Se questo è un uomo

Se questo è un uomo

Il capolavoro di Primo Levi diventa, nell’allestimento di e con Valter Malosti, un’esperienza da vivere non solo con la memoria ma con tutti i sensi, sollecitati da suoni, voci, luci. Nella consapevolezza che, malgrado l’indicibile, l’uomo è e resta misura di tutte le coseMaria Grazia Gregori


È una vera esperienza assistere a Se questo e un uomo di Primo Levi, messo in scena e interpretato da Valter Malosti. Un’esperienza che riguarda certamente la memoria di quello che è stato, ma anche l’autore del libro che l’ha scritto, uno dei sopravvissuti di Auschwitz. Una voce che non ha tentennamenti che non ha timori, che non urla il proprio orrore perché basta pronunciare quel nome che tutti noi che siamo lì “sappiamo” a meno che ci sia chi non voglia sapere. C’è la parola di Primo Levi, anzi c’è lui tutto intero, e c’è Valter Malosti che la dice questa parola, con forza, senza orpelli, inchiodandoci a quel racconto così colmo di umanità anche nell’orrore dei fatti che racconta e che ha visto. “Vediamo” un uomo ridotto pelle ed ossa dalla mancanza di cibo ma che ha la forza di resistere recitando la “Divina Commedia” per farsi coraggio. Malosti ci racconta tutto, ci dice tutto: del cibo schifoso e minimo, delle cuccette in cui si dorme in due, se si dorme, della violenza, dei kapò, delle camere a gas, delle donne e dei bambini mandati a morire appena arrivati dopo quel viaggio terribile su treni da cui era impossibile vedere qualcosa, uno sopra l’altro come bestie.

È un lamento virile, mai rassegnato, sostenuto dalla speranza di potercela fare al quale Malosti dà, con misura encomiabile, voce a tutto questo: diresti che scriva con il suo corpo su cui di tanto in tanto si stampano le parole di questa tragedia per voce sola che si fa portatrice di tante voci. I pensieri, i passi le parole che si fanno, che si dicono per resistere, il ricordo, che lo fa sentire vivo degli studi di chimica, in cui si era laureato a Milano “summa cum laude”, la felicità, l’orgoglio di aver saputo rispondere a una specie di esame della SS, che gli aveva fatto ricordare tutto, malgrado tutto.

Quello di Malosti, sottolineato dalle installazioni visive di Margherita Palli e dalle musiche di Carlo Boccadoro che ripropongono in forma di madrigali delle poesie che Primo Levi scrisse dopo il ritorno dal campo di sterminio, è dunque il racconto della violenza di quella vita da “sommersi”, partiti con una valigia in mano. Nella scena del Franco Parenti che si riempie di suoni, di voci, di apparizioni, di luci, di parole che circondano questo uomo solo, ogni tanto visitato da apparizioni improvvise e dalle parole che si riflettono sul suo corpo, di questo mondo senza orizzonte, apparentemente senza futuro, Malosti si fa maschera e megafono di una tragedia, nel canto roco delle vittime, di una volontà addirittura filosofica perché, in fin dei conti, l’uomo continua ad essere malgrado tutto, malgrado gli orrori, malgrado forse l’impossibilità di sopravvivere a tanto, la misura di tutte le cose.

Visto al Teatro Franco Parenti di Milano. Repliche fino al 20 ottobre 2019

Questo slideshow richiede JavaScript.

Se questo è un uomo
dall’opera di Primo Levi (Giulio Einaudi Editore)
condensazione scenica a cura di Domenico Scarpa e Valter Malosti
uno spettacolo di Valter Malosti
in scena Valter Malosti
e Antonio Bertusi, Camilla Sandri
scene Margherita Palli
luci Cesare Accetta
costumi Gianluca Sbicca
progetto sonoro G.U.P. Alcaro
tre madrigali (dall’opera poetica di Primo Levi) Carlo Boccadoro
video Luca Brinchi, Daniele Spanò

produzione TPE – Teatro Piemonte Europa / Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale / Teatro di Roma – Teatro Nazionale