Dopo Roberto Scappin di Quotidiana.com, anche Valeria Raimondi ed Enrico Castellani di Babilonia Teatri intervengono sulle prospettive del Nuovo Teatro in Italia sollecitati dall’articolo di Renato Palazzi
Diventare adulti questo è il problema.
Nella vita e nel teatro.
Diventare adulti è comprarsi una casa?
È fare dei figli?
È sposarsi?
È avere una macchina, un mutuo, un frigo pieno?
Diventare adulti è tutto questo e non lo è per niente.
Diventare adulti è fare spettacoli che durino almeno 1 ora e mezza?
Con almeno tre persone in scena?
Con un bilico di scena da trasportare?
Con alle spalle un organizzatore, un distributore e un amministratore di compagnia?
Diventare adulti è costruire le condizioni perché tutto questo sia possibile?
È mettere in scena un classico?
È affrontare un testo altrui?
È rappresentare i propri spettacoli in teatri di almeno 500 posti e con la maggior parte delle sedie occupate?
È essere aperti a contaminazioni, stimoli, provocazioni esterne?
Diventare adulti è tutto questo e non lo è per niente.
Conosco adulti che fanno spettacoli soli.
Sulla scena, nella scrittura, nel pensiero.
Lo fanno rivolgendosi a grandi e a piccole platee e lo fanno bene.
Conosco gruppi numerosi che mettono in scena testi classici e contemporanei e non trovano una via per farlo in modo efficace, né i teatri in cui presentarli.
Adulti che un classico non l’hanno mai toccato.
Altri che hanno fatto sempre e solo quello.
Conosco adulti che ogni volta decidono che spettacolo vogliono fare con percorsi e risultati lontani tra loro, in contrasto tra loro, fino in antitesi tra loro, decidendo di dare voce alle varie anime che gli appartengono.
Con questo non voglio dire che le questioni che Palazzi pone non siano reali e centrali per noi e per altri.
Le viviamo sulla nostra pelle e da tempo ci riflettiamo.
Credo che ognuno debba trovare la sua via per diventare adulto.
Debba decidere chi è.
A chi si rivolge.
Quali sono i suoi interlocutori.
Interlocutori da intendere come pubblico, come istituzioni, come produttori, come artisti con cui dialogare, come testi, temi, mondi con cui confrontarsi.
Credo che Palazzi sproni a fare questo.
Credo che ognuno debba sentirsi libero di disegnare parabole non lineari.
Credo si debbano rompere i centri concentrici e chiusi che costituiscono il sistema teatro in Italia.
Credo che in parte sia anche compito nostro provare a fare in modo che questo accada, se e quando ognuno è convinto che gli interessi e che ne valga la pena.
Credo che gli spazi per il contemporaneo debbano diventare sempre più numerosi.
Credo che ci siano diverse persone che hanno voglia di fare in modo che questo accada.
Credo che il contemporaneo debba fare la sua parte perché per il pubblico non sia sinonimo di snob.
Credo che del nostro teatro, dei nostri linguaggi, del nostro sguardo sull’oggi il teatro abbia bisogno.
Credo che il pubblico ne abbia voglia.
Credo i tempi siano maturi.
Valeria Raimondi
Enrico Castellani
Leggi l’articolo di Renato Palazzi
Leggi l’articolo di Roberto Scappin (Quotidiana.com)