Sei personaggi

Tutto Pirandello in un Lavia. Anzi due

I “Sei personaggi” portato in scena da Gabriele Lavia, con la figlia Lucia nel cast, distilla l’essenza del teatro pirandelliano con una messinscena non priva di invenzioni che tuttavia punta tutto sul testo originale, didascalie compreseMaria Grazia Gregori


Non poteva che essere Sei personaggi in cerca di autore, in questo difficile 2015, il Pirandello scelto da Gabriele Lavia, un testo che all’ennesima potenza contiene i capisaldi del teatro del grande drammaturgo. Soprattutto scelto perché – mi viene da dire – qui tutto è teatro nel teatro e tutto avviene in un teatro, su di un palcoscenico, dove si rappresenta la vita che spesso si trasforma in finzione anche se i personaggi – nati vivi nella trasfigurazione dell’autore – vorrebbero vivere davvero.

Dunque eccoci qui, seduti in un teatro, mentre il palcoscenico – ad apertura di sipario – si autorappresenta con le sue cantinelle, con i suoi fondali, con i suoi praticabili, nel lavoro di preparazione dei macchinisti per le prove – il cosiddetto “umorismo” pirandelliano! – di “Il giuoco delle parti” perché ormai, sostiene il Capocomico, al teatro mancano testi e si è costretti a rappresentare perfino un autore come Pirandello…

A questo inizio ci introduce Lavia stesso dicendo la didascalia iniziale dell’autore e dicendone anche altre nei momenti chiave dello spettacolo. Il risultato è che gli spettatori vedono concretizzarsi davanti ai loro occhi quanto detto dalle parole, vale a dire il teatro nel suo farsi. Così assistiamo ai riti delle prove, ai capricci della prima attrice e del primo attore, al vuoto ron ron di un teatro come quello italiano anni Venti con il quale l’autore non ha mai avuto buoni rapporti. È un inizio che crea un’aspettativa che si concretizza quando dall’alto della Sala Shakespeare del Teatro Elfo Puccini arrivano dal buio i sei personaggi scendendo i gradini che poi verranno usati in un continuo andare e venire sia da loro che dalla compagnia degli attori. A guidarli è un uomo vestito di nero, il Padre di quella strana famiglia che oggi si definirebbe allargata ma che per quei tempi era senza dubbio scandalosa per i figli nati sì da una sola donna ma non dallo stesso uomo. E subito si è precipitati dentro una storia nera, senza sbocchi, in un vero e proprio scontro di mondi, fra figlie che si vendono per mantenere la famiglia, madri disperate, fratellastri che odiano la madre e si vergognano, bambine che annegano, ragazzini che si sparano fino a un finale che lascia tutto come è cominciato: gli attori con il loro vuoto, i personaggi che non hanno trovato il loro autore anche se la loro storia l’hanno raccontata e rivissuta per farla comprendere, rendendosi ben presto conto che mai la loro vita reale avrebbe potuto trasformarsi in teatro.

Storia nota. Dove a interessare davvero è come Lavia e la sua numerosa compagnia (un atto di coraggio visti i tempi difficili) rappresentino i Sei personaggi di Pirandello, su di una corda tesa fra concitazione, senso di impotenza, dolore gridato e mai sottochiave e ampi spazi da raisonneur per Lavia stesso, il Padre, che guida quella strana gente che cerca la realtà in contrasto con quel Capocomico e quella compagnia che quella realtà non saranno mai in grado di restituirla. C’è, per esempio, un momento per me significativo e molto bello, in cui il regista-interprete rivela il suo modo di vedere, direi di interrogare il testo quando si china sulle tavole del palcoscenico quasi volesse scoprire il mistero che esso rappresenta, che è poi la vita più segreta del teatro, le sue “voci” che solo talvolta chi lo fa e lo ama sente.

Anche se lo spettacolo è un po’ sopra le righe con un ritmo difficile da sostenere per alcuni, gli spettatori vengono catturati da quel vortice fatto di fisicità, di forza ma anche del loro contrario – la ragionevolezza -, che l’attore regista incarna da par suo. Accanto a lui ricordo la Figliastra di Lucia Lavia, figlia d’arte, che nella sua inquietante bellezza, nel suo comportamento fuori di chiave, rappresenta, pur con qualche acerbità, la visione paterna. E la Madre (Rosi Bonfiglio) in gramaglie che nei momenti più tesi canta misteriose canzoni, immagine di una tragedia viscerale, che non può essere compresa dal Capocomico (Michele Demaria) che guida i suoi attori come se si trovasse a mettere in scena una commedia un po’ pruriginosa né, tantomeno, dal Suggeritore di Alessandro Baldinotti preso di mira dall’autore come esempio di un teatro che si vuole cambiare, spazzando via la buca dove sta nascosto a imbeccare gli attori per dare spazio a quella nuova scena di cui Pirandello andava senza sosta alla ricerca.

Visto al Teatro Elfo Puccini di Milano. Repliche fino al 15 febbraio 2015

Questo slideshow richiede JavaScript.

Sei personaggi in cerca d’autore
di Luigi Pirandello
regia di Gabriele Lavia
scene Alessandro Camera
costumi Andrea Viotti
musiche Giordano Corapi
con Gabriele Lavia
e con Massimiliano Aceti, Silvia Biancalana, Alessandro Baldinotti, Daniele Biagini, Rosy Bonfiglio, Maria Laura Caselli, Michele Demaria, Giulia Gallone, Giovanna Guida, Lucia Lavia, Andrea Macaluso, Luca Mascolo, Mario Pietramala, Marta Pizzigallo, Matteo Ramundo, Malvina Ruggiano, Alessio Sardelli, Carlo Sciaccaluga, Anna Scola
produzione Fondazione Teatro della Pergola