BolzanoDanza senza limiti. Lo dimostra Meg Stuart

Prima nazionale al festival altoatesino che quest’anno è dedicato alle sfide fisiche e psicologiche dell’umanità. Il lavoro di Meg Stuart ci parla del rapporto con tempo e spazio post lockdown.

 

Domani nella Sala Grande del Teatro Comunale per l’edizione 2022 di BolzanoDanza, è attesa Meg Stuart, la coreografa americana attiva in Belgio, Leone d’Oro alla carriera 2018 alla Biennale di Venezia, con il suo ultimo, visionario Cascade. Un lavoro sul tempo e sulla necessità di resistergli, ma anche sull’idea di rischio in riferimento alla figura del cascador, l’acrobata, a cui il titolo rimanda e che ben si attaglia alla linea del festival bolzanino, quest’anno concentrato sui ‘Corpi estremi’ senza limiti capaci di andare a fondo sulle potenzialità fisiche e psichiche dell’essere umano- Una sfida continua ben esplicitata dalla strepitosa performance aerea del  l’highliner di fama mondiale Nathan Paulin che si è mosso su una fune alla Forcella del Sassolungo guidato dalle indicazioni del coreografo Rachid Ouramdane, che ha inaugurato qualche giorno fa la manifestazione.

Nello spettacolo della Stuart, in esclusiva nazionale, sette danzatori sempre in tensione verso l’ignoto e due percussionisti live, sul palcoscenico invaso da una scenografia metamorfica e dallo sfondo galattico firmata da Philippe Quesne, vivono in una dimensione spazio-temporale nuova, in una simultaneità cinetica nella quale sembra perdersi lo svolgimento lineare del tempo. Tutti ‘colgono l’attimo’ e cercano i propri spazi in uno stato di tensione costante. Concepito su una compilation di brani cult come How deep is your love dei Bee Gees, Cascade si nutre dell’ipnotica musica composta da Brendan Dougherty, da tempo sodale collaboratore della coreografa, eseguita live da Philipp Danzeisen e Rubén Orio

Come ha raccontato a Francesca Pedroni, in questo lavoro Stuart riassume l’esperienza del lockdown “Tutti abbiamo sperimentato in questi anni la sensazione di un ritardo  collettivo, come se il tempo avesse avuto dei momenti di pausa.  La percezione di un tempo che si era esteso infinitamente. Un  periodo lungo vissuto però in Cascade con una tale intensità e  una tale energia che ci ha portato a chiederci: cosa facciamo della  nostra fragilità? Della nostra vulnerabilità? Una sensazione che  ci ha spinto a mantenerci in forma per poter ripartire. Uno stato  mentale di fiducia nel futuro, di fede in un ritorno alla normalità, la comprensione della necessità di adattamento. Capendo  che è questo quello che abbiamo e con cui ha senso relazionarsi.”

 

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