Un testo affascinante e misterioso di Benedetto Sicca che ne conferma l’inquieto talento, segnando anzi una tappa di ulteriore crescita dopo “Les adieux” e “Fràteme” – Renato Palazzi
Di Benedetto Sicca, trentaquattrenne autore-regista napoletano, attualmente “in residenza” al Teatro Ringhiera di Milano, si era già visto Les adieux, sofisticato adattamento iper-tecnologico di un romanzo di Arianna Giorgia Bonazzi, con una sola attrice che interagiva con suggestive proiezioni tridimensionali, e l’interessante Fràteme, un convulso melodramma famigliare basato su un intrecciarsi di variegate relazioni gay. Il suo soggiorno milanese ha ora prodotto Il silenzio dei cassetti, un testo affascinante e misterioso che ne conferma l’inquieto talento, segnando anzi a mio avviso una tappa di ulteriore crescita.
Se il grottesco, visionario Fràteme giocava su umori sfrontatamente trasgressivi, Il silenzio dei cassetti – presentato in forma di “studio”, mentre il debutto ufficiale avverrà il prossimo giugno al Napoli Teatro Festival – è uno spettacolo dalla vena più lieve, più delicata, per certi versi direi persino più ispirata, che ruota intorno a un nucleo di sentimenti tanto sfumati quanto sottilmente e ambiguamente complessi: al centro dell’azione c’è infatti uno strano terzetto, quello formato da Tommaso, aspirante autore e regista tormentato da torbidi desideri e squassanti fantasmi interiori, da Ferro, sceneggiatore con ambizioni da cineasta, suo compagno di casa e di lavoro, e da Marinella, la moglie di costui, coinvolta forse in un losco affare.
La formula dubitativa, in questo caso, è d’obbligo: la stratificata trama, giocata soprattutto sul sostanziale conflitto tra Tommaso e Marinella, in lotta per imporre la propria personalità, le proprie opposte visioni del mondo, o il proprio ascendente su Ferro, il proprio potere su di lui, che nel frattempo in seguito a un incidente finisce in coma, si traduce infatti in una costruzione drammaturgica molto particolare, sottratta a qualunque continuità temporale, dove il passato e il futuro – alla Schimmelpfennig – si sovrappongono, dove il sogno, la finzione e la realtà si mescolano di continuo, e la sequenza degli avvenimenti viene scomposta e ricomposta in un ordine assolutamente soggettivo.
La truffa ordita dal sedicente professore albanese presso il quale Marinella è impiegata, e di cui la donna diventa complice, avviene davvero, o è soltanto progettata? Lei vi partecipa effettivamente, o si sottrae all’ultimo momento, a causa delle condizioni di salute del marito? I due sedicenti “vecchi” che, dopo un imprecisato distacco, si sono amati devotamente per tutta la loro esistenza, sono Marinella e Ferro o due figure ideali, due pure proiezioni dell’immaginario? O forse il tutto – come a un certo punto l’autore lascia intendere – non è che la materia di una recita, di uno spettacolo che Tommaso-Sicca, ormai maturo e consapevole di sé, mette in scena per sublimare le proprie antiche tensioni?
Proprio grazie a questo procedimento di destrutturazione, di presa di distanza dai fatti rappresentati, che gli consente di accostare anche stili di scrittura diversi – non è male, in particolare, tutta la parte della comunicazione in chat fra Marinella e un ignoto interlocutore – Sicca riesce a trattare una materia di per sé abbastanza macchinosa e sfuggente, ad alto rischio di esasperazione emotiva. L’andamento della vicenda resta comunque poco chiaro, ma la sua messinscena onirica, sospesa, improntata a un costante interscambio tra i vari piani narrativi funziona, avvince lo spettatore, lo costringe a interrogarsi sulla reale consistenza di ciò che vede. E lo scarno allestimento, fatto di metaforici teli bianchi e foglie secche, evoca tenui risonanze poetiche.
Ben diretti da Sicca, gli attori – Simone Tangolo e Paola Michelini nei ruoli di Tommaso e Marinella, i due antagonisti, e poi Filippo Renda in quello di Ferro, Valentina Picello, Beppe Salmetti, Giorgio Sorrentino – sono bravi nel dare una labile identità ai personaggi, sul filo di una vaga astrazione, conducendo il pubblico passo passo in un intricato labirinto mentale.
Il silenzio dei cassetti
testo e regia: Benedetto Sicca
light designer: Marco Giusti
disegno scenico: Mariapaola Di Francesco
con: Paola Michelini, Valentina Picello, Filippo Renda, Beppe Salmetti, Giorgio Sorrentino, Simone Tangolo
Visto al Teatro Ringhiera di Milano