Mazzarelli. Lo spettacolo arriva da martedì 17 al Teatro Grassi di Milano.

Al Teatro Vittoria di Roma, per il festival Romaeuropa, da martedì 17 Ascanio Celestini presenta il suo nuovo lavoro, Pueblo, seconda parte di un trittico, iniziato con Laika, dedicato ai diseredati e agli sradicati dalla propria cultura e dai propri valori. Come nel precedente spettacolo, anche qui viene inquadrata un’umanità che vive alla periferia di tutto, della città, dell’informazione, delle nostre vite, e di cui ci si occupa solo quando diventano protagonisti o vittime di stupri, furti, omicidi. Sullo sfondo, un supermercato nel cui magazzino lavorano gli immigrati, un orfanotrofio gestito dalle suore, un tribunale nel quale si manifesta l’incerta presenza della giustizia e dello Stato.