Agosto di fuoco, tra star e rivelazioni, per l’Arena di Verona

All’insegna non solo delle stelle internazionali più famose ma anche di tante voci emergenti di assoluto interesse, il festival dell’Arena di Verona chiude in bellezza, con grande risposta di pubblico e di botteghino. Davide Annachini

Se a luglio l’Arena di Verona aveva già messo molta carne al fuoco, in agosto il cartellone si è fatto ancora più ricco, incentrando alcune serate sulle più famose star internazionali e su una rotazione di cast nelle diverse opere. In particolare Tosca, nel collaudato e tuttora suggestivo allestimento di Hugo De Ana, ha visto il ritorno di due beniamini assoluti del pubblico, come Anna Netrebko e Jonas Kaufmann, acclamati protagonisti dell’opera pucciniana in due compagnie diverse. Il soprano russo ha sfoggiato la nota vocalità, ampia, ricca, capace di imprese indimenticabili – come i suggestivi pianissimi e i fiati interminabili in un “Vissi d’arte” triplicato per durata nell’estenuata scelta dei tempi -, anche se la cantante è sembrata d’altro lato meno onnipotente del solito, in qualche do acuto risolto più per natura che per tecnica, come anche l’interprete. sempre pugnace e generosa, ha lasciato la vaga sensazione di una performance più istintiva che meditata. Le hanno tenuto testa – sotto la direzione dai tempi estremamente dilatati di un Daniel Oren votato all’intimismo e al cesello orchestrale a dispetto delle vastità areniane – lo Scarpia truculento e altisonante di Luca Salsi e il Cavaradossi poetico, sentimentale, quanto eroico e cantato benissimo, di Yusif Eyvazov, forse il più impeccabile del terzetto. Nel caso di Kaufmann il discorso era diverso: per quanto l’artista sia stato quello suggestivo e personale di sempre, il cantante ha svelato un momento di indubbia stanchezza vocale, con suoni difficili e spesso incrinati nei centri (a differenza degli acuti, tuttora sicuri), con un timbro opacizzato e con una precarietà generale nella resa esecutiva. Il suo Cavaradossi, comunque affascinante al di là di tutto, si fronteggiava con la Tosca sicura ma anche molto impersonale nel fraseggio e nelle intenzioni espressive – fatto salvo anche per lei un “Vissi d’arte” davvero suggestivo – di Elena Stikhina (già Aida non emozionante) e con lo Scarpia nobile nel canto ed elegante nella definizione interpretativa, nonostante qualche risata di troppo, del grande Ludovic Tézier. Due edizioni di Tosca assolutamente di lusso, che avrebbero potuto figurare nei maggiori teatri internazionali, come quasi tutte le produzioni presentate in Arena.

In Aida, ad esempio, dopo la riproposta a luglio della messinscena “di cristallo” di Stefano Poda, surreale e spettacolare, in agosto è stata la volta di quella storica del 1913 di Ettore Fagiuoli, per la regia del compianto Gianfranco de Bosio, una ripresa questa volta più curata e rinfrescata rispetto agli anni precedenti, con un suo fascino da figurina Liebig tuttora tenerissimo. Anche qui una compagnia molto solida, sotto la direzione sapiente di Daniel Oren, in cui abbiamo ritrovato l’Aida di Anna Pirozzi, decisamente più in forma rispetto alla scorsa stagione, dalla vocalità di autentico soprano drammatico italiano, ampia, estesa, scolpita nel fraseggio ma anche sfumatissima (più al centro che in alto) e intima nelle intenzioni espressive, il Radames del veterano Gregory Kunde, interprete sempre convincente e suggestivo al di là di una resa vocale che, per quanto ancora svettante e robusta, risente inevitabilmente dell’età e di un’onerosa carriera, l’Amneris impetuosa e travolgente di Ekaterina Semenchuk, tornata ai ruoli di mezzosoprano dopo l’esperimento sorprendente di Turandot, l’Amonasro eccezionalmente nobile e misurato di Ludovic Tézier, i validi Re e Ramfis di Riccardo Fassi e Alexander Vinogradov.

Unica nuova produzione di stagione era La Bohème, firmata da Alfonso Signorini (scene di Guillermo Nova), uno spettacolo nella tradizione e risolto senza particolari voli ma senza nemmeno inutili forzature, dove – ancora sotto la direzione, sentimentale e poetica, di Daniel Oren – si è segnalata soprattutto la Mimì bella di voce e aspetto, oltre che incantevole come interprete, di Juliana Grigoryan, a fianco del Rodolfo di Vittorio Grigolo, mattatore sempre un po’ spaccone e sopra le righe, del Marcello raffinato di Luca Micheletti, della piccante Musetta di Eleonora Bellocci, dei validi Schaunard di Jan Antem e Colline di Alexander Vinogradov.

Per quanto riguarda le opere già segnalate a luglio, vanno ricordate alcune presenze interessanti nei cast successivi, come in Carmen una star quale Pretty Yende, Micaela immacolata e preziosa nel canto anche se un po’ penalizzata dalla vastità areniana, e una protagonista di rilievo, per vocalità robusta, estesa e di bel colore, quale il mezzosoprano Alisa Kolosova, o come, nel Barbiere di Siviglia, il Figaro aitante, sicurissimo, estroverso di Davide Luciano, il Bartolo esemplare per nitidezza di sillabati e comicità calibratissima di Carlo Lepore e l’interessante Rosina di Ekaterine Buachidze, mezzosoprano di timbro caldo e suggestivo nei centri quanto di luminosità sopranile in alto.

E, in un calendario fittissimo di appuntamenti – salutati tra l’altro da enormi presenze di pubblico e diversi sold-out – in cui vanno ricordati quantomeno la coinvolgente Noche Espanola, con un Placido Domingo ancora artista mattatore e suadente interprete di Zarzuela, e gli imponenti Carmina Burana, con grande spolvero di masse musicali dirette ottimamente da Michele Spotti, la vulcanica sovrintendente Cecilia Gasdia annuncia già per il prossimo anno una nuova produzione di Nabucco, insieme alle riprese di Aida, Traviata, Carmen, Rigoletto, ancora tutte da scoprire nelle presenze stellari.

 

 

 

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