Il longevo festival italiano saluta il vecchio e glorioso Teatro Comunale di Firenze con un programma che ancora paga pegno ai tempi difficili ma brilla di alcune perle, come “ L’amour des trois oranges” di Prokof’ev
Per quanto riguarda l’opera, il Maggio Musicale Fiorentino ha concluso il suo programma, che quest’anno assumeva un significato particolare, di riscatto dai periodi bui degli ultimi tempi e di rilancio dell’immagine, in vista soprattutto del definitivo trasferimento nel nuovo teatro. Un’operazione non facile, visto che il più importante festival italiano ha un passato glorioso quanto impegnativo da rispettare e che il pubblico fiorentino non è dei più transigenti, soprattutto dopo un periodo in cui le sue presenze a teatro si sono sensibilmente diradate.
È da constatare come questa 77.ma edizione del Maggio abbia rispettato la propria fama e sia riuscita a proporre, insieme a concerti, danza ed eventi di vario genere, quattro titoli d’opera degni di un festival e di sicuro livello.
Tristan und Isolde viveva soprattutto sulla direzione di Zubin Mehta, storica presenza del teatro fiorentino e qui interprete più sofferto e decadente rispetto al passato del capolavoro wagneriano, trasportato in un’atmosfera sospesa e misteriosa anche dalla regia di Stefano Poda, dalle linee minimaliste e dai simbolismi arcani, talvolta affascinanti. Nella compagnia di canto si è imposto in particolare il Tristan di Torsten Kerl, Heldentenor di luminosa e vibrante evidenza vocale.
In forma di concerto è stato poi presentato all’Opera di Firenze (nome del nuovo teatro) Roberto Devereux di Donizetti, uno dei titoli di riferimento della belcanto-renaissance di cinquant’anni fa, mai rappresentato al Maggio e che si giustificava come completamento della Trilogia Tudor affrontata da Mariella Devia in questi ultimi anni per il teatro toscano. Parte terribile quella di Elisabetta I, in cui una virtuosa quale la Devia ha potuto sfoggiare alcune delle sue celebri qualità, quanto a tecnica vocale, purezza stilistica, sensibilità espressiva, ma ha anche dovuto fare i conti con una tessitura troppo centrale e grave per la sua vocalità acuta e fin troppo drammatica per le sue corde di interprete prevalentemente elegiaca. Si sono distinti al suo fianco un tenore in splendida ascesa come Celso Albelo, svettante e di bella espansione lirica nel ruolo del Conte di Essex, e un pregevolissimo mezzosoprano come Chiara Amarù, nei panni di Sara di Nottingham. Il tutto sotto la direzione misurata di Paolo Arrivabeni.
Complessivamente valido anche l’Orfeo ed Euridice di Gluck, diretto da Federico Maria Sardelli con attenzione filologica e utilizzo di alcuni strumenti originali e ben cantato, a cominciare da Anna Bonitatibus, che forse non avrà messo in luce il registro grave prescritto dalla parte ma che è stata un Orfeo intenso e di suggestiva vocalità. Lo spettacolo di Denis Krief ha giocato soprattutto sull’effetto di una scenografia prospettica dall’illusoria profondità e sulla dimensione esistenziale del protagonista, trasportandolo dal mito all’attualità dei nostri giorni.
L’autentico successo di stagione è stato però L’amour des trois oranges di Prokof’ev, presentato in un’edizione perfettamente centrata tanto nella componente musicale quanto in quella scenica. Andata in scena nel 1921 a Chicago, in seguito al trasferimento in America del compositore russo, l’opera ispirata alla favola di Carlo Gozzi è un concentrato di pezzi musicali vivacissimi, legati insieme da una narrazione surreale e parodistica. Va quindi trattata con leggerezza e fantasia ma anche con incisività e varietà drammaturgica per esaltare tutta la forza evocatrice della musica di Prokof’ev.
A Firenze il giovane direttore Juraj Valcŭha ha saputo entrare nello spirito della partitura e renderne tutta la caleidoscopica brillantezza coloristica, ottenendo dall’orchestra eccellenti risultati e dalla compagnia di canto un’ideale rispondenza ai rispettivi ruoli, in bilico tra il fiabesco e il caricaturale. D’altro lato un regista più che promettente, Alessandro Talevi, è riuscito a confezionare uno spettacolo brillantissimo, caratterizzando i diversi personaggi con grande freschezza e attingendo ispirazione un po’ dalla storia (nel caso del Re, visto come un decrepito Francesco Giuseppe in carrozzina), un po’ dall’avanspettacolo (vedi Fata Morgana in gonnellino di banane come Joséphine Baker), un po’ dal cinema degli anni Venti (come la schiava Sméraldine in chiave di negretta tribale). Tutto questo però senza indulgere in citazioni fini a se stesse ma inserendole in una narrazione logica e intelligente, che non perdeva mai di vista la tenuta dello spettacolo. Uno spettacolo che, pur nell’economia dei mezzi, ha brillato per idee e per il gusto della messinscena, in cui spiccavano le scene di Justin Arienti, che sembravano ritagliate da un libro di favole, e i divertenti costumi di Manuel Pedretti.
Grande successo di pubblico, che ha trascolorato in un clima di festa la velata malinconia per l’addio al glorioso vecchio Teatro Comunale, che con questo spettacolo se n’è andato definitivamente in pensione.
D. A.
Visto al 77° Maggio Musicale Fiorentino. Fino al 30 luglio 2014
77^ Maggio Musicale Fiorentino
Tristan und Isolde
di Richard Wagner
nuovo allestimento
direttore: Zubin Mehta
regia, scene, costumi, luci, coreografia: Stefano Poda
interpreti principali: Torsten Kerl, Lioba Braun
Roberto Devereux
di Gaetano Donizetti
in forma di concerto
direttore: Paolo Arrivabeni
interpreti principali: Mariella Devia, Celso Albelo, Chiara Amarù, Paolo Gavanelli
L’amour des trois oranges
di Sergej Prokof’ev
nuovo allestimento
direttore: Juraj Valcŭha
regia: Alessandro Talevi
scene: Justin Arienti
costumi: Manuel Pedretti
interpreti principali: Jonathan Boyd, Julia Gertseva, Anna Shafajinskaia, Loïx Félix, Larissa Schmidt
Orfeo ed Euridice
di Christoph Willibald Gluck
nuovo allestimento
direttore: Federico Maria Sardelli
regia, scene, costumi, luci: Denis Krief
interpreti: Anna Bonitatibus, Hélène Guilmette, Silvia Frigato
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino