Amleto, regia V. Binasco

Un Amleto inatteso

Valerio Binasco firma la regia di un “Amleto” fuori squadra, mescolando coraggiosamente le età dei personaggi in uno strano viaggio che, senza creare confusione, suggerisce una forte vitalità. C’è del nuovo in DanimarcaMaria Grazia Gregori


È in scena alle Fonderie Limone di Moncalieri un Amleto fuori squadra, in qualche modo inaspettato, messo in scena per lo Stabile di Torino da Valerio Binasco. Un Amleto che mescola coraggiosamente le età dei personaggi, ma anche le loro esperienze, in uno strano viaggio compiuto all’interno di quello che è forse il più famoso testo al mondo creando un melting pot dove gli stili recitativi si sovrappongono, ma senza creare confusione anzi suggerendo una forte vitalità. Verrebbe voglia di dire: c’è qualcosa di nuovo in Danimarca, ma senza tirarsela troppo, in semplicità.

Cosa ci ha colpito in questo Amleto? Che non gli importa granché dell’“essere o non essere”: non c’è tempo di stare a filosofare anche se il monologo è famosissimo perché quello che qui conta è che tutto corra veloce: i delitti, gli intrighi, gli amori, i tradimenti. A cominciare dalla vita che non si fa in tempo a gustare e che scorre via veloce fra i rancori, la voglia di vendetta, il dolore, quella forma di eccitazione un po’ folle che può dare la giovinezza, lo sprezzo del pericolo.

Ma dentro il grande palcoscenico delle Fonderie con il calare e lo sparire dei sipari, nell’alternarsi senza posa fra luce e buio, nel salire e nello scendere dal palcoscenico degli attori in mezzo al pubblico (un po’ troppo spesso in verità) quasi a cercarne la complicità, la sorpresa, ecco farsi strada un Amleto quasi imberbe – orfano di padre, la cui madre, complice dell’assassinio del marito insieme al cognato-amante – che dubita del nuovo matrimonio avvenuto subito dopo il funerale del genitore. È un Amleto all’inizio vestito come si conviene e poi sempre più trascurato, con i calzerotti che gli cadono dalle gambe in un groviglio ai piedi come ricordiamo di avere visto nell’indimenticabile Amleto di Patrice Chéreau da molti imitato. Del resto questo è un Amleto dei ritorni dove si usa la stessa traduzione (di Cesare Garboli) per un innovativo Amleto di Carlo Cecchi che Valerio Binasco, firmando la regia di uno spettacolo fatto con passione, cita come suo punto di riferimento.

La storia è cosi famosa che ci si può permettere di non raccontarla e di ricordare le cose che ci hanno colpito o interessato di più. La prima è la coppia peccatrice degli amanti assassini composta da Mariangela Granelli che è la regina e da Michele Di Mauro che è il nuovo re, Claudio. Lei che via via assomiglia sempre di più a una vittima sacrificale, impotente a reagire al delitto, divorata dai sensi di colpa e da un orrore che lei, regina madre con i tacchi a spillo, rende con bravura. Lui, Claudio, mellifluo ma anche pauroso genio del male in elegante abito scuro, regala una gran bella interpretazione. Vorrei ricordare anche l’ingenuità, in realtà smagata, della giovane Ofelia (Giulia Mazzarino) che all’apice delle sua follia ascolta da un piccolo registratore la voce dei Beatles, e Christian De Filippo che è Orazio, il fedele amico di Amleto, l’eleganza affettata del Polonio di Nicola Pannelli e, last but not least, i due giovani protagonisti destinati a morire entrambi: Fausto Cabra, che del suo Laerte rende come meglio non si potrebbe il carattere impetuoso, tipico di un giovane eroe abituato a ragionare con la spada, e il già citato Gabriele Portoghese che di Amleto, ha saputo mostrarci l’inquieta infelicità. Ma vanno ricordati anche Vittorio Cammarota, Fabrizio Contri, Mario Pirrello, Franco Ravera, Michele Schiano di Cola, spesso impegnati in più di un ruolo. Insomma un buon gruppo al quale si sono aggiunti nelle scene d’insieme alcuni allievi della Scuola di teatro dello Stabile.

Visto alle Fonderie Limone di Moncalieri. Repliche fino al 19 maggio 2019. Foto di Laila Pozzo

Amleto
di William Shakespeare
traduzione Cesare Garboli
consulenza drammaturgica Fausto Paravidino
regia Valerio Binasco
con (in ordine alfabetico): Fausto Cabra, Vittorio Camarota, Fabrizio Contri, Christian di Filippo, Michele Di Mauro, Mariangela Granelli, Giulia Mazzarino, Nicola Pannelli, Mario Pirrello, Gabriele Portoghese, Franco Ravera, Michele Schiano Di Cola
e con gli allievi della Scuola per Attori del Teatro Stabile di Torino
Pietro Maccabei, Lucia Raffaella Mariani, Cristina Parku, Davide Pascarella
scene e luci Nicolas Bovey
costumi Michela Pagano
suono Claudio Tortorici
regista assistente Simone Luglio
assistente costumi Silvia Brero
Produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale