La risposta che fornisce “Nachlass”, la straordinaria installazione dei Rimini Protokoll allestita a Milano, è di quelle che non si dimenticano. Colto e raffinato, Cesare Lievi torna a dirigere a Roma “Il giorno di Dio”, una riflessione sulla riforma protestante innescata dalle tesi di Martin Lutero mezzo millennio dopo la loro diffusione. Lo “strano mostro” di Corneille, “L’illusion comique”, è messo in scena a Torino da Fabrizio Falco, attore-regista di scuola ronconiana – Renato Palazzi
Da non perdere, al Teatro Studio Melato di Milano, fino a sabato 20 gennaio, Nachlass (foto), straordinaria installazione dei Rimini Protokoll che conduce il pubbblico – otto spettatori per volta – in otto stanzette nelle quali non vi sono attori, ma le voci registrate, i ricordi, gli oggetti di altrettante persone reali che riflettono sulla propria morte più o meno imminente: al centro delle loro parole c’è uno squassante confronto con l’idea della fine, del modo di accettarla o addirittura di cercarla attraverso forme di suicidio assistito, di ciò che resterà delle esperienze che hanno vissuto. Creatori di eventi ai confini fra teatro ed esistenza quotidiana, i Rimini Protokoll, un collettivo di registi tedeschi, sono per la prima volta ospiti di uno spazio istituzionale come il Piccolo Teatro: un’apertura significativa, che potrebbe stabilire un’utile cerniera tra certe ricerche europee più spiazzanti e avanzate e un pubblico ancora sostanzialmente legato a forme di teatro tradizionale.
Cesare Lievi, regista-autore colto e raffinato, molto attivo in Austria e Germania ma assente da tempo dai palcoscenici italiani, da venerdì 12 al Teatro Argentina di Roma propone un progetto impegnativo, Il giorno di un Dio, una riflessione su ciò che resta vivo e attuale del pensiero di Martin Lutero nel cinquecentesimo anniversario della pubblicazione delle sue celebri 95 tesi. Lo spettacolo, diviso in dodici frammenti scenici, nasce da una coproduzione internazionale fra il Teatro di Roma, Emilia Romagna Teatro e lo Stadttheater di Klagenfurt, ed è interpretato da quattro attori italiani e quattro tedeschi. Il tema è insolito, l’occasione può essere interessante.
Definito dall’autore stesso «uno strano mostro», L’illusion comique di Corneille è un testo anomalo, a metà fra commedia, tragedia e intrecccio romanzesco, un ambiguo gioco di specchi su un padre alla ricerca del figlio, che grazie a un mago può seguire da lontano le avventure del ragazzo fino ad assistere alla sua morte, per poi scoprire che egli fa l’attore e ciò che ha visto non era che pura finzione teatrale. Capolavoro della cultura barocca, raramente affrontato sulle nostre scene, ma celebrato in tutta la sua complessità da alcuni grandi allestimenti, come quello firmato a Parigi da Strehler alla metà degli anni Ottanta, il testo viene ora . realizzato da un giovane attore-regista di scuola ronconiana, Fabrizio Falco, che ne presenta una sua personale lettura in chiave metateatrale da martedì 16 al Teatro Gobetti di Torino.