Juan Mayorga ha ricostruito la macabra messinscena del lager di Terezin. Renato Sarti riapre il capitolo sul terrorismo rimettendo il scena “La gabbia (figlia di notaio)” di Massini. Vitaliano Trevisan ha rimesso mano agli “Innamorati” di Goldoni (regia di Andrée Ruth Shammah). Da seguire anche “Giulio Cesare. Pezzi staccati” di Romeo Castellucci e l’arrivo a Roma del duo Carullo-Minasi con “Due passi sono” – Renato Palazzi
L’episodio è noto, e storicamente documentato. Nel giugno del ’44 il campo di prigionia nazista di Terezin fu sede di una macabra messinscena: i deportati e i loro sorveglianti, sotto la direzione di un colto ufficiale tedesco, per ingannare un ispettore della Croce Rossa furono costretti ad allestire una sorta di enorme rappresentazione collettiva, da cui risultava che il luogo fosse un accogliente villaggio modello. Questa sinistra vicenda è ricostruita in un testo dello spagnolo Juan Mayorga, Himmelweg (nella foto), in scena da sabato 22 al Teatro Due di Parma, con la regia di Gigi Dall’Aglio.
Ne La gabbia (Figlia di notaio), nel 2005, l’allora giovanissimo Stefano Massini affrontava i nodi umani e psicologici della lotta armata in Italia immaginando il difficile incontro in carcere fra una terrorista detenuta e la madre, affermata scrittrice. In quel testo ha ora rimesso le mani un autore di un’altra generazione, Renato Sarti, che attraverso una serie di inserti drammaturgici intende riaprire la riflessione storica su un’epoca di sangue e di tensioni. Lo spettacolo, diretto dallo stesso Sarti, debutta in prima nazionale martedì 25 al Teatro della Cooperativa di Milano.
Eugenia e Fulgenzio, i giovani protagonisti de Gli innamorati di Goldoni, si amano e si desiderano, ma la loro vita a due è tormentata da continui litigi, ripicche, puntigli, scene di gelosia: si lasciano e si riprendono di continuo, nevroticamente, come se non potessero fare a meno l’uno dell’altra, e al tempo stesso non riuscissero a stare bene insieme. È questa immagine inquieta della coppia che rende la commedia modernissima. Andrée Ruth Shammah la affronta da mercoledì 26 al Teatro Franco Parenti di Milano, nell’adattamento di un autore di oggi, Vitaliano Trevisan.
Prosegue a Bologna e la volpe disse al corvo. Corso di linguistica generale, il progetto dedicato a Romeo Castellucci: da giovedì 27, nell’aula magna dell’Accademia di Belle Arti, è in programma Giulio Cesare. Pezzi staccati, una rivisitazione dei due monologhi centrali dello storico spettacolo shakespeariano della Socìetas Raffaello Sanzio, il primo pronunciato da un attore che ha una videocamera endoscopica inserita nella glottide, in modo da mostrare la parola che si forma nelle corde vocali, il secondo da un laringectomizzato che si misura col discorso di Marco Antonio.
C’è una strana coppia di adulti-bambini ossessionati dalle precauzioni sanitarie e chiusi in un loro microcosmo teneramente maniacale al centro di Due passi sono, lo spettacolo rivelazione – vincitore nel 2011 del premio Scenario per Ustica – del talentuoso duo Carullo-Minasi: messinese lei, reggino lui, insieme sulla scena e nella vita, Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi conquistano il pubblico coi loro dialoghi amenamente surreali e con la loro recitazione minimalista, immersa nel divenire della vita. Da non perdere. Dal 27 marzo al Teatro Vascello di Roma.