Edoardo Ribatto

Io sono il proiettile di Edoardo Ribatto

Con un radiodramma dal vivo in cui presta la voce a tutti i personaggi, Edoardo Ribatto racconta con efficacia, fra realtà e finzione, la storia di due amici scrittori nell’Urss post-stalinistaMaria Grazia Gregori

In scena sul palcoscenico della Sala Bausch dell’Elfo Puccini di Milano ci sono dodici personaggi, ma in realtà c’è un attore solo, Edoardo Ribatto, con tre microfoni, un vocoder e uno schermo sul quale vengono proiettati fotogrammi  color seppia di una storia ricca di incroci e di incontri. Grazie ai tre microfoni e al vocoder, Ribatto fa le voci sia maschili che femminili, senza strafare, molto sorvegliato come qualcosa di assolutamente necessario alla storia che si appresta a raccontare. La storia di Io sono il proiettile è quella di Yuri (o Julji ) Markus (o Maximov) Daniel, scrittore russo  condannato nei tempi bui dell’Urss post stalinista  per reati di opinione per i suoi romanzi senza tenere conto della sua difesa: a parlare non era lui ma i suoi personaggi.  Risultato: la condanna al gulag  per cinque anni. Un processo famoso avvenuto nel 1966 che lo vede coimputato con l’amico, scrittore e critico Andrei Sinjavski (condannato a sette anni) per cui si mosse invano l’opinione pubblica dell’Occidente. Con una conclusione diversa per i due amici: una volta scontata l’ingiusta pena, di fronte alla restrizione che impediva loro di tornare a Mosca ma che gli permetteva di andare all’estero, Sinjavski scelse l’esilio a Parigi, Daniel invece rimase in Russia in una piccola città senza più scrivere una parola.

Questa la storia. Ora questi avvenimenti, che sconvolsero la nostra giovinezza, formano l’ossatura dello spettacolo scritto e diretto da Edoardo Ribatto, attore che ha già ottenuto risultati notevoli nella sua carriera, costruito con una misura rara, commovente. In un’intervista l’autore-regista-attore racconta  di avere scoperto su di una bancarella di libri vecchi a Firenze il romanzo Espiazione  che in copertina portava, oltre al nome vero dell’autore Yuri Markus Daniel, fra parentesi un altro nome (Nikolaj Arzhak) alter ego immaginario, scelto da Yuri per potere pubblicare all’estero le sue opere. Ribatto “gioca” sul concetto di doppio mescolando le carte dell’identità dei personaggi, in un incalzante dialogo a più voci. E i piani spesso si sovrappongono sia emozionalmente che dal punto di vista della fruizione.

Siamo nel 1963, in Russia e qualche volta i protagonisti di questa storia buttano là un “ti ricordi  ai tempi di Stalin?” Un uomo, Victor,  accusato ingiustamente di essere un delatore, abbandonato con disprezzo dagli amici, in un bar fra un bicchiere e l’altro confida l’ingiustizia di cui è vittima a un amico improvvisato, Yuri. Viktor non accetta una condanna che reputa ingiusta – non ha mai tradito nessuno. Yuri da parte sua è persuaso che le colpe del mondo vadano espiate, magari proprio da chi non le ha commesse.  Frustrazione, senso di colpa, angoscia per la propria identità… per arrivare a chiedersi se  sia il non fare o il non agire una colpa.  Yuri è uno scrittore: sarà lui a raccontare la storia di Viktor, una storia che lo pone di fronte a se stesso,  ai pedinamenti da parte dei “cekisti”  (i poliziotti della famigerata Ceka, la polizia politica russa). E la vicenda dei due con l’andare e il venire fra presente e passato si incrocia con altre storie, la moglie, gli amici, con quella improbabile dell’incontro con Franz. Kafka. Reali  invece sono tante storie che qui s’intrecciano mescolandosi alle belle immagini che rimanda il filmato, comprese  quelle dello stesso attore ripreso in abiti d’epoca che cita i personaggi maschili di cui parla; reale è l’amicizia con Sinjavski, la loro collaborazione,  reale è la consegna di alcuni loro manoscritti  all’emissario di un editore francese perché li pubblichi: visto che loro non possono lasciare il paese, che almeno siano i loro scritti a parlare.

Di fronte a noi, dunque, l’attore racconta, con grande delicatezza senza mai lasciarsi prendere la mano, la storia di una disillusione, la stessa – ci si dice –  che ha colpito Vladimir  “Maka” Majakovskij, che è poi il filo che unisce la vita di tutti i personaggi partendo dal  presupposto  che è difficile raccontare la verità e soprattutto sostenerla invece di cedere al principio “bocca chiusa, mani a posto, sorriso socialista”. Ribatto ha una presenza scenica discreta, mai invasiva e la sua interpretazione molto interiorizzata riesce a trasmetterci il senso della vita di questi personaggi, la loro verità senza mai “essere” i personaggi, riuscendo a comunicarci sull’onda di una colonna sonora che mescola la voce ribelle di Vladimir Visotskij alla musica americana il senso di una vita, di una storia, di un’avventura. Da vedere.

Visto al Teatro Elfo Puccini di Milano. Repliche fino all’8 dicembre 2013

PROLOGO IO SONO IL PROIETTILE

Io sono il proiettile
(espiazione)
radiodramma per attore solo e vocoder
di e con Edoardo Ribatto
produzione Associazione Culturale Masca in Langa