The Repetition

The Repetition. Histoire(s) du theatre (I)

Pluripremiata stella dei palcoscenici europei, Milo Rau è autore e regista di un teatro urticante, provocatorio e tuttavia mai fine a se stesso, legato agli spetti più inquietanti, più forti, più vergognosi, più inaccettabili della realtàMaria Grazia Gregori


È arrivato al Teatro Strehler Milo Rau, per una manciata di giorni che,penso, saranno importanti e significativi per il pubblico milanese. Non perché a Milano questo regista di origine svizzera sia uno sconosciuto, anzi, i suoi estimatori sono molti ma è indubbio che rappresentarlo qui è un segno – almeno così a me pare – di intelligente apertura verso un “nuovo” che può fare discutere. Del resto il teatro secondo questo regista, pluripremiata stella del palcoscenico, è un teatro urticante, provocatorio, di una provocazione mai fine a se stessa, legata indissolubilmente alla realtà anzi ai suoi aspetti più inquietanti, più forti, più vergognosi, più inaccettabili di cui Milo Rau e i suoi attori si fanno maschera e megafono.

The Repetition. Histoire(s) du theatre (I), infatti, nasce dalla realtà, ma allo stesso tempo è “un modo” di raccontare la realtà vista nei suoi aspetti più violenti e più sordidi che hanno a che fare con la degradazione, il rifiuto violento della diversità, in questo caso la morte di un omosessuale nella banlieu di Liegi, città belga un tempo fiorente con le sue fabbriche e oggi praticamente in rovina, gran bacino di immigrati e di disoccupati il cui mondo, sia pure a tinte molto meno fosche, ci è stato mostrato anni fa dai film di successo dei fratelli Dardenne, in questo spettacolo più volte citati.

Quello che è affascinante nel modo di raccontare di Milo Rau è che i suoi spettacoli nascono sempre dalla realtà la più cruda e la più terribile: dalla morte di ragazzini uccisi da un mostro violentatore, dall’odio nei confronti della omosessualità ancora più violento se coinvolge, come in questo caso, un immigrato sia pure ormai cittadino belga a tutti gli effetti. È un modo di affrontare la vita che spesso è dominata dal male con lo strumento di un teatro che definirei “politico”, che ha le sue regole, prima fra tutte quella di essere lo specchio della realtà analizzata in profondità e mostrata in tutta la sua immensa banalità del male.

Ce lo dice molto bene il bravissimo attore che fra i fumi di una visione è il fantasma del padre di Amleto che racconta di sé, in perfetto inglese, una storia di violenza con cui – potremmo dire –, miticamente mostrare e raccontare proprio questa forza della violenza. Un omaggio al teatro di tutti i tempi che presto si trasforma in una storia di oggi: un provino per tre personaggi che impietosamente vengono incalzati a mettersi il più a nudo possibile, provocati in ogni modo per vedere fino a dove possono arrivare. Verranno poi scelti per raccontare la storia vera di Ihsane Jarfi, ragazzo belga di origine maghrebina sui trent’anni, uscito da un bar gay una sera e salito su di una macchina di sconosciuti per essere ucciso fra atroci sofferenze da quattro uomini, disoccupati che, scoperti, verranno condannati tre all’ergastolo e uno a trent’anni. La loro difesa? L’odio verso il diverso, diverso due volte perché di origine straniera e omosessuale.

Come raccontare un fatto così terribile? E come per gli attori riuscire a rendere ogni volta la dimostrazione di fatti talmente crudeli? È il primo capitolo della quella che chiameremo la “storia del teatro” secondo Milo Rau. Il dovere ripetere ogni volta (ecco spiegato il titolo “The repetition” di questo spettacolo) dove agli attori è richiesto di mantenere intatta la stessa forza, la stessa credibilità di ciò che è stato e che raccontano.

Per mostrare questa possibilità il regista usa due linguaggi che si mescolano: la recitazione “vera” degli attori che agiscono in scena e che sono ripresi e mostrati da un filmato che ha il compito di fissare, “fermare l’attimo”, direbbe Goethe, per poi ripetere e ripetere la banalità del male per mostrarla nella sua nudità (anche reale) in scena senza compromessi dove appaiono pochi oggetti oltre alla cinepresa, una macchina (quella del delitto), due tavoli, una poltrona. Tutto è compito degli attori, tutto sta nel racconto, nella forza delle immagini e delle parole, nella dimostrazione di una realtà che conosciamo anche noi, che sta dietro l’angolo e che ogni volta, quando accade, ci sconvolge come il “Let Me” di Purcell, cantato magnificamente alla fine dello spettacolo, uno specie di viatico all’orrore e al dolore.

Per questo c’è da ringraziare i bravissimi attori di Rau: Sara de Bosschere, Sébastien Foucault, Johan Leysen, Tom Adjibi, Suzy Cocco, Fabian Leenders. Quanto a Milo Rau, ormai una stella di un nuovo teatro che allo stesso tempo sconvolge, fa pensare e vuole fare i conti con la realtà, c’è da dire che sta elaborando per Matera Capitale della Cultura (ce lo racconta in una bella intervista Andrea Porcheddu sull’“Espresso”) che gli aveva richiesto di affrontare il tema della Passione di Cristo facendo riferimento al film di Pasolini e a quello di Mel Gibson che lì vennero girati. Ma studiando e viaggiando per il territorio il regista si è reso conto che il nuovo Gesù deve nascere da quelli che sono sfruttati, migranti senza difesa, magari promuovendo una manifestazione per arrivare a Matera e mostrare la Passione e la Crocifissione di questo “nuovo” Gesù. Lo aspettiamo.

Visto al Piccolo Teatro Strehler di Milano

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The Repetition. Histoire(s) du théâtre (I)
ideato e diretto da Milo Rau
testo a cura di Milo Rau e della compagnia
drammaturgia e ricerche Eva-Maria Bertschy
scene e costumi Anton Lukas
video Maxime Jennes, Dimitri Petrovic
suono Jens Baudisch
luci Jurgen Kolb
con Sara de Bosschere, Sébastien Foucault, Johan Leysen, Tom Adjibi, Suzy Cocco, Fabian Leenders
production management Mascha Euchner-Martinez, Eva-Karen Tittmann
team tecnico per la tournée: camera Jim Goossens-Bara, Maxime Jennes, Moritz von Dungern; luci Sylvain Faye, Sebastian König; suono Pierre-Olivier Boulant, Jens Baudisch; sovratitoli François Pacco
tour manager Mascha Euchner-Martinez
produzione International Institute of Political Murder (IIPM), Création Studio Théâtre National Wallonie-Bruxelles
con il supporto di Hauptstadtkulturfonds Berlin, Pro Helvetia, Ernst Göhner Stiftung e Kulturförderung Kanton St.Gallen
coproduzione Kunstenfestivaldesarts, NTGent, le Théâtre Vidy-Lausanne, le Théâtre Nanterre-Amandiers, Tandem Scène Nationale Arras Douai, Schaubühne am Lehniner Platz Berlin, le Théâtre de Liège, Münchner Kammerspiele, Künstlerhaus Mousonturm Frankfurt a. M., Theater Chur, Gessnerallee Zürich, Romaeuropa Festival
Spettacolo in francese e fiammingo con sovratitoli in italiano