Deflorian-Tagliarini

Un posto nascosto

La rassegna milanese Stanze si è conclusa con un lavoro di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini, intitolato “Il posto”. Benché ancora in fase di “studio”, rivela potenzialità in linea con la peculiare ricerca artistica del duo, spostando il focus dai personaggi ai luoghiEnzo Fragassi


Invitato da Alberica Archinto e Rossella Tansini, sono stato ospite della rassegna Stanze presso la Casa-Museo Boschi Di Stefano di Milano, dove ho assistito a Il posto, primo studio del nuovo progetto di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini Il cielo non è un fondale. Un lavoro ancora in fase embrionale, che tuttavia riesce a toccare i fili sensibili delle emozioni, rievocando una storia d’amore fiorita nei primi del ‘900 proprio nelle stanze parquettate della casa (non ancora museo). Ne sono protagonisti due giovani della buona borghesia lombarda, accomunati dalla passione per l’arte. E che arte: Morandi, Boccioni, De Pisis, Casorati, Funi, Carrà, Sironi, Birolli, De Chirico, fino a Vedova e ai celebri “tagli” di Fontana. Nel corso della loro vita in comune daranno vita a un fondo che giungerà a contare oltre 2200 opere, poi donate, con un atto d’amore prima che di liberalità, al Comune di Milano affinché ne garantisse la fruizione pubblica.

Accogliendoci proprio come si farebbe durante un cocktail party in casa di amici, Deflorian e Tagliarini rivivono per noi, sia pure per sommi capi, la storia dell'”ingegnerino” della Pirelli Antonio Boschi e di Marieda Di Stefano, figlia di un collezionista d’arte del ‘900 e lei stessa apprezzata autrice di sculture ceramiche. Non si tratta però di una classica narrazione: più delle date e dei nomi contano le emozioni, i piccoli gesti fra marito e moglie, quel raccontare con affetto un po’ spudorato i difetti dell’uno e dell’altra, quel condividere pensieri un po’ bislacchi che non si confesserebbero a nessun altro, e poi la passione per i viaggi… A poco a poco i muri ricoperti di quadri, le belle porte a vetri, i clamorosi lampadari di Venini e il sontuoso pianoforte a coda perdono ogni freddo connotato museale per riacquistare il senso primigenio di nido accogliente, arredato con amore dai due coniugi pezzo per pezzo, quadro per quadro, tappeto su tappeto.

Proprio questo mi è sembrato essere l’obiettivo del progetto Il cielo non è un fondale, attraverso cui Deflorian-Tagliarini proseguono la loro peculiare ricerca sulla rappresentabilità del reale, facendosi attraversare e, in un certo senso, “possedere” dai luoghi in cui scelgono di esibirsi. Dopo aver “abitato” personaggi come l’ossessiva elencatrice di dettagli apparentemente futili Janina Turek o le pensionate greche che decidono di suicidarsi come atto estremo di ribellione contro la crisi economica di Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni, i due artisti si confrontano con l’immanenza di luoghi impregnati di vita, cercano di carpirne i segreti che palpitano ancora, celati solo da un sottile velo di polvere.

Sono grato a Stanze, che si congeda da noi per riprendere (speriamo presto) con la prossima edizione, anche per avermi fatto scoprire lo scrigno prezioso della Casa-Museo Boschi Di Stefano, che la solita, colpevole, noncuranza delle nostre istituzioni ci aveva finora tenuto ben “nascosta” (benché, apprendo, sia aperta al pubblico dal 2003). E per di più a un passo da Corso Buenos Aires, cuore commerciale di Milano. In qualunque altra città d’Europa (Italia esclusa, s’intende), un luogo simile sarebbe segnalato fin dal casello di Melegnano. Qui no, perché c’è il rischio “che poi la gente ci va davvero” e magari dimentica di comprarsi l’ennesimo paio di scarpe… Mi raccomando, prossimi turisti dell’EXPO, alla larga, alla larga da qui… Chi è che diceva che con la cultura non si mangia? Ah, già, un commercialista di Milano…