In cui ci si interroga sui misteri della critica, si rende omaggio (per una volta) a un’operazione culturale azzeccata e si segnala la comparsa di una nuova figura: il disturbatore maldestro – Renato Palazzi
Non voglio certo polemizzare con dei colleghi, o negare ad altri la loro sacrosanta libertà di opinione. Ma certe abissali divergenze di giudizio stanno diventando ormai croniche. Prendiamo il caso di Bob Wilson: dopo la “prima” dello scorso luglio a Spoleto, pareva che Letter to a man, l’ultima creazione del regista texano dai Diari di Nijinskij, protagonista Mikhail Baryshnikov, fosse un fiasco totale. “La stampa” titolava addirittura «Uno spettacolo futile». Poi lo «spettacolo futile» arriva al Teatro dell’Arte di Milano, e diventa immediatamente il grande evento di questo inizio di stagione: sala esaurita tutte le sere, pubblico in delirio, commozione, lacrime agli occhi (anche fra gli addetti ai lavori), ovazioni per il sessantasettenne ex-danzatore. Ora, ferme restando le differenze di gusto personale, viene da chiedersi che spettacolo abbiano visto loro, e che spettacolo invece abbiamo visto noi.
Il clima di scontro artificiosamente innescato intorno al recupero del Teatro Continuo di Alberto Burri al Parco Sempione di Milano (foto) ha un po’ offuscato il valore di un’iniziativa che rende onore alla città e rimedia all’affronto arrecato a uno dei più grandi artisti del Novecento. Questa struttura di cemento e acciaio, severa, spoglia, essenziale, realizzata nel ’73 per la XV Triennale, come un segno creativo nel paesaggio urbano, e in stretta relazione con esso, fu rasa al suolo senza preavviso in una notte dell’89, perché ritenuta pericolante. La sua attuale ricostruzione sui disegni originali – documentata da un bel libro di Gabi Scardi, curatrice del progetto – è dovuta all’impegno congiunto del Comune e della Triennale, e al contributo di NCTM, uno studio legale particolarmente attivo nel sostegno all’arte contemporanea. Al di là dell’uso che se ne farà, sono anche gli interventi come questo che testimoniano una rinnovata sensibilità collettiva dell’ambiente culturale milanese.
Al Teatro dell’Elfo, durante il bellissimo Complexe des genres, lo spettacolo inaugurale del festival MilanOltre, si è palesata in sala una figura inedita, quella del disturbatore maldestro. Sul palco le tre danzatrici e i tre danzatori della coreografa Virginie Brunelle mostravano incerti contatti, si cercavano e si respingevano, si prendevano e si lasciavano, accennavano energici amplessi e si sfuggivano con destrezza, in uno sforzo ora tenero, ora ironico di trovare la propria identità nel rapporto con l’altro. In platea, un pubblico da grandi occasioni seguiva attento e partecipe. A un certo punto ecco suonare l’immancabile telefonino. Il tipo, fingendo indifferenza, provava a silenziarlo, ma sbagliava il comando, premeva il tasto di scelta dei toni: così il telefono continuava a squillare, ma con tre suonerie diverse, compreso l’insopportabile fischio già fastidioso in tram, figuriamoci a teatro.