Il talentuoso giovane regista Simon Stone firma un allestimento iperrealistico, con veloci immagini “cinematografiche”, prendendo il pubblico in contropiede con un alternarsi di stili e ci rovescia addosso un profluvio di parole che strappano più di una risata per poi precipitarci nell’inquietudine più nera (ma non è proprio questo il vaudeville cechoviano?) – Maria Grazia Gregori
Delle Tre sorelle di Cechov – dalle quali deriva lo spettacolo, qui titolato Les trois soeurs, dell’astro nascente della regia internazionale nato in Svizzere ma australiano (33 anni!) Simon Stone – sembrerebbe ci siano rimasti solo il titolo e i nomi di Irina, Masha, Olga, Natasha. Sembra ma non è vero: perché dopo poco ci si rende conto che questa applauditissima performance del Theâtre Odeon di Parigi, recitata in francese e presentata al Carignano dal Teatro Stabile di Torino, che si rappresenta in una casa su due piani dalle pareti trasparenti di perspex, che si muove girando su se stessa mostrando diverse angolature, ci dice senza parole che la vita dei personaggi è precaria, in pericolo. Ed è proprio questa precarietà della casa ma anche dei protagonisti a rendere la rappresentazione veramente cechoviana perché tutto e tutti sono in pericolo mentre, inconsapevoli, stanno lì sull’orlo di un baratro e,con una buona dose di incoscienza, continuano la solita vita magari non ballando un valzer ma ascoltando Heroes di David Bowie.
Tutto e tutto si fa in questa casa dalle pareti specchianti che ci trasformano in consapevoli e magari anche compiaciuti guardoni: si litiga, si fa l’amore, si prepara l’albero di Natale, si cucina, si fa la doccia, ci si tradisce, qualcuno si confessa gay e qualcuna lesbica, ci si cerca, ci si rifiuta, ci si scazzotta, ci si uccide (non ci sono duelli), si ricorda il passato, si mette in vendita la casa che verrà acquistata anzi donata a Natasha dal suo amante forse padre della sua bambina. Intanto si ricorda il passato e si danno le coordinate del tempo presente o appena lontano: la caduta del muro di Berlino, i cataclismi. E non si favoleggia più di Mosca ma magari di New York o di San Francisco. E ancora a Cechov rimandano alcune suggestioni derivate da Platonov (spettacolo peraltro già realizzato dal giovane regista), del Gabbiano… ma si citano anche Shakespeare e Sarah Kane.
Nella casa delle tre sorelle e del loro fratello tutto è impietoso e feroce, tutto sembra a posto, ma niente è in ordine: rari sono i momenti di tenerezza quasi rubati al quotidiano, mentre dominano le violenze e scorre il sangue. La vita qui arriva anche da fuori, con un ritmo ineluttabile: si viene a sapere che è bruciato un camion dove vivono la moglie e le bambine dell’amante di Masha, degli antichi amori che coinvolgono la madre delle tre sorelle. Un’umanità rissosa e disperata, incapace di sopravvivere, che cerca di scuotere la sua fatale tristezza magari suonando il piano, ballando o facendo l’amore. Ed è curioso il fatto che qui siano solo le donne a conservare il filo rosso positivo o negativo della loro storia che le collega alla loro esistenza conservando il loro nome cechoviano mentre gli uomini si chiamano Theodor, Nicolas, Roman, Herbert…
Queste Tre sorelle messe in scena da Stone in modo iperrealistico con una velocità di immagini “cinematografiche” (del resto il regista, cineasta apprezzato, ha vinto recentemente il primo premio al Festival del cinema di Toronto con The Daughter) quasi si stesse girando un film, potrebbero suggerirci una dimensione “altra” ma Stone sa prendere il pubblico in contropiede proprio con questo alternarsi di stili e ci rovescia addosso un profluvio di parole che strappano più di una risata per poi precipitarci nell’inquietudine più nera (ma non è proprio questo il vaudeville cechoviano?). Spettacolo oserei dire maniacalmente perfetto nella direzione di attori bravissimi – Jean-Baptiste Anoumon, Assaad Bouab, Éric Caravaca, Amira Casar, Servane Ducorps, Eloïse Mignon, Laurent Papot, Frédéric Pierrot, Céline Sallette, Assane Timbo, Thibault Vinçon -, nell’invenzione di uno spazio scenico di forte impatto drammaturgico (scene di Lizzie Clachan) Tre sorelle ci pone interrogativi sul nostro presente e su cosa vogliamo davvero. E ci regala alla fine un’immagine destinata a durare nell’immaginario dello spettatore tutte le volte che si trova di fronte a questo testo di Cechov: le tre donne abbracciate l’una all’altra quasi sospese nel vuoto: una piccola, consapevole scheggia di umanità anche quando tutto sembra perduto.
Visto al Teatro Carignano di Torino. Repliche fino al 26 gennaio 2018
Les Trois sœurs
uno spettacolo di Simon Stone
da Anton Čechov
con Jean-Baptiste Anoumon, Assaad Bouab, Éric Caravaca, Amira Casar, Servane Ducorps, Eloïse Mignon, Laurent Papot, Frédéric Pierrot, Céline Sallette, Assane Timbo, Thibault Vinçon
regia Simon Stone
scene Lizzie Clachan
costumi Mel Page
musiche Stefan Gregory
luci Cornelius Hunziker
Creazione francese dalla produzione originale del Theater Basel (10 dicembre 2016 in versione tedesca )
Produzione Odéon – Théâtre de l’Europe
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale