Parte della “Trilogia degli animali” di Roland Schimmelpfennig, la pièce diretta da Carmelo Rifici getta luce fredda su un oscuro intrico familiare, dove spiccano le interpretazioni di Massimo Popolizio, Anna Bonaiuto, Marco Foschi – Maria Grazia Gregori
Fra i drammaturghi europei under 50 il tedesco quarantasettenne Roland Schimmelpfennig è forse il più noto: i suoi testi si rappresentano in tutto il mondo spesso con grande successo. Le ragioni di questa fortuna hanno forse origine da una conoscenza in presa diretta dei problemi legati alla rappresentazione di un testo scritto per la scena: dunque al rapporto degli attori con la parola, con lo spazio, con gli altri attori. Schimmelpfennig, infatti, oltre che drammaturgo per i più famosi teatri e registi del suo Paese, è uno dei pochi che possa confrontarsi con cognizione di causa con i problemi legati alla messinscena dei suoi testi visionari, avendo studiato alla famosa Accademia per registi di Otto Falkenberg a Monaco di Baviera e avendo, a sua volta, praticato la regia.
Questa scrittura “teatrale” risalta con evidenza per esempio in Visita al padre, in scena al Teatro Studio di Milano, primo tassello, ma scritto per ultimo, della “Trilogia degli animali” dove il teatro è, per certi aspetti, il protagonista occulto: è l’aspirazione di una giovane ragazza, Isabel, e del fratellastro di lei, Peter, lo straniero non tanto straniero il cui arrivo ha spazzato via le apparenti sicurezze di una piccola comunità aggrappata al benessere, al denaro e a un sotterraneo erotismo. Le altre due pièces, Il regno degli animali e Fine e inizio ci mostrano l’impoverirsi di questo sogno, il suo ridursi a nulla rivelando l’impotente complessità della vita.
Siamo dunque in una casa di campagna dove il pater familias, Heinrich, che si è impegnato da lungo tempo nella traduzione del Paradiso perduto di John Milton governa anzi tiene in pugno le donne che l’abitano dalla moglie alle figlie, a una misteriosa Professoressa con figlia, alla bella nipote con cui caccia l’anitra selvatica in una specie di rito propiziatorio all’atto sessuale. Tutto però viene messo in discussione dall’arrivo di un figlio di cui non si conosceva l’esistenza, venuto dall’aldilà dell’oceano chissà come, una specie di angelo sterminatore pasoliniano, che si batte anche idealmente con il padre per affermare un potere sessuale che crea distruzione all’interno dello scompaginato gruppo, segnato da una progressiva incomunicabilità.
Questi personaggi abitano dentro una casa che è una grande scatola trasparente composta da due piani paralleli: il dentro, dove possono aprirsi altri spazi, e il fuori. Fra l’uno e l’altro una specie di terra di nessuno – dove a volte vagolano solitari i personaggi, dove talvolta nevica – segnato da un divisorio fatto di plexiglas e dove scritte alle pareti ci segnalano i luoghi tipo “stanza russa”, “cucina” ecc. In questa casa acquario (di Guido Buganza), bella ma troppo invadente, riacquistata probabilmente dopo la riunificazione delle due Germanie, stanno nascoste le memorie del passato: i romanzi di Tolstoj o di Turgenev, che il padrone di casa dice di odiare (ma non è vero), il cellulare della figlia sul cui display ritorna continuamente un’immagine dei campi di sterminio che invano si cerca di cancellare, l’inquietante interrogativo posto ad Heinrich dalla Professoressa sul perché del suicidio di un loro comune amico. Sono questi gli improvvisi allarmi che accendono un testo che non ha l’eleganza, l’ironia e la tragicità di commedie come Notte araba e il bellissimo Il drago d’oro.
Su questo spazio, su questo materiale, il cui sottotitolo dice “scene e bozzetti”, Carmelo Rifici ha costruito uno spettacolo elegante ma freddo, molto “di testa”, dove spiccano le notevoli interpretazioni di Massimo Popolizio, Anna Bonaiuto, Marco Foschi e la duttile capacità di Mariangela Granelli, Caterina Carpio, Paola Bigatto, Sara Putignano, Alice Torriani nel condividere il disegno del regista.
Visto al Piccolo Teatro Studio Melato di Milano. Repliche fino al 16 febbraio 2014. Foto A. Marasco
Visita al padre
scene e bozzetti
di Roland Schimmelpfennig
traduzione Roberto Menin
regia Carmelo Rifici
scene Guido Buganza
costumi Margherita Baldoni
luci Claudio De Pace
musiche a cura di Daniele D’Angelo
con (in ordine alfabetico) Paola Bigatto, Anna Bonaiuto, Caterina Carpio, Marco Foschi, Mariangela Granelli, Massimo Popolizio, Sara Putignano, Alice Torriani
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa