Bestie di scena

Forse un punto e a capo, una ripartenza alla ricerca di altre strade nate dalla curiosità creativa, dal coraggio di Emma Dante. Certo uno spettacolo felicemente spiazzante, fortemente diverso rispetto al suo precedente universo creativo, un qualcosa ancora in divenire ma convinto e sinceroMaria Grazia Gregori


Per chi conosce da tempo il teatro di Emma Dante Bestie di scena, il suo nuovo spettacolo che si rappresenta al Teatro Strehler (coproduzione del Piccolo con Compagnia Sud Costa Occidentale, Teatro Biondo e Festival di Avignone) con un vero e proprio successo di pubblico giovanile potrebbe essere una sorpresa spiazzante. Del resto da qualsiasi lato lo si osservi Bestie di scena è spiazzante, per nostra fortuna direi.

Come definire, del resto, uno spettacolo che sembra azzerare molti dei parametri del fare teatro grazie alla folgorazione, alla dimostrazione di quello che si potrebbe definire il livello zero dello stare in scena? È così fin dall’inizio, da quando il pubblico entra in sala e trova gli attori già in palcoscenico, impegnati in quelli che potrebbero sembrare esercizi di un training quotidiano e in effetti lo sono. Non è così, però, e i quattordici interpreti che lì si trovano in realtà “misurano” lo spazio, il suo attrito, la sua resistenza e intano prendono coscienza del proprio corpo, della sua abilità, della sua capacità di agire, di conoscere l’altro, di sviluppare con lui un’azione, dopo averne avuto una percezione a tentoni.

In realtà, finita la sorpresa iniziale lo spettatore si rende conto che lo spettacolo è già iniziato da un pezzo. Da lì, da quei movimenti, da quel discorso ininterrotto senza alcuna parola c’è già tutto il senso, l’urgenza di Bestie di scena che potrebbe essere il “numero zero” del nuovo itinerario artistico di Emma Dante che, di “numeri zero” ne ha vissuti parecchi. Per esempio quando (è la prima cosa che ricordo di lei) la si vide recitare in una non indimenticabile Rosa tatuata di Tennessee Williams accanto a Valeria Moriconi. Lì colpiva il suo essere “funzionale” allo spettacolo ma dando l’impressione di guardare altrove, di tendere verso qualcosa che andava oltre quel palcoscenico in cui probabilmente non si riconosceva. Caparbia, determinata e lungimirante come è sempre stata, con la voglia di alzare sempre più in alto l’asticella che si era posta come riferimento, forse cercava già inconsciamente un altrove. Non è stato un caso che nel corso di una lontana Biennale Teatro diretta da Massimo Castri cominciò a farsi strada in chi c’era l’idea che quell’altrove Emma avesse già cominciato a riconoscerlo: un teatro tutto “suo” come “sue” erano le radici linguistiche, antropologiche da cui nasceva e così pure i temi, i testi, lo stile: un impasto di violenza, trasgressione, ironia grottesca, fisicità dirompente, uno spazio terremotato in cui si aveva l’impressione che la presenza, il corpo dei suoi attori e delle sue attrici faticasse a rappresentarsi nella costrizione degli abiti, delle usanze, di una violenza resa intrigante da una finta dolcezza e da un’ironia dirompente. È questo il teatro sia in prosa che nell’opera lirica dove coraggiosamente Emma prendeva (e prende) il finto nuovo e stilemi che sembravano (e sembrano) intoccabili in contropiede.

Francamente non so se Bestie di scena possa essere un punto e a capo, una ripartenza alla ricerca di altre strade nate dalla curiosità creativa, dal coraggio dell’artista. Quello che so è che è fortemente diverso rispetto al suo precedente universo creativo, un qualcosa ancora in divenire ma convinto e sincero. Proprio per questo quel nudo che ha disturbato qualcuno anche fra gli addetti ai lavori, mi sembra una nudità casta, portatrice di molte domande su chi siamo e dove andiamo, una nudità non provocatoria ma pur sempre inquieta che si impone allo spettatore non appena gli attori hanno piegato accuratamente i loro vestiti davanti a sé e se ne stanno lì, tutti in fila, gli uomini coprendosi con la mano il sesso e le donne anche il seno. Un atto teatrale che certo nella storia del teatro non è sicuramente il primo e non sarà neppure l’ultimo e che forse è persino un omaggio ad alcuni riconosciuti maestri. Ma è come dire “ecco sono qui, dov’è l’altro con cui posso fare una battaglia di corpi, di sensazioni, di scontri e incontri?”

La fila orizzontale dell’inizio si rompe, per ricomporsi a testuggine o in piccole file in un continuo costruire e distruggere spazi e situazioni in cui ci si incontra, ci si scontra, si litiga, ci si ama, e dove si può anche morire. Sempre senza una parola, sempre costruendo e distruggendo magari accompagnati dalle parole di Only you cantata dai mitici Platters… sentimento e disgregazione, tenerezza e ironia, in un mondo che sfugge in continuazione e che si vuole riacciuffare a tutti i costi. In questo spazio precario, dove si muovono i bravissimi attori, improvvisamente si inserisce una specie di padreterno che, senza mai mostrarsi, dalle quinte getta in scena, fra i piedi degli interpreti, oggetti che tentano di rompere il ritmo dell’azione contro i quali è necessario agire e reagire: una specie di atto senza parole che guarda a Beckett. Anche per questo Bestie di scena va oltre l’aspetto formale e silenziosamente, quasi pudicamente, ci pone delle domande su chi siano o chi possano essere quegli individui venuti da chissà dove, che, del tutto inermi, quasi sacrificalmente si “giocano”, di fronte a noi, la vita e la morte. Vi ricorda qualcosa?

Visto al Teatro Strehler di Milano. Repliche fino al 19 marzo 2017. Foto © Masiar Pasquali

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Bestie di scena
ideato e diretto da Emma Dante
con Elena Borgogni, Sandro Maria Campagna, Viola Carinci, Italia Carroccio, Davide Celona, Sabino Civilleri, Alessandra Fazzino, Roberto Galbo, Carmine Maringola, Ivano Picciallo, Leonarda Saffi, Daniele Savarino, Stephanie Taillandier, Emilia Verginelli, Daniela Macaluso, Gabriele Gugliara
elementi scenici Emma Dante
luci Cristian Zucaro
coproduzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Atto Unico / Compagnia Sud Costa Occidentale, Teatro Biondo di Palermo, Festival d’Avignon