Enrico IV

Scritto da Pirandello per Ruggero Ruggeri, “Enrico IV” è fatto proprio da par suo da Carlo Cecchi in veste di regista e attore. Ciò grazie al suo innegabile carisma, a un raffinato gioco scenico di teatro nel teatro, all’uso di una lingua più contemporanea che non teme anche di sovvertire (amorosamente?) il classico pirandellianoMaria Grazia Gregori


Non aspettatevi un classico messo in scena e recitato come pensate si debba fare. Non è un gioco di parole se a farlo c’è un attore come Carlo Cecchi, interprete e regista allo stesso tempo che, per esempio, i testi di Pirandello ci ha abituato a vederli presi in contropiede. Ricordo a questo proposito un inaspettato, divertente, iconoclasta L’uomo, la bestia, la virtù dove la ripetitività ricercata delle parole, il loro ritmo cantilenante cambiavano totalmente l’approccio al testo. Vedere per credere Enrico IV, un vero e proprio pilastro della drammaturgia pirandelliana scritto, come si sa, per Ruggero Ruggeri, prodotto dal Teatro Stabile delle Marche, in scena, in questi giorni, con grande successo al Teatro Franco Parenti di Milano.

In realtà l’approccio di Cecchi che quando entra in scena è di quegli attori che catalizzano l’attenzione e le aspettative del pubblico (chiamatelo, se volete. carisma) ci invita – almeno così mi pare – a pensare a una specie di Questa sera si recita a soggetto piuttosto che a Enrico IV. E questo ha fatto splendidamente per il piacere dei suoi fans, fra i quali mi metto anch’io.

Lo spettacolo è un gioco del teatro nel teatro fin dall’inizio: quelle poltrone, quelle sedie, quel tavolinetto da capocomico un po’ micragnoso, che formano l’ossatura della scena di Sergio Tramonti ci suggeriscono l’ipotesi di trovarci di fronte a un gioco scenico fra attori alle prove e attori in scena in un continuo fare e disfare, dove Cecchi – con un costume da penitente – è l’imperatore Enrico IV costretto ad aspettare nella neve in ginocchio il permesso di entrare nel castello di Matilde di Canossa dove si trova il papa gregorio VII per chiederne il perdono… Un’irresistibile parodia del dramma pirandelliano qui rappresentato “in digest”, dunque ridotto all’osso, grazie anche all’uso di una lingua più contemporanea. Insomma Cecchi si diverte a sovvertire (amorosamente?) i testi mettendo in bocca agli attori un italiano certamente più vicino al nostro.

Della follia (finta come si scoprirà) del protagonista caduto da cavallo per un inganno nato dalla gelosia per una donna, mentre con un gruppo di amici in costume celebrava il fatto storico avvenuto durante il Medio Evo indossando costumi (di Nanà Cecchi) che ne citano l’epoca, che l’ha reso, almeno all’apparenza pazzo, condannato a restare fissato in un’epoca e in fatti lontani e circondato da falsi servitori, Cecchi la rende come scelta punitiva verso il senso di colpa dei cosiddetti amici fin dall’inizio nel ruolo di quello che realmente è: un attore che recita una parte. Per farlo usa gli stilemi del teatro non solo pirandelliano ma dell’epoca in sé mettendo in scena un suggeritore del tutto inventato e piuttosto invadente al quale risponde a ogni intervento con un “lo so, lo so” fra lo stizzito e l’ironico. E trasforma il gioco del teatro nel teatro in certi momenti dello spettacolo in una prova aperta. Il gioco lo si ritrova anche in una colonna sonora che mescola passato e presente, la musicalità ripetitiva di Phil Glass al celeberrimo refrain (“noi siam come le lucciole, viviamo nelle tenebre”) di “Lucciole vagabonde” di Bixio il Cecchi attore, che può e sa recitare l’infinitamente alto e l’infinitamente basso, eccolo lì con la sua camminata molleggiata, l’ironia malandrina a citare la farsa inglese e la commedia francese e perfino Amleto con il suo discorso agli attori.

Se l’inizio dove spiccano le interpretazioni di Roberto Trifirò che è Belcredi e di Angelica Ippolito che è la fedifraga Marchesa e la trafelata comicità di Gigio Morra nel ruolo del Dottore è in punta di forchetta, l’arrivo di Cecchi scompagina le carte con lampi da teatro dell’assurdo che toccano il vertice quando, dopo aver pugnalato Belcredi, gli si rivolge dicendogli di alzarsi in fretta, praticamente di non strafare perché “domani dobbiamo fare un’altra replica”. Da vedere.

Visto al Teatro Franco Parenti di Milano. Repliche fino al 26 novembre 2017. Tournée

Enrico IV
di Luigi Pirandello
adattamento, interpretazione e regia di Carlo Cecchi

con Carlo Cecchi, Angelica Ippolito, Gigio Morra, Roberto Trifirò, Dario Iubatti, Federico Brugnone, Remo Stella, Chiara Mancuso, Matteo Lai, Davide Giordano
scene di Sergio Tramonti
costumi di Nanà Cecchi
assistente alla regia Dario Iubatti

produzione MARCHE TEATRO teatro di rilevante interesse culturale