Ispirato alle opere del pittore Edward Hopper, “FRAME” di Alessandro Serra traspone in immagini senza parole, al confine fra teatro e danza, le celebri atmosfere dell’artista con un linguaggio personalissimo, di alta qualità – Renato Palazzi
Sono andato al Teatro Fontana di Milano a vedere FRAME, uno spettacolo di Alessandro Serra – premio Ubu per il suo Macbettu in sardo – ispirato al mondo pittorico di Edward Hopper. Serra ha tradotto le opere figurative di Hopper in immagini teatrali, o per meglio dire in tanti brevissimi, folgoranti racconti senza parole. Non si tratta di una mera trasposizione, ma di una autonoma reinterpretazione di quelle atmosfere sospese, di quel tacito sguardo sulla solitudine urbana, sullo smarrimento di una certa umanità americana della prima metà del Novecento.
L’azione, al confine della pura coreografia, lungo un’ambigua linea di frontiera che però non viene mai completamente varcata, si svolge tutta in una stanza alla cui parete di fondo è appeso una sorta di quadro che si trasforma immediatamente in una grande finestra, che potrebbe anche essere la vetrina di un bar o di un negozio, da cui anonime figure osservano l’esterno, o vengono osservate da chi passa fuori. Sul davanzale di quella finestra vengono lasciati, accuratamente ripiegati, i pantaloni di qualcuno che potrebbe essersi buttato di sotto, su quel davanzale una ragazza sposta lentamente una barchetta di carta.
Come in Aure, il suo spettacolo su Proust e sulla Recherche, come nella rarefatta creazione sul Trattato dei manichini di Bruno Schulz, Serra si guarda bene dall’affrontare direttamente la materia scelta, ma la sfiora, la attraversa, la evoca allusivamente, ne cattura per un attimo le vaghe suggestioni in una raffinata partitura di luci, di gesti, di silenzi carichi di interrogativi o di attese, ritraendo una piccola folla che sembra di passaggio dalla vita, una donna dal lungo abito rosso che graffia il ruvido muro cui è appoggiata, una suora, un uomo che dorme un sonno agitato, forse nell’ anonima camera di un alberghetto di terz’ordine, un uomo che sembra guardare una storia d’amore in un film, un uomo nudo colto di sorpresa, nel buio, dai flash di un fotografo probabilmente in caccia di fatti di cronaca nera.
A fare da elemento di raccordo fra questi scenari imprecisati, a questi spicchi di esistenze appena intraviste, un surreale Arlecchino che pare richiamare uno dei personaggi dall’ultimo dipinto eseguito da Hopper nel ’65, The two Comedians.
Lo spettacolo, prodotto dai Cantieri Teatrali Koreja in collaborazione con la compagnia Teatropersona, è di alta qualità, curatissimo, improntato a un nitore formale quasi estenuato, come tutte le messinscene di Serra. Il suo linguaggio è lieve, per certi versi trasparente, ma percorso da una vena di oscuro dolore. Stranamente, all’uscita, una ragazza mi ha detto di averlo trovato vecchio: la cosa mi ha stupito, perché non è proprio un’osservazione che mi sarebbe venuto in mente di fare a proposito di questo FRAME, il cui debutto, in effetti, era avvenuto un paio d’anni fa al Napoli Teatro Festival, dunque non tanto lontano nel tempo da determinarne una così rapida obsolescenza.
Vecchio nello stile, nella concezione drammaturgica, intendeva dire. E proprio questa sua impressione mi ha colpito, non perché non sia legittimo esprimerla, ma perché mi è parsa estranea alla natura dell’oggetto cui si riferisce, pur ponendo una questione interessante: in rapporto a quali categorie si considera una proposta artistica più o meno vecchia? All’attualità dei contenuti? Alla capacità di aderire ai gusti correnti? Serra, a mio avviso, non ha mai inteso essere innovativo, così come i suoi lavori non potrebbero essere annoverati all’ambito della tradizione: lui pratica un teatro molto personale, senza riscontri in Italia, un teatro fisico che prescinde dalle tendenze della scena contemporanea, che idealmente precede persino il concetto di teatro-danza, e aspira forse a una sua purezza fuori dal tempo.
Visto al Teatro Fontana di Milano
FRAME
uno spettacolo di Koreja
progetto, ideazione, regia, scene, costumi, luci: Alessandro Serra
con: Francesco Cortese, Riccardo Lanzarone, Emanuela Pisicchio, Maria Rosaria Ponzetta, Giuseppe Semeraro.