Bellissimo esempio di testo fondato sull’archetipo servo-padrone quello scritto da Robin Maugham e portato in scena da Andrea Renzi e Pierpaolo Sepe. Un cast di livello ma non abbastanza… cattivo – Maria Grazia Gregori
Scritto da Robin Maugham nel 1948, diventato film di culto con la regia di Joseph Losey e la sceneggiatura di Harold Pinter, Il servo rappresenta come meglio non si potrebbe l’obsolescenza di una classe, quella nobiliare inglese e la sua decadenza, grazie a individui come Tony tornato dall’Africa e ben felice di non far nulla grazie a una cospicua eredità e all’odio e al disprezzo di classe rappresentato dal maggiordomo Hugo Bennet. È una partita a ping pong dove quello che sembrerebbe possedere il potere scende tutti i gradini dell’abiezione, dimentico del suo ruolo sociale, trasformandosi via via nel trastullo e nella vittima del proprio servo. Un bellissimo esempio questo testo della famosissima dialettica servo- padrone, giocata come una partita a scacchi, ma quasi senza suspence perché dopo poche battute si intuisce chi sarà la vittima.
Questo testo che Teatri Uniti presenta al Piccolo Teatro Grassi nella traduzione di Lorenzo Pavolini, ad apertura di sipario, sottolineato da una bellissima musica di Purcell (Music for the funeral of Queen Mary e del resto qui si rappresenta davvero un funerale ma di una classe) che sarà poi la stessa dell’inizio del secondo atto, mostra una casa arredata con gusto monumentale, che un amico ha trovato per Tony. La casa ha bisogno di una, per così dire, rinfrescata ma Tony si dichiara subito per quello che è, non ha voglia di fare nulla e proprio per questo si cercherà un domestico tuttofare anche se l’amico lo sprona non solo a cercarsi un lavoro possibile ma anche ad occuparsi del luogo dove vivrà: solo pochi – sostiene – se non gli ultraricchi possono permettersi servitù a tempo pieno. Tony che è un predestinato senza midollo è incapace a gestire non solo se stesso ma anche gli affetti che ha: dall’amico che si è dato da fare per lui alla ragazza che ha lasciato andando in Africa e che ritrova ad aspettarlo, per poi abbandonarlo disgustata dal suo comportamento e dallo strapotere di Barrett.
Tutto passa per le mani di Hugo Barrett, mani viscide, che tentano di liquidare amori, amicizie e quel poco di spina dorsale che il suo padrone ha conservato fra una bevuta e l’altra. Non basta il guizzo di Tony che vuole riconquistare un certa libertà, ma all’inizio con una finta nipote e poi con la sua dichiarata amante Hugo, prima licenziato e poi richiamato, riprende in mano la situazione spingendo Tony sempre più in basso fino a condividere con lui apertamente la donna. Servo, dunque, ma di fatto padrone.
Nello spettacolo, che porta la duplice firma di Andrea Renzi e di Pierpaolo Sepe, con Andrea Renzi e Lino Musella protagonisti affiancati da Tony Laudadio, Federica Sandrini e Maria Laila Fernandez ci saremmo però aspettati una maggiore – se non proprio crudeltà – cattiveria. Dove questo succede, fra una bevuta al pub e un’altra quando Tony si mostra tragicamente incapace di qualsiasi cosa e l’Hugo di Lino Musella riesce a trasmetterci la sua inquietante, viscida doppiezza, allora lo spettacolo prende corpo e ritmo.
Visto al Piccolo Teatro Grassi di Milano. Repliche fino al 25 novembre 2018. Foto Laura Micciarelli
Il servo
di Robin Maugham
traduzione Lorenzo Pavolini
con (in ordine di apparizione) Tony Laudadio, Federica Sandrini, Andrea Renzi, Lino Musella, Maria Laila Fernandez
regia Andrea Renzi, Pierpaolo Sepe
scene Francesco Ghisu
costumi Annapaola Brancia d’Apricena
disegno luci Cesare Accetta
produzione Casa del Contemporaneo-Centro di Produzione \ Teatri Uniti \ Teatro Stabile di Napoli-Teatro Nazionale \ Napoli Teatro Festival Italia (NTFI)