Prima regia “pura” per Sonia Bergamasco, alle prese con lo scambio epistolare fra due donne lontane, interpretate da Isabella Ragonese e Federica Fracassi. Tratto dal romanzo di Honoré de Balzac. Una sifda coraggiosa, vinta dalle attrici – Maria Grazia Gregori
C’è spesso un libro o un racconto nella storia di Sonia Bergamasco, attrice. Per ricordarne alcuni: “Anna Karenina” di Tolstoj, “Il ballo” di Irène Nemirovskij, “Il trentesimo anno” di Ingeborg Bachmann. Un libro (o un racconto) credo significhi per lei l’avventura di una lingua, di un pensiero, di un’emozione da non volere più vivere da sola magari idealmente interpretando tutti i personaggi, ma da condividere con qualcun altro. Il pubblico per esempio. Personaggi quasi sempre femminili e nel gioco teatrale di Sonia, che si fa maschera e megafono, le loro voci, i loro desideri, la loro fatica di vivere, la loro infelicità, il bisogno di libertà diventano corpo, sangue, sentimento, voce.
Poteva starsene tranquilla, vivere sugli allori ma se c’è un’attrice curiosa del mondo, che ama il rischio, che accetta le sfide (e forse le provoca) questa è proprio lei. Ma forse in questo suo lavoro certosino senza indulgenza innanzi tutto verso se stessa, ponendo l’asticella delle difficoltà sempre più in alto, c’era già la voglia di un cambiamento. E poi Sonia ci ha abituati a molti giri di boa anche nel cinema passando, con un certo gusto della provocazione, da registi come Marco Tullio Giordana e Giuseppe Bertolucci a Quo vado accanto a Checco Zalone. Lo stesso è accaduto in televisione: da un delizioso, innovativo serial come Tutti pazzi per amore a Una grande famiglia, prodotto tutto all stars, fino ad oggi dove tutti la conoscono come “la fidanzata” di Montalbano.
Tutto questo per dire che si ha spesso la curiosità di chiederci che cosa mai stia combinando Sonia Bergamasco. Ce lo racconta lo spettacolo in scena al Piccolo Teatro Grassi – dove ha debuttato molti anni fa, dopo aver frequentato la Scuola del Piccolo, in Arlecchino del Buongiorno diretta da Giorgio Strehler – segna anche il suo debutto come regista “pura”: un punto d’arrivo o di ripartenza non si sa se destinato a rimanere un unicum o a durare nel tempo. Ancora una volta si parte da un libro perché Louise e Renée è tratto dal romanzo epistolare Mèmoires de deux jeunes Mariées (1842) di Honoré de Balzac al quale ha dato forma teatrale Stefano Massini che ne ha curato la riduzione per la scena, scegliendo una linea di racconto che rispettasse l’evolversi, attraverso gli anni della storia che ha per protagoniste due donne – Louise e Renée entrambe vestite di bianco (costumi di Gianluca Sbicca) – che prima sono state fanciulle in fiore nei “beati anni” del collegio e che si sono giurate, una volta uscite, di non perdersi, di non dimenticarsi mai. Ma la vita di fuori con le sue ragioni e le sue crudeltà darà un duro colpo ai sogni delle due ragazze. Le lettere che si scrivono sono, dunque, il segno di un legame fortissimo che vuole tenere viva, malgrado tutto, la piccola luce di quell’amicizia così totale da assomigliare a un amore.
Un testo senza dialoghi, tutto giocato attraverso le lettere che Louise e Renée si scrivono, un fluire ininterrotto di sentimenti, di fatti gioiosi e tristi, di solitudini. Una rappresentazione delle pulsioni dell’animo femminile, senza pudore malgrado la sua buona dose di mistero.
È proprio questo fluire, questi sussulti del cuore che Sonia Bergamasco ha voluto mettere al centro del suo spettacolo che rifiuta la fissità, il confronto rigido fra due modi di essere donna per scegliere il divenire: tutto sul palcoscenico si muove, ha un suo respiro segreto, catturato dalle belle luci di Cesare Accetta, dalla candide scene di Marco Rossi con quinte in movimento che possono trasformarsi in uno schermo delle situazioni narrate su cui proiettare parole, frasi tratte dal testo in grado di darci per così dire il “luogo” emotivo di ciò che vediamo nel corso del tempo. Ma non ci sono vie di fuga, la regista le rifiuta e quando si può individuare uno spiraglio di libertà ecco quelle fasce candide che inchiodano le due donne in un specie di danza (inventata da Alessio Maria Romano), indissolubilmente legate anche quando credono di potersi liberare.
In scena dunque si rappresenta, come dentro un caleidoscopio in movimento, il modo in cui si educavano le fanciulle in ambienti diversi ma sempre con regole sociali repressive che riguardavano solo loro. E se Louise, che appartiene all’elegante mondo parigino, crede per un momento di sfuggire a queste regole e in nome dell’amore ne pagherà tragicamente le conseguenze, Renée, che vive in campagna e non è ricca, capisce subito qual è il suo ruolo di figlia di un uomo che l’ha venduta a un altro che l’ha comprata e lo accetta trovando la forza di andare avanti nell’amore mai rassegnato per i figli. I sogni di felicità sono perduti come è perduto il tempo in cui si è sognato l’amore: il dramma, il dolore, arrivano all’improvviso – un figlio che può morire per un attacco di epilessia; un marito che ha tradito…– ma dove se ne sono andati i sussulti segreti della fanciullezza?
Louise e Renée rappresentano due modi di essere donna, due prototipi di femminilità negli anni sostanzialmente repressivi in cui Balzac scrive: svagata, tenera, leggera la Louise che Isabella Ragonese rende con sensibilità. Più conscia, di una dolcezza spigolosa, maternamente ragionatrice la Renée della brava Federica Fracassi. Due caratteri agli antipodi non facili da cogliere. Louise e Renée nello spettacolo di Sonia Bergamasco sono immagini di un’impossibilità ma anche di un’impotenza a vivere la propria vita, a trasformare i sogni in realtà, a prendere davvero in mano il proprio destino. Da vedere.
Visto al Piccolo Teatro Grassi di Milano. Repliche fino al 30 aprile 2017
Louise e Renée
da Mémoires de deux jeunes mariées di Honoré de Balzac
drammaturgia Stefano Massini
regia Sonia Bergamasco
con Federica Fracassi, Isabella Ragonese
scene Marco Rossi
costumi Gianluca Sbicca
luci Cesare Accetta
cura del movimento Alessio Maria Romano
trucco e acconciature Aldo Signoretti
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa