Michele Santeramo e il regista Carmelo Rifici hanno ricomposto il romanzo resistenziale di Elio Vittorini attorno ad alcuni nodi drammaturgici e alla presenza-guida della città di Milano. Appassionata e niente affatto intimista la recitazione dei giovani attori neodiplomati. Un tram diviso in due azzeccata trovata scenica – Maria Grazia Gregori
Gorkij affermava in Nel fondo (forse più noto da noi come L’albergo dei poveri) facendo pronunciare l’affermazione a Satin, il personaggio positivo, che “tutto è nell’uomo”. Elio Vittorini nel romanzo Uomini e no sosteneva invece drasticamente che ci fosse una dicotomia insanabile fra l’essere uomo e dunque in grado di impegnarsi, dando anche la propria vita in nome della libertà mentre i fascisti e i nazisti erano non uomini, ma belve senza onore. Una riflessione, quest’ultima, che produce un dolore profondo, una richiesta ineludibile di giustizia e di umanità dopo tanta atrocità. Romanzo sul quale l’autore tornò più volte, Uomini e no è scritto proprio in quel 1944 in cui Vittorini aveva attivamente partecipato alla Resistenza con i suoi coraggiosi e necessari atti di eroismo, di amori e di passioni, di politica ma anche di vita quotidiana fra personaggi che sono coraggiosi uomini a metà non potendo pensare e ancor meno progettare la propria vita.
Protagonista accanto a questi Uomini e no è anche Milano, città madre e talvolta matrigna, in quell’inverno del 1944 mite come non ce n’erano stati da tempo visto che per trovarne uno simile bisognava riferirsi a quello del 1908. Milano, dunque con le sue piazze, con le sue case sventrate; Milano della banda Koch e di Villa Triste; Milano, la città dove la Repubblica di Salò e il fascismo esalarono l’ultimo respiro. Milano con i suoi tram e le sue biciclette, con le automobili, i tanks e Milano con i suoi viali dove prima pulsava la vita; la Milano del capitale e la Milano proletaria.
Il tram, ecco: mezzo di trasporto che si ritrova in molti romanzi e non solo della prima metà del Novecento. Anche nello spettacolo andato in scena al Piccolo Teatro Studio nel quale hanno debuttato alcuni allievi appena diplomati (e che andrà a Parigi invitato dell’Istituto italiano di Cultura), il tram, nella fattispecie il 27, non è solo un oggetto scenico ma nella scenografia di Paolo di Benedetto e nella regia di Carmelo Rifici diventa un vero e proprio personaggio onnipresente mescolandosi a quell’umanità variegata e inquieta che – rassegnata, ribelle, crudele – come in un coro greco commenta e analizza le situazioni e sembra che in tutto quel parlare di una vita tribolata, in quel guardarsi attorno inquieti, spesso si faccia largo il desiderio della tenerezza di una felicità semplice.
Porta Venezia, Largo Augusto, l’Hotel Regina, sede del comando tedesco, San Vittore, Corso Sempione dove Enne2, il protagonista vive… tutta la toponomastica della città viene usata dall’autore per raccontare il sibilo della frusta di Cane Nero, agguati, attentati, fucilazioni, eroismi, rappresaglie, voglia di riscatto. Il tram, simbolo di questa società, di questa vita pericolosa, occupa il centro dell’emiciclo del Teatro Studio: va avanti e indietro lungo i binari ed è un segno drammaturgico molto forte. Formato da due fiancate di tram aperte verso il pubblico e da una specie di pedana centrale si muove su e giù mentre di fronte a noi si apre una botola infernale dove si appare o si sparisce.
Romanzo non molto frequentato e si crede quasi sconosciuto alle nuove generazioni (ma basta andare a vedere lo spettacolo per rendersi conto che non è vero ), Uomini e no è stato riscritto e ridotto da Michele Santeramo in chiave teatrale piuttosto che adattato con l’intenzione di mantenere fissi alcuni nodi drammaturgici fondamentali: l’amore fra Enne2 e Berta – lui pronto a tutto, lei incapace di dirlo al marito, pur sapendo entrambi di non potere fare a meno uno dall’altro; le storie parallele di molti giovani donne e uomini; il quieto, quasi ingenuo eroismo di Giulaj e la sua terribile morte sbranato dai cani, la cui giovane moglie aspetta un figlio, impossibilitato a correre perché, per comodità, porta sempre le ciabatte; il giovane Figliodidio che adora gli animali ma uccide i cani del colonnello Clemm, il prototipo dell’aguzzino sanguinario, che gli sono stati affidati. E poi donne, vittime, strappate alla loro vita quotidiana e usate come oggetti di piacere. Le scelte di Santeramo si possono discutere ma a me pare che, sia pure riduttivo e con qualche libertà (ma molta di più ne aveva usata Valentino Orsini nel suo film del 1980), abbia comunque saputo tenere conto della particolare struttura del romanzo vittoriniano restituendoci un intreccio colmo di ansia dimostrativa e sentimento.
La regia di Carmelo Rifici non è certamente “quieta”: piuttosto si muove dentro una rete fitta di allarmi, di inquietudini nel confrontarsi – ancora una volta – con quello che a me pare il significato vero del suo lavoro teatrale in un continuo andare e venire fra realtà e astrazione, con una forte, poetica attenzione fra il desiderio di tenerezza e la impossibilità di raggiungerla, scegliendo alcuni attori fra quelli che si sono diplomati con lui, qualcuno impegnato in più di un ruolo (li cito tutti: Salvo Drago, Marta Malvestiti, Elena Rivoltini, Benedetto Patruno, Matteo Principi, Livia Rossi, Giuseppe Aceto, Sacha Trapetti, Yasmin Karam, Alessandro Bandini, Martina Sammarco, Francesco Sanrtagada, Alfonso De Vreese, Marco Risiglione, Caterina Filograno, Annapaola Trevenzuoli, Leda Kreider) che hanno seguito il loro regista con un impegno e un’adesione totale nella ricerca di una recitazione non intimista dove la parola è sottolineata dal modo di dirla e dove un’improvvisa inflessione dialettale può aprire un varco nell’astrazione e suggerirci ampi squarci dell’umanità spesso contraddittoria dei personaggi. Mi pare anche che la scelta di questo romanzo sia un omaggio a Milano così come credo pensasse per il suo romanzo anche Vitorini
Visto al Piccolo Teatro Studio di Milano. Repliche fino al 19 novembre 2017. Foto di Masiar Pasquali
Uomini e no
di Michele Santeramo
tratto dal romanzo “Uomini e no” di Elio Vittorini
regia Carmelo Rifici
scene Paolo Di Benedetto
luci Claudio De Pace
costumi Margherita Baldoni
musiche Zeno Gabaglio
con (in ordine alfabetico) Giuseppe Aceto, Alessandro Bandini, Alfonso De Vreese, Salvo Drago, Caterina Filograno, Yasmin Karam, Leda Kreider, Marta Malvestiti, Benedetto Patruno, Matteo Principi, Marco Risiglione, Elena Rivoltini, Livia Rossi, Martina Sammarco, Francesco Santagada, Sacha Trapletti, Annapaola Trevenzuoli
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa