Valentia Cortese

Buon viaggio, Valentina

Valentina Cortese se n’è andata, lontano da tutto e da tutti. È stata un’attrice magnetica e una donna bellissima, che sapeva essere dolce e allo stesso tempo imperiosa. Fu molto amata e molto amò, senza risparmiarsi nessun dolore perché lei era anche questo: generosa fino all’ultimoMaria Grazia Gregori


Se n’è andata, lontana da tutto e tutti, Valentina Cortese, un’attrice, una donna che anche solo apparendo in un luogo, magari senza dire una parola, suggeriva un mondo e lo riempiva della sua presenza. Un’attrice che prima di essere attrice era una donna bellissima che sapeva essere dolce e allo stesso tempo imperiosa. Che è stata molto amata e che ha molto amato senza risparmiarsi nessun dolore perché lei era anche questo: generosa fino all’ultimo difendendo i suoi amori anche se l’avevano – a volte – fatta soffrire.

Era una donna minuta, ma fortissima, sapeva sopportare qualsiasi fatica per le cose in cui credeva, non si piegava di fronte a nulla. Eppure non le sono mancati i dolori: la morte dell’unico, amatissimo figlio, dell’ultimo marito nel quale aveva trovato un rifugio sicuro, la morte degli uomini che aveva amato di più anche se non stavano più con lei per i quali conservava, sempre, un grande tenerezza.

Valentina Cortese è stata una grande attrice, anzi un’attrice unica, amatissima dai registi che l’hanno diretta, da Giorgio Strehler che è stata uno dei grandi amori della sua vita, a Patrice Chéreau che lei adorava, da Michelangelo Antonioni che la diresse in uno dei suoi primi film, Le amiche a Federico Fellini, che per lei aveva un debole fatto di amicizia e di divertimento, a François Truffaut. La ricordo in teatro: ritta e minuscola, infaticabile durante le prove in palcoscenico quando si misurava con i grandi personaggi che Strehler le cuciva addosso e con i quali dava vita a un vero proprio corpo a corpo da cui usciva sempre vincitrice. Ecco la Ljuba del Giardino dei ciliegi di Cechov svagata, spendacciona e sostanzialmente infelice che incantava gli spettatori giocando con il suo ombrellino come fosse una Winnie beckettiana arrivata d’improvviso da chissà dove; oppure lucida, determinata nel rigido tailleur dell’Esercito della Salvezza in Santa Giovanna dei Macelli di Brecht; l’inarrivabile Ilse dei Giganti della Montagna o come magica e crudele Lulu di Wedekind. Era sempre e comunque una vera Signora della scena: la sua presenza era di quelle che potevano arricchire un parterre magari frequentatissimo: bastava un lampo dei suoi occhi (violetti!) a rendere un saluto, un incontro unico. Poteva sembrare capricciosa, scostante, ma ho sempre creduto che fosse un modo tutto suo di difendersi, di stare tranquilla, di non subire la curiosità altrui se le sembrava troppo invadente.

È stata una grande attrice in cui si combattevano sempre ragione, sensibilità e distacco, inquietudine e pensiero. Tutti sentimenti di cui arricchiva i suoi personaggi, quel suo essere in palcoscenico ma anche nella vita leggera e impegnata. Una donna, almeno per me, che sapeva tenere testa agli uomini, pronta a manifestare per un causa che credeva giusta nei grandi cortei dei lavoratori sotto lo striscione del Piccolo Teatro, dove veniva riconosciuta e applaudita quando passava perché la sentivano “una di loro”. Perché Valentina non conosceva le mezze misure nelle cose in cui credeva e per questo penso che abbia anche sofferto quando qualcosa o qualcuno in cui credeva, a cui voleva bene, la deludeva.

Da tempo, ormai, viveva ritirata, spesso dando l’impressione di negarsi alle persone che le erano state più vicine. Mi colpisce che nel silenzio si sia chiuso anche per lei l’ultimo sipario. Ma per tutti quelli che l’hanno amata in scena e nella vita sarà sempre e comunque “la” Cortese: unica e inarrivabile. Buon viaggio, Valentina.