Lear, schiavo d'amore

Lear, schiavo d’amore

La nuova produzione dei Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa propone una rilettura del capolavoro scespiriano nella chiave originale e riconoscibile del gruppo. Con fedeltà ma anche secondo un linguaggio che li ha resi noti in Italia e all’esteroMaria Grazia Gregori


È in scena al Teatro dell’Elfo il nuovo spettacolo del gruppo storico di ricerca torinese dei Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa, gruppo di notorietà nazionale e internazionale che ha ormai trent’anni di vita. Un gruppo che ha fatto delle difficoltà sia economiche che logistiche (oggi speriamo del tutto superate le une e le altre) la cifra dei loro spettacoli. In questi giorni sono alla Sala Fassbinder del teatro milanese dove hanno presentato con successo Lear, schiavo d’amore dal Re Lear di Shakespeare nella riscrittura del leader del gruppo Marco Isidori che ne è, allo stesso tempo, drammaturgo, regista e protagonista. Una riscrittura che, visto il titolo, soggiace soprattutto al sentimento amoroso e alla conseguente delusione che ne nascerà perché è certo che è per amore, per amorosa previsione del futuro che re Lear, ormai vecchio, decide di dividere il trono fra le sue tre figlie e lo fa – e questa è la sua vera colpa – affidando parti del regno sempre più cospicue a chi gli dichiara sentimenti amorosi sempre più iperbolici. Succede dunque che il regno l’avranno solo le due figlie più grandi e bugiarde Gonerilla e Regana, donne che sono in realtà maschi in grado di governare i mariti che qui sono rappresentati come una propaggine di cartone legata al corpo delle due donne, incapaci di governarle e da loro governati. Mentre la più giovane, Cordelia, che dichiara di amare suo padre come si deve amare un padre, viene privata di ogni bene e allontanata dalla corte. Questo è il tema shakespeariano al quale i Marcido restano fedeli con un loro linguaggio particolare che guarda al presente senza mai dimenticare l’irraggiungibile modello.

Dunque Re Lear, dunque un castello: un castello di cui genialmente Daniela Dal Cin, una scenografa che sa creare in spazi minuscoli scenografie incredibili, costruisce come un piccolo castello con le mura di difesa, le torri, il ponte. In realtà questo castello è anche un “sommergibile”, suggerisce Isidori, pronto a far cadere le paratie quando Lear inizia la sua vita di vagabondaggio da una figlia all’altra per essere poi rifiutato da entrambe. Questo strano oggetto dove vanno e vengono personaggi diversi, dal Fool ai figli legittimi e illegittimi di Gloucester, naviga in mari tempestosi, mari immaginari, mari del disincanto, della solitudine, della follia, del pentimento mentre da una specie di grande girasole appaiono e scompaiono personaggi ognuno con la sua storia, la sua crudeltà, la sua menzogna, la sua fedeltà.

Quello che colpisce è che tutti siano in qualche modo legati a qualcosa che li domina, che li costringe a comportarsi come fanno. Così questo Re Lear schiavo d’amore ci sembra un dramma oserei dire privato, chiuso, che oscilla fra l’ingenuità della generosità e il disinganno della realtà e il protagonista è un “pazzo” buono per così dire, vittima degli altri che riuscirà ad avere la sua vendetta malgrado se stesso. È un illuso che vuole continuare ad esserlo, malgrado tutto.

Gli attori sono del tutto inseriti in questo progetto consci come sono – ed è una qualità di questo ensemble – che non esistono piccole parti ma attori mediocri, dalla brava Maria Luisa Abate, una delle colonne del gruppo, al bravissimo Paolo Oricco, da Batty La Val a Francesca Rolli, da Vittorio Berger a Nevena Vujić, all’impagabile Marco Isidori detto l’Isi.

Visto al Teatro Elfo Puccini di Milano. Repliche fino al 19 maggio 2019. Foto Giorgio Sottile

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Lear, schiavo d’amore
una riscrittura di Marco Isidori dal Re Lear di William Shakespeare
regia Marco Isidori
scene e costumi Daniela Dal Cin
luci Francesco Dell’Elba
con Marco Isidori, Maria Luisa Abate, Paolo Oricco, Batty La Val, Francesca Rolli, Vittorio Berger, Eduardo Botto, Nevena Vujić
coproduzione Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa e Fondazione del Teatro Stabile di Torino