Oedipus

Posto di fronte al testo sofocleo, Robert Wilson non rinuncia ad esercitare il suo stile registico inconfondibile mettendo in scena un eroe che cerca di dominare spazio e tempo, passato e futuro. Eroe e vittima allo stesso tempoMaria Grazia Gregori


Edipo di Robert “Bob” Wilson in scena al Teatro Olimpico di Vicenza è un lungo viaggio nel buio, illuminato talvolta da ghiacciati lampi di luce: è il viaggio verso la conoscenza, il senso di un destino che sembra lasciare tutto in sospeso, sempre con qualcosa di non detto e che, forse per questo, inquieta. Lo spazio dell’azione è delimitato da una striscia di luce mentre sul fondo, quasi fosse un oracolo che appare e sparisce, brilla una luce fortissima che acceca come spesso è cieca la nostra conoscenza che può illuminarsi all’improvviso e che ci rende pieni di paura ancor di più se come Edipo pensiamo di essere signori del nostro destino.

In questo spazio appaiono, di volta in volta, una serie di apparizioni – il narratore dai lunghi capelli bianchi, una donna che è poi l’unica in abiti moderni, anche lei una narratrice che si muove su e giù dalle scena e racconta i fatti ma visti in un altro modo rispetto al vecchio che narra il passato stando fuori, ai piedi del palcoscenico. Ruoli chiave carichi di significato, interpretati da due bravissimi attori: Mariano Rigillo, che abbiamo risentito con piacere, e Angela Winkler, per lungo tempo musa del teatro tedesco. Certo nella lettura di Wilson dell’Edipo tiranno di Sofocle le epoche si mescolano come sempre: la nudità dei corpi e le fogge dei costumi che citano il classico, il fascino dei movimenti lenti e ripetuti, la scelta di un andare e un venire in senso orizzontale, quel movimento lento in cui i personaggi di epoche diverse possono incontrarsi o perlomeno sfiorarsi.

Tutto ha origine in questa tragedia, come sappiamo, dalla maledetta profezia che ha accompagnato la nascita di Edipo a Tebe: ucciderà suo padre e giacerà con sua madre dando vita a una stirpe maledetta. Del resto lo statuario Edipo di Wilson che il regista ci rappresenta all’inizio in controluce, un po’ insicuro sui piedi a ricordarci la sua menomazione, ripete come un tormentone di avere ucciso un vecchio a un trivio, mentre si intrecciano voci fuori campo (che sono dello stesso Wilson, di Lydia Koniordou e Christopher Knowles) un’ossessione che lo perseguita e che sarà la sua rovina. Ma intanto i personaggi continuano ad andare e venire: una bambolotta di carne che assomiglia a una matrioska, un inaspettato suonatore di sassofono che lancia i suoi ritmi jazzistici, inquietanti esseri altissimi e regali, giovani seminudi che danzano, un vecchio che appare d’improvviso e che ritorna spesso e che potrebbe essere il pastore che salvò Edipo infante quando fu abbandonato dal padre perché non nuocesse alla città, per essere poi allevato a Corinto dalla coppia regale.

In questo andare e venire, in questo desiderio di potere, in questa paura di perderlo, in questa impotenza degli uomini a giocarsi il proprio destino che è già scritto, c’è tutto il senso di un’opera che ancora oggi ci inquieta e ci affascina.

Wilson, che alla prima è stato festeggiato dai suoi attori e dal pubblico per il suo compleanno, posto di fronte alla classicità, a un’opera che come poche contiene il senso tragico della vita, il desiderio di agire, continuamente frustrato dalla maledizione (sappiamo che Edipo è stata un buon re) si dimostra come sempre un maestro e non rinuncia alla peculiarità del suo sguardo, alla sua personale “way of theatre”, al suo affascinante gusto di mescolare parola, gesto e musica, che, alle volte, è più significativo di tante parole, di gettare i suoi personaggi nell’inquieto fluire di un tempo che sembra eterno. Anche il suo Edipo cerca di dominare spazio e tempo, passato e futuro. Eroe e vittima allo stesso tempo non gli resta che accecarsi e Wilson gli regala una sottile, poetica striscia nera sugli occhi che colpisce più di tanti tonitruanti e sanguinosi finali.

Visto al Teatro Olimpico di Vicenza per il 71° Ciclo di spettacoli classici

Oedipus
ideazione, scene, light design e regia: Robert Wilson
co-regista: Ann Christin Rommen
musiche originali: Dickie Landry e Kinan Azmeh
costumi: Carlos Soto
collaborazione alla scenografia: Annick Lavallée-Benny
collaborazione alle luci: Solomon Weisbard
drammaturgia: Konrad Kuhn
interpreti: Mariano Rigillo, Angela Winkler, Michalis Theophanous, Casilda Madrazo, Kayije Kagame, Alexis Fousekis, Dickie Landry
con la partecipazione di: Meg Harper, Laila Gozzi, Alessandro Anglani, Marcello di Giacomo, Gaetano Migliaccio, Francesco Roccasecca, Annabella Marotta, Francesca Gabucci
voci di: Robert Wilson, Lydia Koniordou, Christopher Knowles
assistente alla regia e direttore di scena: Sara Thaiz Bozano
sound designer: Dario Felli
programmazione e supervisione luci: Marcello Lumaca
make up: Manu Halligan
tecnico del suono: Marco Olivieri
direttore tecnico: Enrico Maso
capo macchinista: Adriano Pernigotti
sarta: Lara Friio
attrezzista di scena: Cecilia Sacchi
operatore follow-spot: Isadora Giuntini
truccatore e parrucchiere: Nicole Tomaini
documentazione video: Andrea Villa
stagisti: Alice Cappellini, Giuseppe Luraghi, Flavia Ruggeri, Francesca Sartorio
direttore di produzione: Virginia Forlani
assistenti di produzione: Maddalena Papagni ed Elisa Crespi
assistente personale di Robert Wilson: Nelson Gellrich
Ufficio Stampa e Comunicazione: Adriana Vianello / Studio Systema
Spettacolo in Italiano, Inglese, Greco, Tedesco e Latino
Traduzioni originali in Italiano di Ettore Romagnoli (1926) e Orsatto Giustiniani (1585)
Commissionato e co-prodotto da CONVERSAZIONI | TEATRO OLIMPICO VICENZA | POMPEII THEATRUM MUNDI | TEATRO STABILE DI NAPOLI