Si nota all'imbrunire, regia di L. Calamaro

Si nota all’imbrunire

Mai melenso e ricco di humour, lo spettacolo scritto e diretto da Lucia Calamaro si avvale di un bravissimo Silvio Orlando, in grado di passare con apparente facilità dalla tristezza alla cattiveria, dall’ironia alla presa in giro. Uno spettacolo ben misurato e ricco di sfumatureMaria Grazia Gregori


È in scena al Piccolo Teatro Grassi, con meritato successo, il nuovo spettacolo scritto e diretto da Lucia Calamaro. Uno spettacolo che colpisce il pubblico, mai melenso ma ricco di un humour che può, talvolta, essere anche triste. Questa caratteristica che si ritrova spesso nei testi di questa drammaturga-regista penso sia un retaggio della cultura sudamericana che tanto ha contato, per ragioni di vita, nella sua formazione. C’è sovente nei suoi lavori, infatti, insieme a una certa durezza, a un disincanto, un dolore malinconico, un pensiero triste, una situazione dolorosa che ci intriga, come nel caso di Si nota all’imbrunire, titolo che a me pare bellissimo, che forse sottintende una domanda e che si snoda con un sottofondo musicale che segna la vita dei personaggi, che ci segue come un leit motiv, un inconfessabile desiderio se non proprio di felicità, di comprensione, una comprensione che può aiutare nei momenti più tristi della vita anche se si ride e magari si può sembrare quasi felici.

Si nota all’imbrunire è la storia di un uomo, padre di famiglia, Silvio, che vive solo in un paesino abbandonato via via anche da chi ci ha abitato, un padre incapace di “chiedere” qualsiasi cosa sia ai figli, sia al fratello. Un padre scostante ma ironico, in grado, almeno all’inizio ci appare così, di affrontare la solitudine sostenendo che sia una cosa utilissima. Un padre che impietosamente giudica i propri figli, il fratello, all’apparenza incapace di sapere vivere con gli altri, che osserva quasi con disprezzo. Poi, però, scopri che è un uomo toccato da un grande dolore: la morte della moglie amatissima, amatissima proprio perché morta, verrebbe da dire.

Questo padre ci viene presentato all’inizio solo, in vestaglia, accidioso, che spara giudizi su tutti e sulle loro presunte incapacità a gustare le vita. Ed eccoli questi familiari chiusi nelle loro corazze ma con tanta voglia – sembrerebbe – di dare tenerezza e comprensione anche se Silvio è portato a credere che vogliano solo impicciarsi perché, in fin dei conti, lui nutre un disprezzo appena velato per quelle che gli appaiono come delle (loro) incapacità insormontabili.

Nel corso dello spettacolo osserviamo i tentativi spesso goffi di questi suoi familiari per trovare una via verso il suo cuore, perennemente respinti dallo scetticismo impietoso, perfino crudele dell’uomo che ci mostra che forse in fin dei conti, è lui che è incapace di vivere con loro, di accettarli per quello che sono: una figlia che cerca l’affermazione nel suo lavoro, un’altra figlia che vorrebbe diventare famosa come poetessa, un figlio che vuole arricchirsi occupandosi dei soldi degli altri, un fratello che cerca un riconoscimento al suo lavoro di medico. Un personaggio, questo padre, che rischia di esserci istintivamente antipatico, manipolatore, superbo, incapace di affetti.

Poi arriva la fine che è praticamente il rispecchiamento dell’inizio. C’è il padre solo con i figli – ci si dice – sono tre anni che non si interessano di lui perfino quest’anno che ricorre l’anniversario della morte della moglie. Eccolo allora il nostro protagonista solo, al cimitero, sdraiato sulla tomba della moglie con un mazzo di fiori in mano. Tutto diventa chiaro: tutto è stato vissuto – almeno così a me pare – dall’uomo come un sogno, una realtà immaginaria, qualcosa che non c’è mai stato fuorché il disinteresse dei figli e la mancanza della moglie, di cui ricorda con struggimento anche le cose più insignificanti. Tutto resta un pensiero, un pensiero triste che si sogna e si ricorda.

Interpretato con grande bravura da Silvio Orlando in grado di passare con apparente facilità dalla tristezza alla cattiveria, dall’ironia, alla presa in giro che si percepisce in fondo in fondo segnata da una triste consapevolezza, Si nota all’imbrunire può anche contare su di una buona compagnia di attori da Riccardo Goretti a Roberto Nobile, da Alice Redini a Maria Laura Rondanini e sulla regia misurata e attentissima alle sfumature, al dettaglio, dell’autrice.

Visto al Piccolo Teatro Grassi di Milano. Repliche fino al 31 marzo 2019. Foto Maria Laura Antonelli