La bottega del caffè

La bottega del caffè

Maurizio Scaparro a 82 anni ha ancora voglia di mettersi in gioco e ci riesce confezionando uno spettacolo ricco di umanità e di vivacità, in cui spicca il ritorno sulle scene di Pino Micol Maria Grazia Gregori


Pettegolezzi, maldicenze, gente che si rovina al gioco, uomini traditori, donne gelose e testarde, bugie, amorazzi e denaro che si perde, che si vince, che manca, gioielli che si rubano per pagare i debiti mentre il Carnevale impazza, lì in laguna. Si direbbe che, preso da improvvisa nostalgia per i suoi bellissimi Goldoni di un tempo, Maurizio Scaparro abbia voluto ritornare a raccontarci le storie degli uomini e delle donne così come nascevano nella vita in quello scorcio del Settecento e che Goldoni ritraeva da par suo in quel magico libro che per lui era il teatro. Ecco dunque in scena, dopo il debutto al Festival di Napoli, al Teatro Grassi nel ricco cartellone estivo del Piccolo pensato per Expo, il suo ultimo Goldoni, La bottega del caffè, pronto per una lunga tournée (sarà anche a Parigi), spettacolo nel quale ritroviamo l’ironia, la misura, e quella “ragionevole” poesia che sono da sempre le caratteristiche del modo di analizzare e rappresentare Goldoni da parte di questo nostro regista che a 82 anni, ha ancora voglia di mettersi in gioco per raccontarci qualcosa e che, quel che più conta, ci riesce offrendoci uno spettacolo ricco di umanità e di vivacità nel cogliere gli slittamenti del cuore (e delle borse) di quel piccolo mondo attorno al quale gira la commedia sull’onda delle musiche di Nicola Piovani.

Per Goldoni ritorna a lavorare con Scaparro un attore “di razza” come Pino Micol, che da tempo mancava dagli spettacoli del regista romano e che qui interpreta con bravura il maldicente Don Marzio, sedicente gentiluomo napoletano, maestro di pettegolezzi e cattiverie, vera anima nera del testo, mettendone in luce non tanto questo aspetto quanto piuttosto una crudeltà svagata, bugiarda, perfino quasi stupita dalla propria capacità di mescolare pericolosamente le carte nell’azzardo di un gioco che si fa sempre più duro e che alla fine lo isolerà spingendolo alla partenza verso chissà dove. Don Marzio ha un contraltare “buono” in Ridolfo, il proprietario della bottega del caffè al quale l’ottimo Vittorio Viviani offre buon cuore, reale interesse verso la coppia di giovani sposi Eugenio (Manuele Morgese) e Vittoria (Maria Angela Robustelli), di cui si sente responsabile perché i due si amano, ma, presi nel vortice delle serate, dei debiti di gioco, degli amorazzi sembrerebbero destinati a perdersi.

Siamo a Venezia, anzi in un campiello nei giorni del carnevale (e allora chi non vuole farsi riconoscere come le donne che vanno alla ricerca del marito o dell’amante possono nascondere il viso dietro una maschera), uno spazio delimitato dalla bottega del caffè di Ridolfo e animata dal servitore Trappola (Alessandro Scaretti), da una locanda dove si gioca a carte ma anche si imbroglia, regno di un biscazziere, Ezio Budini), una casa abitata da una giovane donna che fa la ballerina (Giulia Rupi) dove, dice il tremendo Don Marzio, si entra dalla porta davanti ma si può uscire tranquillamente dalla porta di dietro senza essere visti. Basta un nonnulla per mandare all’aria piani che sembravano studiati nei minimi particolari e trovarsi con un pugno di mosche anche se si esalta la scontrosa tenerezza della giovane coppia formata dai pupilli di Ridolfo, la ferrea determinazione di Placida detta “la pellegrina” (Carla Ferraro) arrivata a Venezia da Torino per avere notizie del marito Leandro (Ruben Rigillo) che un bel giorno l’ha abbandonata andandosene di nascosto ma che lei, comunque, intende riportasi a casa. Non sappiamo però che cosa succederà dopo: se i giovani sposi avranno imparato la lezione, se gli sposi più navigati sapranno mantenere il fragile accordo ritrovato.

Goldoni e Scaparro non ce lo dicono, c’è come una sospensione, tutti escono di scena dove resta solo, smascherato e disprezzato da tutti, Don Marzio, mostrato di spalle, pronto ad andare chissà dove, sostenendo di voler cambiare vita. Ma come si fa a credergli?

Visto al Piccolo Teatro Grassi di Milano. Domenica 21 giugno 2015 ultima replica